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Il fedayin col fucile ed il ramoscello d’olivo
Granma Intenacional -10/11/2004
È morto Yasser
Arafat
Il presidente dell'Autorità Nazionale
Palestinese (ANP) Yasser Arafat è morto alle ore 3.30 circa di giovedì 11
novembre nell'ospedale militare Percy, nella regione parigina di Clamart, in
Francia, dove era ricoverato in condizioni critiche dal 29 ottobre scorso.
La morte del leader palestinese è stata confermata quasi contemporaneamente a
Parigi ed a Ramallah, in Cisgiordania, sede de La Mukata, il quartier generale
dove Arafat ha passato gli ultimi tre anni guidando la resistenza del suo
popolo contro le continue vessazioni delle forze militari dello Stato sionista
di Israele.
Le agenzie internazionali di stampa hanno immediatamente diffuso la notizia del
decesso del Presidente dell'ANP. Dalla capitale francese, la AFP ha reso nota
la dichiarazione del generale medico Christian Estrepeau, incaricato delle
comunicazioni nel servizio sanitario dell'esercito francese a Clamart, che ha
confermato la morte del leader palestinese alle 2.30 ora di Greenwich, le 3.30
locali.
Xinhua e l'AFP hanno reso noto che la stessa notizia è stata data a Ramallah da
Tayeb Abdel Rahim, capo della presidenza dell'ANP, davanti alle telecamere
dell'emittente ufficiale Televisione Palestinese.
"Il figlio e leader di Al-Fatah,
Presidente dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e suo
unificatore, il Presidente dell'Autorità Palestinese e suo costruttore, è morto
oggi", ha detto Abdel Rahim.
Personalità come il segretario generale dell'ONU Kofi Annan ed il presidente
francese Jacques Chirac sono stati tra i primi a porgere pubblicamente le loro
condoglianze per la morte di Yasser Arafat i cui funerali ufficiali, secondo
quanto trapelato, si svolgeranno venerdì 12 a Il Cairo, in Egitto, da dove la
salma di Arafat sarà trasferita a Ramallah per essere sepolta secondo le
tradizioni del suo popolo.
Il fedayin col fucile ed il
ramoscello d’olivo
Juan Dufflar Amel (speciale del 10
novembre per Granma Internacional)
L’infausta notizia del grave deterioramento della salute dell’amato leader
palestinese, il combattivo presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)
Yasser Arafat, ha gettato nello sconforto il suo popolo ed ha commosso la
comunità internazionale. Arafat è considerato uno dei più fermi, prestigiosi e
determinati combattenti per la causa araba ed un simbolo della resistenza
contro l’oppressivo regime dello stato sionista di Israele.
La sua eroica resistenza e la sua abnegazione sono sempre state legate alla
lotta per la liberazione della sua patria dall’invasore israeliano, alla difesa
degli inalienabili diritti del suo popolo ed alla costituzione di uno stato
palestinese sovrano ed indipendente.
Lo storico ed indiscusso dirigente politico Muhammad “Abd ar-Raouf” Arafat
Al-Qudwa al Husseine, nasce il 4 agosto 1929 nella città santa di Gerusalemme,
in seno ad una benestante famiglia palestinese. Adotterà molto presto i nomi di
battaglia di Yasser Arafat e Abou Ammar, con i quali è universalmente
conosciuto.
Arafat vive la sua infanzia a Il Cairo, Gerusalemme e Gaza, dove viene educato
ai precetti coranici ed entra a far parte dei movimenti nazionalisti arabi e
della resistenza palestinese contro la colonizzazione ebraica e contro gli
attacchi delle organizzazioni terroristiche sioniste.
Partecipa alla prima guerra arabo-israeliana (1948-1949) nelle file
dell’esercito egiziano.
Nel 1952, anno della rivoluzione nasseriana che depone la monarchia
filo-imperialista di Faruk in Egitto, Arafat entra a far parte della
Federazione degli Studenti Palestinesi (PSF) dell’Università de Il Cairo,
arrivando ad esserne presidente fino alla sua espulsione, avvenuta nel 1953,
dopo la quale fonda una sua organizzazione, l’Unione Generale degli Studenti
Palestinesi (GUPS).
Un anno dopo essersi laureato ingegnere civile in Egitto nel 1957 crea in
Giordania (dove svolge la sua professione), assieme ai suoi collaboratori Jalil
al Wazir e Salah Jalaf, il movimento Al-Fatah – la Vittoria o la Conquista – il
cui obiettivo principale è la liberazione della Palestina.
Impegnato a tempo pieno nel lavoro di Al-Fatah guida, il 1° gennaio 1965,
un’azione armata dei guerriglieri palestinesi, considerata l’inizio della lotta
armata dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), fondata
l’anno precedente.
