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Nigeria, la grande scia del terrore

Guadi Calvo * | alainet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/02/2020

Tutte le tattiche utilizzate per combattere i vari gruppi terroristici che operano in Nigeria sono fallite come nel caso del famoso Boko Haram che, secondo alcune stime, dal 2003 ha ucciso tra le 30 e le 50 mila persone e causato il trasferimento di oltre tre milioni di abitanti dai villaggi nel nord del paese, epicentro delle sue azioni. Mille volte lo si è dichiarato sull'orlo del collasso, ma risorge, si rinnova e colpisce ancora in modo letale, come sempre.

Il gruppo Ansaru o Jama'at Ansar al-Muslimin fi Bilad al-Sudan (Avanguardia per la protezione dei musulmani nelle terre nere) si è separato da Boko Haram nel 2012, annunciando che avrebbe "incoraggiato il bene incaricandosi della sua diffusione e scoraggiato il male e cercato di eliminarlo".

Inoltre c'è l'unico gruppo nigeriano a non aver dichiarato fedeltà a Daesh,  anche conosciuto come Al-Qaeda nelle terre al di là del Sahel, che si è specializzato in rapimenti estorsivi, in particolare di cittadini stranieri e aggressioni violente negli stati di Kebbi, Katsina e Bauchi nel centro del paese.

E infine, vi è anche l'affiliato del Daesh globale, Willat (provincia) del Daesh (Stato Islamico) in Africa Occidentale o il suo acronimo in inglese ISWAP, che nel dicembre scorso ha decapitato undici prigionieri cristiani come rappresaglia per l'eliminazione del leader di Daesh, Abu Bakr al-Baghdadi "giustiziato" da commandos americani.

Le forze di sicurezza nigeriane non si stancano di annunciare operazioni di successo contro questi movimenti fondamentalisti, ma non sembrano essere mai in grado di porre fine a questa guerra.

L'ultimo dei grandi colpi inferti, in questo caso dalla polizia, è stato registrato il 5 febbraio, nella zona boschiva di Kuduru, che da anni è un vero e proprio santuario per le organizzazioni takfiriste che operano nello stato settentrionale di Kaduna. Durante l'operazione, iniziata mercoledì mattina e durata diverse ore, sono stati eliminati circa 250 "membri di alto profilo" del gruppo Ansar.

A questo scopo la polizia ha mobilitato la maggior parte delle sue unità: la Forza mobile di polizia (PMF), l'Unità di lotta contro il terrorismo (CTU), le Forze speciali, la Squadra di risposta di intelligence (IRT), la Squadra tattica speciale (STS) e la Squadra speciale antirapina (SARS), di cui nessuno dei membri è stato ucciso, anche se un elicotterista ha subito un lieve infortunio, in circostanze che non sono state chiarite.

Secondo il portavoce della polizia Frank Mba, l'operazione era top secret, al punto che nemmeno i comandanti dell'esercito delle operazioni nella regione erano informati. Mba ha annunciato che la polizia sta preparando altre azioni simili in tutto il paese, ovviamente senza fornire ulteriori informazioni. Ciò che non è stato comunicato è anche con quale grado di certezza la polizia ha agito per garantire che tutti i morti fossero militanti, senza causare la morte di alcun civile, dal momento che non sono state rivelate le identità dei morti e le loro posizioni di "alto comando".

Ansaru nel 2016 ha ricevuto un duro colpo a seguito dell'arresto del suo leader Khalid Al-Barnawi, sostituito da Usama Al-Ansari, che, come il suo predecessore, si trova di fronte l'eccentrico Abubakr Shekau, leader di Boko Haram dal 2009, dopo la morte del fondatore Ustaz Mohammed Yusuf.

La causa della discordia e della rottura del gruppo è stata determinata principalmente dall'assassinio a colpo sicuro di musulmani, nei ricorrenti attacchi alle moschee, ai mercati, ai centri di incontro di quella comunità. Il gruppo di Al-Ansari, che non aveva rivendicato azioni dal 2013, aveva annunciato ad ottobre, il suo ritorno alla lotta, solo per riapparire effettivamente lo scorso gennaio, quando ha attaccato una carovana militare dell'emir (autorità governativa: in questo caso sindaco) di Potiskum, una località dello stato di Yobe, dove sono morti almeno sei soldati, sulla strada Kaduna-Zaira. Altre fonti affermano che vittime dell'esercito sarebbero trenta. Mentre un numero sconosciuto di militari sono stati denunciati scomparsi o rapiti.

