Rinforzare il fronte della resistenza!
tratto da: Parti du
travail de Belgique - www.ptbe.be
solidaire.org - www.solidaire.org
http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A1AAAGBBBL&obid=19640
traduzione a cura del Ccdp
Salah Mohammed Salah, membro del Consiglio Nazionale Palestinese:
"Rinforzare il fronte della resistenza!"
"Si sbagliano se pensano che
gli iracheni ed i palestinesi accetteranno questo ricolonizzazione in corso. La
resistenza si svilupperà a Baghdad ed altrove in Iraq... E questo famoso
"piano di pace" di Bush e Sharon per la Palestina, che vogliono
imporre! Ciò non riuscirà mai!" Abbiamo incontrato Salah Mohammed Salah
durante la festa del 1 Maggio del PTB alla quale questa personalità palestinese
ha partecipato per il secondo anno consecutivo. "Che cosa dobbiamo fare?
L'esperienza palestinese ci insegna che la formula - chiave è: rinforzare il
fronte al servizio della resistenza."
Paul Di Vostri 14-05-2003
D. Che cosa è cambiato nella
regione dalla guerra d'aggressione contro l'Iraq?
Salah Mohammed Salah
La nostra regione è stata presa duramente di mira dal terrorismo degli Stati
Uniti e d'Israele. Da più di mezzo - secolo, la Palestina subisce
un'occupazione criminale, e da questa nuova aggressione americana contro
l'Iraq, le cose sono peggiorate.
Perché l'imperialismo USA è così aggressivo verso la nostra regione? Gli
americani cercano di imporre il loro dominio nel mondo dovunque. Fin da 1992,
l'allora vice - ministro della Difesa, Paul Wolfowitz, ha sviluppato il
concetto di guerra preventiva per assicurare che gli USA riescano ad ottenere
il controllo dalle regioni strategiche. Per assicurare il loro dominio ed
indebolire i loro concorrenti: Unione Europea, Cina, Giappone... È la strategia
che è applicata oggi. Nella nostra regione, questo implica il rafforzamento
delle capacità economiche e militari dello stato israeliano come potere
regionale alleato degli Stati Uniti.
Non mirano all'Iraq, ma all'insieme del mondo arabo. E la questione palestinese
gioca un ruolo centrale. Durante il loro attacco contro l'Iraq, hanno evoluto
la loro strategia verso la Palestina. Adesso provano ad approfittare della
nuova situazione, per imporre la loro "soluzione" ai palestinesi.
D. La nuova strategia di pacificazione della Palestina ha ricevuto
il nome di road
map (foglio di via). Quale è il suo contenuto?
Salah
Mohammed Salah.
La messa in opera di questo piano è stata programmata in tre fasi di un
anno ciascuna. Una prima fase riguarda l'arresto di ogni forma di resistenza;
essi parlano di "violenza" del lato palestinese.
Ciò significa che il governo che Arafat ha appena formato, dovrà disarmare le
organizzazioni palestinesi che conducono la resistenza e distruggere le
infrastrutture di queste organizzazioni. Scopo: non lasciare in Palestina che
le "armi legali", quelle delle autorità palestinesi.
Il piano esige anche che cessi ogni incitamento politico a resistere contro
l'Israele.
Dal loro lato, gli israeliani devono, durante questo primo anno, tornare alle
loro linee del 28 settembre 2000. Devono lasciare dunque solamente le città
occupate dall'inizio della seconda Intifada. In più, se c'è un attacco contro
le forze israeliane, il piano dà ad Israele il diritto di occupare di nuovo le
città palestinesi! Quanto alla possibilità che il governo palestinese possa
controllare la resistenza, è pari a zero, perciò i palestinesi saranno di nuovo
accusati della responsabilità dell'insuccesso del piano di pace. Ma come
potremmo accettare che ciò accada?
Come potremmo accettare la colonizzazione che le Nazioni Unite hanno condannato
tante volte?
