“La rivoluzione sarà vittoriosa”, ha gridato Marwan Barghouti all’uscita del
tribunale di Tel – Aviv che l’ha incolpato questo mercoledì 14 d’omicidi e di
“partecipazione ad organizzazione terrorista”. Barghouti è il principale
dirigente della resistenza palestinese attualmente imprigionato e torturato da
Israele.
David Pestieau 14/08/2002
Capo di Al Fatah (l’organismo politico di Yasser Arafat) in Cisgiordania,
Barghouti è accusato di dirigere le brigate dei martiri di Al - Aqsa, gruppo
armato della resistenza palestinese, e messo sulla “lista nera” delle
organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. La sua
detenzione è stata prolungata fino alla fine del processo. Rischia l’ergastolo.
Barghouti, mal rasato, con l’uniforme scura dei prigionieri, ha alzato
trionfalmente le sue mani in aria spiegando che Israele non avrà la sicurezza
fino al ritiro dai territori palestinesi: “Solo la pace e la fine
dell’occupazione porteranno la sicurezza dei due popoli”, ha gridato al suo
arrivo in tribunale verso i molti giornalisti locali e stranieri; “Il popolo
d’Israele paga un prezzo molto alto per la politica del suo governo”.
Gli avvocati di Barghouti hanno annunciato che egli vuole fare di questo
processo quello dell’occupazione israeliana: “Vogliamo provare a convincere il
mondo che ciò che deve essere messo sotto processo è l’occupazione”, ha
spiegato l’avvocato Jawad Boulos. Ha precisato che il suo cliente non chiamerà testimoni.
Barghouti, infatti, non riconosce la giurisdizione dei tribunali israeliani.
Ma il giudice Tzvi Gurfinkel ha premesso che non permetterà alla difesa “che il
processo si trasformi in un meeting politico”. Egli ha annunciato l’inizio
delle udienze il 5 settembre. Un momento importante per la lotta a favore della
liberazione di migliaia di palestinesi imprigionati e torturati nel deserto del
Néguev.