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da http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?lang=1&obid=28055

Resta presente in tutta la Palestina l’ombra del colonialismo


Lucas Catherine esperta delle questione palestinese sul ritiro da Gaza

Da molte settimane le immagini dei coloni israeliani si rincorrono sui nostri schermi. Il ritiro da Gaza è infatti terminato. Abbiamo incontrato Lucas Catherine – giornalista e autore specializzato sulla questione palestinese. Ci racconterà delle sue reazioni sul ritiro israeliano da Gaza
 

Joaquim Da Fonseca
31-08-2005

Da giorni le televisioni hanno trasmesso le immagini dei coloni israeliani espulsi dalla striscia di Gaza. Tristezza, pianti, disperazione  e collera, lo spettacolo di queste famiglie suscita in molti emozione e empatia. Che ne pensate?

Le immagini che vediamo alla televisione giocano sui sentimenti ma non danno molte spiegazioni come l’esempio dei quattro piccoli coloni nel nord della Cisgiordania che sono stati mandati via.  In questo ultimo anno più di 150 persone si sono insediate sapendo che avrebbero ottenuto dei premi e risarcimenti per la loro partenza forzata. Quando ho letto l’articolo del Jerusalem Post che paragonava il ritiro alle espulsioni dei palestinesi da Israele nel 1948 (1) non ho potuto che ridere! Non è per nulla la stessa cosa. Questi coloni israeliani si sono insediati in Gaza contro tutte le regole internazionali e contro le risoluzioni dell’Onu. Si sono quindi stabiliti essendo coscienti di essere dei coloni e sapendo che un’applicazione giusta del diritto internazionale li avrebbe costretti a partire. Tra questi che hanno fatto una scelta ragionata si ritrovano molti degli immigrati recenti; molti americani e europei. Non ho quindi nessuna compassione nei loro riguardi.

Nel 2001 Sharon pretendeva che i coloni di Gaza fossero trasportati a Tel Aviv. Perché?

Ariel Sharon è sempre stato il più grande difensore della colonizzazione. E’ una delle ragioni e delle condizioni del suo successo elettorale. I coloni hanno votato per lui e l’hanno rieletto. Malgrado questo molti israeliani sono ossessionati dalla demografia e dalla necessità di mantenere un importante maggioranza in Israele. Nell’insieme dei territori controllati da Israele (Israele sulle frontiere dal 1967, la Cisgiordania e Gaza) i giudei sono in minoranza; non sono che il 49% della popolazione. Questo ha mosso i sionisti in Israele che hanno preteso una reazione adeguata. Fin dalla creazione di Israele all’interno dei territori stessi dello stato sono sempre stati i palestinesi ad essere la maggioranza. Notoriamente al nord del paese, dove persino in Galilea il 50% della popolazione è palestinese, si parla di 80/90% di Palestinesi. Nel deserto del Néguev, a sud di Israele, questa proporzione diventa una quarto degli abitanti. Si tratta di una preoccupazione che assilla il movimento sionista dalla sua creazione. I suoi membri hanno una “psicologia” relativa alla demografia che non è ancora cambiata. Questo atteggiamento si è ammorbidito quanto constatarono di avere il controllo militare del territorio pur non superando il 50%.

E’ importante ricordare che la repressione israeliana continua oggi contro i beduini palestinesi che vivono nel Néguev. Le pattuglie dei berretti verdi, create da Sharon, distruggono le loro case e le loro culture. La politica israeliana non si limita dunque alla colonizzazione di Gaza e della Cisgiordania ma reprime i palestinesi all’interno dei sui confini.

Gli americani hanno promesso 2 miliardi e 250 milioni di dollari per permettere la ritirata da Gaza. Si è appreso dalla stampa israeliana che un terso solo di questi soldi serve per i coloni e all’equipaggiamento militare. Gli altri due terzi saranno reinvestiti nella colonizzazione, non solo in Cisgiordania, ma anche in Galilea e nel Néguev. Sharon ha dichiarato che 40 nuove colonie saranno create all’interno delle frontiere israeliane. Questa volontà di giudeizzazione della Galilea e del Néguev esiste dagli anni cinquanta ma si è dimostrata difficile da realizzare per la mancanza dei mazzi finanziari. Tel Aviv si può permettere un’evacuazione di coloni giudei dalla striscia di Gaza. Inoltre il governo può godere dell’euforia di una parte dei media che vedono solo (ndt) “un grande passo verso la pace”.

Quindi è falso? Non si tratta di accogliere una parte delle rivendicazioni palestinesi?

Non credo. Gli israeliani non lasceranno così facilmente e totalmente Gaza. Per esempio – con il denaro ricevuto – il governo costruirà una terza barriera attorno a Gaza (due isoleranno la striscia da oltre due anni). Costruiranno una barriera invalicabile dal mare, lungo la costa. Dal punto di vista dell’economia, e da quello delle esportazioni, gli abitanti di Gaza rimangono dipendenti dagli israeliani. L’ombra di Israele rimane comunque presente.

L’autorità palestinese considera questo ritiro come una vittoria.

Per me si tratta di una NAIVETE’ da parte di Mahmoud Abbas. D'altronde questa celebrazione non è stata considerata dall’autorità palestinese. Questo infatti è quanto detto da Hamas che desiderava scacciare ogni analogia tra il ritiro di Gaza e quello, nel 2000, dal Sud del Libano(2). In quel caso infatti gli Hezbollah spinsero Israele a lasciare i territori libanesi. Ma in quel contesto gli israeliani se ne andarono completamente. L’economia, la circolazione, lo spazio marittimo, ecc è da allora sotto il controllo dei libanesi. A Gaza non sarà la stessa cosa.

La resistenza non ha quindi aiutato al ritiro ? Quindi non si può considerare come una vittoria?

Certamente, la vastità delle forze militari che furono schierate per la mobilitazione e per proteggere i novemila coloni hanno inciso parecchio nella decisione di Sharon. La lotta è dunque uno degli elementi, ma non il principale. Le dichiarazioni del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (3) sono molto più realiste.

Non perdiamo di vista che Ariel Sharon con il suo show mediatico ha guadagnato del tempo per colonizzare dove lui vuole (in Galilea, nel Néguev e in Cisgiordania) può anche gridare vittoria. Inoltre gli americani hanno pubblicamente dichiarato che Israele ha diritto di annessione delle grandi colonie come Ariel (colonia Cisgiordania). Queste colonie in Cisgiordania sono molto più importanti per lui dal punto di vista economico e ideologico. Nessuna euforia quindi, la lotta sarà ancora lunga.


Note

1) Nel dicembre del 1947 e nel maggio del 1948 più di 750.000 palestinesi sono stati espulsi dalle lori terre (dove vivevano legalmente da decenni, alcuni da secoli) dalle milizie ebree che volevano creare uno stato israeliano con il numero più basso di arabi (ndr).
2) Nell’estate del 2000 sotto pressione dei militanti di Hezbollah e in previsione dell’Intifada Ehud Barak allora premier di Israele ritirò le truppe che occupavano il sud del Libano dal 1982.
3) Movimento di resistenza palestinese comunista con presidente Hamad Sadate imprigionato dal 2002.


Traduzione dal francese di Gabriele Proglio