Dopo un anno, se la "violenza" ha cessato, la seconda fase potrebbe
cominciare. Implica due cose. Primo: Israele deve smantellare certe colonie che
non sono ancora precisate, per dare l'impressione di un ritiro parziale dei
nostri territori. Secondo: una conferenza internazionale deve proclamare uno
Stato Palestinese provvisorio sul territorio dove l'autorità palestinese
attualmente ha delle competenze. Questo significa le nostre città, pressappoco
il 12% del territorio della Palestina.
La terza fase prevede di mettere le due parti intorno ad un tavolo di negoziato
per discutere dei punti non risoluti: la demarcazione delle frontiere, le
richieste di Gerusalemme, le richieste dei profughi, il problema dell'acqua,
ecc. Tutti quei problemi fondamentali per cui una soluzione giusta è sempre
stata rigettata dagli israeliani e dagli americani.
D. Quale è stata la reazione israeliana verso
questo piano?
Salah
Mohammed Salah.
Il Primo ministro Sharon continua ad opporsi, dicendo che vuole cambiare
quindici punti essenziali, che cerca di negoziare con gli Stati Uniti. In primo
luogo, Israele non vuole discutere di un possibile ritorno dei profughi
palestinesi. Vuole che questo punto sia inserito nel piano fin dalla partenza.
Inoltre, per Sharon, l'idea di uno Stato indipendente e sovrano è esclusa
totalmente. Egli non domanda per Israele di ritornare alle frontiere dal 1967.
Sharon vuole svuotare inoltre i negoziati d’ogni riferimento alla legalità
internazionale, questo significa l'insieme delle risoluzioni delle Nazioni
Unite. La durata di tre anni sembra anche a loro inaccettabile. In breve,
Israele vuole ancora più degli USA, vuole approfittare con la forza delle nuove
relazioni nella regione per imporre un progetto israeliano sotto l’egida
internazionale.
D. E’ possibile che questo piano sia
realizzato un giorno?
Salah
Mohammed Salah.
Questo piano, pur senza le modifiche israeliane, non potrebbe essere
venduto mai né all'opinione, né alle organizzazioni palestinesi, ivi compreso
il Fatah di Yasser Arafat. Come potrebbe il popolo accettare l'arresto della
resistenza armata?
L'autorità palestinese ha detto sì, perché probabilmente le pressioni
internazionali non gli lasciano altra scelta. Ma Arafat non è del tutto favorevole
al piano. E’ soltanto dopo le pressioni internazionali che ha accettato il
nuovo governo diretto da Abou Mazen. Questo governo era una condizione
essenziale degli americani per lanciare il piano.
È Mohammed Dahlan, segretario di stato alla Sicurezza in questo governo che
deve fare applicare la prima fase. Ma il popolo palestinese non ne vuole
sapere, ed egli non ha i mezzi per imporlo. Ciò che resta delle forze di
sicurezza palestinese è completamente disorganizzato. Il piano dipende da
questa fase, è impossibile che questo piano si applichi.
D. Che cosa potete dirci su Abou Mazen?
Salah
Mohammed Salah.
È uno dei fondatori e membro della direzione del Fatah. Sul piano
politico, è l'architetto - molto quotato - palestinese degli accordi di pace di
Oslo (1993). Da molto, insiste sulla ricerca di un compromesso politico che
svuoterebbe il movimento nazionale palestinese delle sue rivendicazioni
essenziali.
Secondo lui, gli USA rimettono in causa la loro alleanza strategica con
l'Israele, e vogliono stabilizzare realmente la regione risolvendo il problema
palestinese. Pensa che in Israele, il partito laburista rappresenta il
"campo della pace", che ricerca semplicemente di essere accettato dai
paesi vicini. Secondo lui, siamo entrati in un processo di soluzione politica.
Ed egli sostiene che occorre fermare la resistenza armata perché rompe questo
processo.
