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- popoli resistenti - palestina - 08-04-08 - n. 222
“Il sionismo è razzista e difende interessi economici”
Intervista con Agustín Velloso, autore del libro “Palestina. Testi antisionisti”
Martxelo Díaz - Gara
03/04/2008
Professore dell'UNED (Universidad Nacional de Educación a Distanzia) a Madrid, Agustín Velloso ha viaggiato frequentemente in Palestina per comprenderne il sistema educativo. In virtù della propria esperienza, ha scritto numerosi articoli, ora raccolti in un libro pubblicato da Bajo Cero con un titolo che rivela, in modo terribilmente chiaro, la sua posizione.
Agustín Velloso è giunto ad Iruñea (Pamplona) su invito dell'organizzazione internazionalista Aldea per presentare il suo libro e tenere una conferenza. La sua opinione sulla situazione in Palestina è chiara: uno stato sionista, Israele, calpesta in modo permanente i diritti di un popolo, il popolo palestinese, con l'aiuto di Stati Uniti ed Unione Europea.
La situazione in Palestina è la conseguenza di un'ideologia razzista ed escludente, il sionismo.
Stiamo di fronte ad un conflitto che ha quasi cento anni di storia. Ora, ciò cui assistiamo è la conseguenza di cento anni di sionismo, un'ideologia razzista ed escludente che, inoltre, difende interessi economici molto forti. Sono un’arma dell'imperialismo statunitense. Israele vive di sovvenzioni perché senza il denaro degli Stati Uniti non potrebbe sopravvivere e, in cambio, svolge la funzione di portaerei degli USA.
Il Museo dell'Olocausto è costruito in un villaggio nei pressi di Gerusalemme, da dove furono espulsi tutti gli abitanti. Ed ora in Europa, quel museo riceve attestati d’amicizia. È qualcosa di molto indicativo.
Recentemente, abbiamo visto che Israele è stato il paese invitato come ospite d’onore alla Fiera del Libro di Torino e di Parigi.
Paradossalmente, molte delle critiche ad Israele possono arrivare proprio da Israele più che da Stati Uniti (dove è impossibile trovarne) o Europa. Il giornalista Gideón Levy di Haaretz, analizzando gli “amici”di Israele, ha dichiarato che i nemici non sono necessari con “amici” di quella categoria. Si riferiva a Sarkozy, alla recente visita della Merkel o a Gordon Brown, che stanno contribuendo ad aumentare il disastro che vive la Palestina.
Il caso di Israele è il paradigma dell'ipocrisia di un’organizzazione come l'ONU, incapace di fare applicare le proprie risoluzioni come quella che esige il ritorno dei rifugiati del 1948, o quella che esige la fine dell'occupazione di Gaza e Cisgiordania del 1967.
Il termine ipocrisia è un autentico eufemismo. Le due condizioni poste dall’ONU affinché l'Israele potesse diventare membro di quest’organizzazione erano che portasse a termine il piano di partizione del 1947 - il quale fissava per loro il 55% della terra ed il 45 % per i palestinesi, quindi già qualcosa di ingiusto -, ma rimase col 65 % che in seguito ha continuato ad ampliare con il furto sino ad arrivare all’80% attuale. Inoltre, si esigeva il ritorno dei rifugiati del 1948. Niente di questo si è realizzato. Al contrario, nel caso dell'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq, il giorno seguente le truppe statunitensi stavano già bombardando Baghdad.
Tuttavia, gli israeliani nel 1948 espulsero 750.000 palestinesi, che attualmente si sono trasformati in cinque milioni di rifugiati, e 60 anni più tardi neanche un rifugiato può ritornare alla propria casa. Non è solo ipocrisia, ma qualcosa di peggio.
Ma ad Israele è permesso di agire liberamente per soggiogare il popolo palestinese, raggiungendo lo scandalo nel caso di Gaza.
Il diritto internazionale è chiaro: la potenza occupante è responsabile di quello che succede nel territorio occupato. Ma in questo caso, sono anche molto intelligenti. Teoricamente, si sono ritirati da Gaza. Prima stavano in pieno centro ed ora sono ripiegati. Continuano però a controllare lo spazio aereo ed il mare. I pescatori non possono uscire a pescare. I sei punti d’uscita da Gaza sono controllati da Israele. Il trucco di affermare che si sono ritirati non li solleva dalle loro responsabilità, perché la legge internazionale definisce l'occupazione come il controllo di un territorio. Neanche il minimo indispensabile, ovvero che la popolazione civile abbia garantiti i diritti di base, è assicurato per via del blocco. È un caso unico nella storia mondiale, in cui una popolazione occupata sta subendo una punizione crudele.