Nel 1967 Arafat dirige i commandos di Al-Fatah sul fronte siriano, un anno dopo
partecipa alla battaglia di Karameh contro l’invasore ed aggressore israeliano
e, nel 1968, viene nominato portavoce dell’organizzazione.
Nel 1969 viene eletto presidente del Comitato Esecutivo dell’OLP.
Nell’agosto 1970 prende parte alla battaglia di Amman e nel 1971 viene
designato capo supremo delle forze armate della Resistenza.
Durante la quarta guerra arabo-israeliana del 1973 dirige più di ventimila
combattenti palestinesi sul fronte di guerra.
Durante l’aggressione e l'invasione del Libano, denominata operazione “Pace in
Galilea”, scatenata da Israele con l’obiettivo di liquidare le forze
patriottiche combattenti dell’OLP ed il suo leader, di stanza in questo paese
dalla fine del 1970, Arafat conduce, alla testa degli eroici fedayin, una delle
più gloriose battaglie contro l’esercito sionista.
Quella straordinaria impresa gli vale l’ammirazione mondiale, nonostante che, a
causa dell’assedio di un nemico tecnologicamente e numericamente superiore, i
combattenti palestinesi si vedano obbligati a ripiegare su Tunisi.
In una lettera di allora del presidente Fidel Castro ad Arafat, il Primo
Segretario del Partito Comunista di Cuba scrive: “...Il mondo intero ha guardato con meraviglia ed ammirazione
all’esempio di coraggio dato dal popolo palestinese in difesa dei suoi diritti
inalienabili, sotto la sicura guida dell’OLP, suo unico e legittimo
rappresentante ed all’inestimabile incoraggiamento dato dalla sua presenza
nella prima linea di combattimento...”.
La consacrazione di Arafat alla giusta causa del suo popolo è caratterizzata da
più di mezzo secolo di fondamentali lotte, dai suoi primi giorni come soldato
inquadrato nell’esercito egiziano fino al suo attuale incarico di Presidente
dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Abu Ammar non è stato solo un uomo d’azione ma anche un uomo di pace, che ha
sostenuto tutte le iniziative indirizzate a dare una soluzione pacifica al
cruento conflitto israelo-palestinese, senza le quali non sarà possibile
conseguire una pace giusta, onorevole, globale e definitiva in Medio Oriente.
Le Conferenze di Madrid, gli Accordi di Oslo, di Camp David, di Wye Plantation,
Sharm el Sheik e la Road Map, per citare i principali, hanno sempre potuto
contare sulla sua approvazione ed il suo sostegno, atteggiamento questo che gli
ha fatto guadagnare, il 14 ottobre 1994, il Premio Nobel per la Pace.
Rimarrà nella memoria il suo storico intervento di fronte all’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite del 13 novembre 1974, nel quale afferma: “...Vengo con il fucile del combattente
della libertà in una mano ed il ramoscello d’olivo nell’altra. Non permettete
che il ramoscello d’olivo cada dalla mia mano...”.
Leader legittimo del suo popolo e della sua causa, viene rieletto
democraticamente presidente dell’ANP nelle prime elezioni palestinesi tenutesi
nel gennaio 1996.
La premeditata provocazione compiuta da Ariel Sharon, il carnefice di Sabra e
Chatila, nella Moschea di Al Aqsa a Gerusalemme il 28 settembre 2000, come
parte del progetto sionista-nordamericano nella regione, liquida ogni
possibilità di pace e provoca una nuova Intifada palestinese.
La liquidazione fisica di Yasser Arafat torna da quel momento ad essere un
obiettivo prioritario dei piani sionisti; mentre il governo degli USA inizia in
maniera sistematica a cospirare per eliminarlo dallo scenario politico arabo,
accusandolo falsamente di proteggere i terroristi.
Il genocidio commesso da Israele contro la popolazione civile dei territori
occupati di Cisgiordania e Gaza, nonchè l’assassinio selettivo dei dirigenti
palestinesi, confinano Arafat nel suo quartier generale della Mukata, nella città
di Ramallah. Circondato dalle truppe dell’esercito sionista e sprovvisto di
un’adeguata assistenza medica, il suo stato di salute si è progressivamente
aggravato, fino ad arrivare all’attuale situazione che lo vede tra la vita e la
morte.
Il Presidente palestinese è un amico sincero della Rivoluzione cubana, del suo
popolo e dei suoi dirigenti. Ha visitato tre volte Cuba ed il nostro paese
prova per lui una grande ammirazione e rispetto, ricordandolo sempre come
l’agguerrito combattente che, indossando la sua divisa color kaki ed esibendo
la sua tradizionale kefiah, mostra sul viso il sorriso per la sicura vittoria
della sua causa.