Abou Mazen nega il bisogno di lottare in modo conseguente contro la
colonizzazione israeliana. Non vuole comprendere che l’attuazione di questo piano
per gli americani è la continuazione della loro strategia di colonizzazione,
dopo l'Iraq.
Gli USA sono odiati talmente nella regione che la loro strategia è
completamente irrealistica. Non riusciranno a stabilizzare ed a
"sécuriser" l'Iraq, la Palestina ed il resto della regione. La
resistenza irachena è già in pieno sviluppo. Ed in Palestina anche, la lotta
continua.
D. Perché Arafat ha accettato Abou Mazen come
Primo ministro, se non è d'accordo con la sua politica?
Salah
Mohammed Salah.Arafat
ha subito delle enormi pressioni da parte degli USA e dell'Europa per accettare
questa proposta. Oltre a ciò, ha messo Abou Mazen in prima linea, sapendo che
va a fallire. Essendosi opposto chiaramente a questa politica, Arafat si vedrà
rinforzato come principale figura palestinese.
D. Quale è la posizione di Arafat?
Salah
Mohammed Salah.Arafat
non è ostile ad un compromesso con gli americani. Vuole negoziare, ma in questi ultimi anni, ha
compreso che un tale compromesso non potrebbe condurre mai ad una situazione
soddisfacente per il popolo palestinese. Dunque prova ad essere tattico, di non
dire "no", pur frenando più possibile. Vuole gelare la situazione.
Per gli islamici, non c'è nessuna concessione possibile. Israele deve sparire
in quanto stato sionistico. Secondo me, non tengono affatto conto della
situazione sul campo. Vogliono tutto e subito.
Il FPLP, FDLP ed altre organizzazioni vedono che bisogna lavorare verso una
soluzione intermedia, mantenendo l'esigenza strategica di uno Stato laico dove
ebraici, musulmani e cristiani possano vivere insieme. In questa ottica, l'idea
di uno Stato corrispondente ai territori occupati (frontiere del 1967), accanto
all'Israele, è accettabile come situazione intermedia. Per queste
organizzazioni, il diritto di ritorno dei profughi e Gerusalemme come capitale
è indiscutibile.
Considerano che i palestinesi hanno il diritto di avere il loro Stato, ma che
non arriveranno mai ai negoziati. Resta solamente un'opzione: continuare la
lotta, rinforzare la resistenza.
D. Quale impatto hanno sulla lotta
palestinese a mezzo e lungo termine queste evoluzioni recenti?
Salah
Mohammed Salah.In
Iraq, gli americani si renderanno abbastanza rapidamente conto che gli
avvenimenti sul campo saranno in completa contraddizione con ciò che vogliono.
Incontreranno una resistenza crescente e non potranno mantenere il controllo
totale del paese. Questo rinforzerà anche la resistenza in Palestina ed in
tutta la regione.
Dell'altro, c'è il pericolo che l'opinione pubblica sia sterzata sull'Iraq e
che Israele ne approfitti per aumentare la repressione, per rompere la
resistenza palestinese. È essenziale legare le resistenze irachene e
palestinesi.
L'esperienza ci ha insegnato due parole chiavi: bisogna rinforzare il fronte al
servizio della resistenza. Parlo di tre livelli: il fronte di liberazione
nazionale, con cui organizziamo la resistenza con tutti quelli che vogliono
resistere, ivi compreso gli islamici. Perché dobbiamo rinforzare un'unità più
larga possibile. Il nostro ruolo ed i nostri paesi nel fronte dipendono dal
nostro ruolo nell'azione.
Secondariamente, dobbiamo sviluppare il fronte regionale arabo con tutti i
nazionalisti, gli islamici ed i marxisti della regione.
Terzo, c'è il livello internazionale: un rafforzamento del fronte
anti-imperialistico nel fronte anti–guerra. Il nostro ruolo dipenderà a tutti i
livelli dalla nostra capacità di dirigere, di essere attivi nella lotta con le
proposte e le azioni.