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“Arafat incarnava la lotta dei palestinesi”
Ahmed Zyad
(Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) - 20/11/2004
Intervista di Luc Vancauwenberge con
un rappresentante del FPLP sulla morte di Arafat e sul futuro della lotta del
popolo palestinese.
Che cosa rappresenta Arafat per
il popolo palestinese?
Ahmed Zyad. Da
quarant'anni, Yasser Arafat incarna la lotta politica dei palestinesi per i
propri diritti. È stato tra i primi ad agire contro l'occupazione israeliana.
Alla fine degli anni ‘60, ha lavorato per l'unità palestinese nel quadro
dell'OLP, l'Organizzazione di Liberazione della Palestina.
E da quattro anni, paga il prezzo per la sua resistenza ai progetti israeliani
ed americani. Rinchiuso nella Mouqata'a, il suo quartier generale a Ramallah,
ha dovuto vivere in condizioni difficili, cosa che l'ha certamente indebolito
ed è forse alla base della sua malattia. Ma ne ha accettato il prezzo.
Yasser Arafat ha espresso il
desiderio di essere seppellito a Gerusalemme, ma Israele ha rifiutato
categoricamente. Perché?
Ahmed Zyad. Israele
ritiene che tutta Gerusalemme gli appartiene e, quindi, che qui vi possano
essere seppelliti solo dei rappresentanti ebraici. Questo riflette la politica
sionista razzista e discriminatoria. Kahane, un politico israeliano di estrema
destra, è morto negli Stati Uniti, ma è stato seppellito a Gerusalemme.
Qualsiasi tipo di persona purché ebreo può essere seppellito a Gerusalemme, ma non
i palestinesi. Questa discriminazione la troviamo anche a livello del diritto
al ritorno, accordato a tutti gli ebri nel mondo ma non ai palestinesi. È
questo vale sia prima della morte che dopo.
In particolare, si dice che
Arafat si sia screditato rifiutandosi di firmare quegli accordi proposti nel
2000 a Camp David e che avrebbe perso così l'opportunità di vedere l'avvento di
uno Stato palestinese. Arafat era un ostacolo alla pace?
Ahmed Zyad. Niente
affatto. Lui ha tentato di trovare dei compromessi imbarcandosi nel processo di
Oslo nel 1993. Ha fatto delle grosse concessioni. I palestinesi sono legati ad
una serie di principi molto importanti: il diritto ad uno Stato nei territori
occupati, ossia quelli occupati nel 1967: la Cisgiordania e la Striscia di
Gaza, con Gerusalemme est come capitale, il ritiro delle truppe israeliane dai
territori occupati ed il diritto di ritorno dei profughi... Nell'Accordo
iniziale firmato ad Oslo, nessuno di questi principi veniva accettato, tutto
sarebbe stato da discutere nella fase finale.
Arafat ha fatto anche delle concessioni importanti accettando come predominanti
gli aspetti della sicurezza. Invece, il problema è politico e gli aspetti della
sicurezza ne sono solamente una conseguenza: se ci sono delle azioni militari
contro Israele, questo è perché questo paese occupa la Palestina, impedisce il
ritorno dei profughi, confisca sempre più terre, costruisce un muro, ecc…
E’ Israele che è un ostacolo alla pace. Il 40% delle colonie israeliane nei
territori occupati sono stati instaurate durante gli anni di Oslo (1993-2000).
Questo vuole dire che mentre parlavano di pace, gli israeliani confiscavano
sempre più terre ai palestinesi. Dimostrando chiaramente che non volevano la
pace, ma imporre il fatto compiuto. E’ questo avveniva allo stesso modo sia
quando il governo era Laburista (“socialista”) che quando era nelle mani della
destra (il Likud, il partito di Sharon).
Il secondo ostacolo alla pace, sono lo Stati Uniti che sostengono Israele in
questa logica. Ed il terzo, è l'Unione Europea che vuol far credere di essere
favorevole ad uno Stato palestinese, ma non prende nessuna misura nei confronti
di Israele. Eppure, essendo il suo principale partner economico, avrebbe tutti
i mezzi per esercitare delle pressioni.
Il governo Bush non voleva più
neanche parlare ad Arafat. Perché?
Ahmed Zyad. Prima
del 2000, Arafat era il capo di stato più ricevuto alla Casa Bianca. Ma dopo
Camp David, è diventato persona non grata. Gli Stati Uniti hanno esercitato il
massimo delle pressioni possibili affinché Arafat firmasse quegli accordi
proposti dagli israeliani e dagli americani. Ma ha rifiutato perché non
accordavano nessun diritto al ritorno ai profughi e privavano i palestinesi di
Gerusalemme. Arafat ha dichiarato parecchie volte che Gerusalemme era una città
santa anche per un miliardo di musulmani e che lui non aveva nessun mandato per
poter abbandonare questa città. La posizione di Arafat ha rappresentato un
insuccesso per gli americani. Da allora, hanno messo a punto una nuova
strategia. Arafat era diventato un ostacolo alla pace, ma la pace di tipo
americano-israeliana.
Che cosa cambierà con la
scomparsa di Arafat?
Ahmed Zyad. Il
periodo del dopo-Arafat sarà molto differente perché Arafat, personaggio
storico incontestato, dominava la vita politica e le istituzioni palestinesi.
Del resto è stato sostituito da almeno quattro persone.
Un dialogo è già cominciato tra le differenti organizzazioni palestinesi.
Bisogna tirare prima un bilancio. Il tentativo di fare la pace con Israele è
fallito. L'unica alternativa è la resistenza. E affinché questa sia efficace,
tutte le organizzazioni devono contribuire. Non solo sul terreno di battaglia,
ma anche nelle istituzioni. Bisogna ricercare l'unità nazionale palestinese tra
le differenti forze sul campo, riflettere su come mettere in piedi una
direzione nazionale unificata. La cornice comune deve essere l'OLP, come era
prima di Oslo. Ma una OLP più larga di prima, che inglobi anche le forze nuove,
come le organizzazioni islamiche. Bisogna anche riformare l'OLP,
democratizzarla: deve essere una rappresentanza esatta della realtà politica
palestinese. Penso dunque che il cambiamento dovrà essere soprattutto a livello
inter-palestinese.