In una dichiarazione, Ansaru ha riconosciuto la responsabilità per l'attacco, dichiarando 22 morti e diversi veicoli militari distrutti, senza fare riferimento a nessun effettivo dell'esercito o a civili sequestrati, né specificando che l'obiettivo dell'attacco fosse l'emir Umara Bauya. È abbastanza plausibile che la vera ragione dell'agguato fosse comunicare "ufficialmente" che, dopo un lungo interregno (dopo la competizione brutale con Boko Haram, e più tardi con ISWAP e la detenzione di Al-Barnawi, che per l'intelligence nigeriana è l'articolatore di tutti i gruppi affiliati ad al-Qaeda in Africa Occidentale) in cui l'organizzazione ha subito una forte indebolimento, sarebbe ora in ripresa, cercando con tali azioni di attirare l'attenzione delle nuove reclute che vogliono impegnarsi nella" guerra santa". Secondo fonti non confermate, Al-Barnawi si sarebbe stabilito con la sua "corte" nel nord del Camerun, dove conduce un gruppo legato ad Ansaru, luogo dove sono arrivate anche le milizie di Boko Haram.

Come l'Harmattan, il terrore torna a soffiare

Le azioni di Boko Haram, da anni, hanno cominciato a ripetersi nei paesi di confine e anche oltre. E' noto che i plotoni dell'organizzazione sono venuti a combattere nell'area contesa tripartita di Mali, Niger e Ciad.

Recentemente sono tornati a concentrare i loro sforzi nel nord del Camerun, dove si sono installati dal 2013, soprattutto nella regione di Tourou, causando quasi 3 mila morti e lo spostamento di circa 530 mila persone, secondo l'OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari ).

Boko Haram sta utilizzando gli effetti dell'Harmattan, il vento freddo, secco e polveroso che soffia nella regione sub-sahariana, puntualmente ogni anno tra novembre e marzo, che genera nelle zone montuose come Tourou notorie basse temperature, il che rende molto difficile per i residenti trascorrere le notti lontano da casa, in cerca di boschi per nascondersi dagli attacchi terroristici. Ecco perché si stanno ripetendo attacchi come quelli della notte tra 21 e 22 gennaio 2020, contro il villaggio di Machichia, anch'esso attaccato nel gennaio del 2018 da Boko Haram, quando nel cuore della notte poche centinaia di mujaheddin sono arrivati al villaggio in moto e su veicoli fuoristrada, costringendo gli abitanti a fuggire lasciando tutto: case, bestiame, colture e il raccolto appena prodotto. Gli insorti quindi appiccarono il fuoco a tutto, compresi i campi, in cui morirono sei persone anziane che non avevano avuto la possibilità di fuggire, oltre a sacrificare il bestiame e rubare il raccolto..

Questo attacco del 2018 fermò tutte le attività nella regione, rendendo la situazione estremamente problematica, costringendo il governo a organizzare il dispiegamento del gruppo di elite dell'esercito camerunese Brigate di intervento rapido (BIR) e costringendo i fondamentalisti a limitare le loro azioni. Mentre la maggior parte si ritirò in Nigeria, alcuni gruppi isolati nelle montagne della zona di frontiera si dedicarono ad assalti nelle strade e di alcuni villaggi isolati per sopravvivere.

Senza conoscerne i motivi, le forze del BIR hanno cominciato a diminuire le loro operazioni di contro-insurrezione, giungendo praticamente all'assoluta inattività, abbandonando al loro destino i villaggi della zona e i gruppi di volontari civili inquadrati nei "comitati di vigilanza" che, in zone di montagna e armati di soli archi, bastoni, walkie-talkie e fischietti, avvisano i villaggi della presenza dei terroristi, dando agli abitanti del villaggio la possibilità di fuggire e salvare la vita, anche se il ritorno a casa sarà sempre lo stesso "spettacolo": case e raccolti distrutti e bestiame rubato o sacrificato.

All'inizio del 2019, Boko Haram è tornato con intensità nel Camerun settentrionale producendo tre attacchi in meno di un mese e mantenendo le operazioni per tutto l'anno, ma solo un anno dopo la situazione è giunta al punto più critico, con massicci attacchi ai villaggi della zona, costringendo migliaia di persone a fuggire senza sapere dove, visto che l'intera regione è insicura.

Nel nuovo attacco a Machichia dello scorso gennaio tutte le postazioni militari sono state saccheggiate, da queste i terroristi hanno preso armi pesanti a lungo raggio, munizioni, attrezzature per la comunicazione e veicoli. Tra il 17 e il 18 gennaio, è stata assaltata anche Hidoua, dove i terroristi hanno attaccato tre postazioni militari e bruciato quattordici capanne prima di ritirarsi.

Al momento i villaggi della zona, come Hidoua, Machichia e Hitawa sono sotto il controllo di Boko Haram, con la possibilità che, se entro una settimana non saranno ripresi dai militari, il potere del gruppo possa estendersi a tutta la regione di Tourou, il che potrebbe portare all'arrivo di importanti contingenti di mujaheddin per diventare forte e stabilire ancora una volta, come fatto in Siria, Iraq e Libia, l'agognata capitale del Califfato.

*) Guadi Calvo è uno scrittore e giornalista argentino. Analista internazionale specializzato in Africa, Medio Oriente e Asia centrale.


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