E’ simile a quanto accade con l’UNIFIL in Libano. Come può una forza dell'ONU posizionarsi nel territorio di un paese aggredito [Libano] invece che in quello dell'aggressore [Israele]?
Come risultato, a Gaza la gente muore quotidianamente per il blocco. Se si ha una peritonite e non ti lasciano attraversare la frontiera, muori alla frontiera. Circa 50 persone sono decedute in questo modo, può capitare a chiunque.
Stanno utilizzando i bisogni primari della popolazione come un’arma di guerra.
Effettivamente è così. La politica sionista è come quella di qualunque altro colonizzatore, con la differenza che gli altri si appropriavano della terra per starci un po’ di tempo. Questi no, vogliono la terra ma senza la gente. Ma, giacché i palestinesi hanno la sventurata mania di rimanere vivi e di voler vivere nella propria terra, la strada che hanno scelto è quella di render loro la vita impossibile. Operano come la polizia quando vuole sgomberare una casa occupata, e taglia acqua ed elettricità.
Quando aprirono il varco di Rafah, centomila palestinesi uscirono da Gaza per andare in Egitto. Era il momento per dire “ guardate come fugge la gente dall'islamismo e dagli imam”. Ma tornarono tutti. Questo sì, ritornarono con sigarette, benzina, pane, acqua e con medicine. È evidente che vogliono vivere nella loro terra.
Che muoia un neonato per un soffio al cuore perché hanno chiuso la frontiera non è una notizia d’apertura per i giornali. Neanche che abbiano sradicato 12.000 olivi lo è. Non siamo coscienti di cosa rappresentino quei 12.000 olivi, però essi sono il mezzo di sussistenza per 1.000 famiglie. Ed ognuna di queste famiglie è composta da sei od otto figli. I sionisti hanno distrutto 1.000.000 di olivi in Palestina, eppure questa non è una notizia. Ma, se qui sradicano alcuni olivi, lì chiudono la frontiera, tagliano l’acqua, le medicine non arrivano ed i bambini non possono andare a scuola, tutto appare come qualcosa di totalmente premeditato.
In un territorio come la Cisgiordania, [con un'estensione che è approssimativamente la metà di Nafarroa (Bassa Navarra)], sono presenti più di 500 fra checkpoints e controlli. La vita quotidiana è impossibile. Vai coi tuoi pomodori per venderli a Gerusalemme e, quello che dovrebbe essere un tragitto di venti minuti, si trasforma in un viaggio di tre ore sotto il sole. Non ci sono pomodori che resistono.
L'obiettivo di questa politica è chiaro: rendere ai palestinesi la vita impossibile. È un’evidente politica razzista, basata su un dominio non solo ideologico ma economico. Israele si definisce come stato ebreo unicamente per gli ebrei. Tutti gli altri gli eccedono. Per questo motivo, qualunque mezzo è lecito per espellere gli arabi: li ammazzano, li spaventano, gli tolgono il lavoro, gli rubano l'acqua...
Se vivi a Gerusalemme e ti sposi con una ragazza di Ramallah, ti impongono di vivere a Ramallah. Ti impediscono di entrare a Gerusalemme. Sono appena quindici chilometri ma sono separati da un muro. Cosa succede? Succede che in una città dove prima c'erano 200.000 palestinesi, ora ce ne sono 150.000. Non è una notizia da prima pagina, ma è qualcosa che succede continuamente.
Quest’idea la espresse lo stesso David Ben Gurion [primo presidente dello Stato d'Israele]: “Bisogna continuare a prendere capra dopo capra, albero dopo albero, dunam [misura tradizionale che equivale a 1.000 metri quadrati] dopo dunam, fino a che vadano via”. Questo lo disse nel 1948 e oggi si prosegue così.
È evidente che i sionisti hanno percorso molta strada da quando nel 1900 iniziarono le prime immigrazioni. Nel 1948 s’impadronirono di una parte importante della Palestina, nel 1967 di un'altra parte e perseguono ancora la stessa politica.
Un altro aspetto del dramma dei palestinesi è rappresentato dalla loro dirigenza, con l’Autorità Palestinese erosa dalla corruzione e ad Annapolis più preoccupata di negoziare al ribasso per mantenere i suoi privilegi, che del benessere del proprio popolo.
Il problema è che ci sono stati 50.000 negoziati come quello di Annapolis. Purché ci siano negoziati sui palestinesi, finiscono le città del mondo: Annapolis, Taba, Sharm el-Sheikh, White River, Camp David, Madrid, Oslo... Colloqui se ne sono avuti molti, ma la storia dimostra che nessuno vale. Non è possibile che ci siano 80.000 trattative e che non si dia seguito neanche al diritto internazionale. Annapolis è una farsa e si cerca di mantenerne l'illusione. Inoltre, non toccano i temi chiave, come quello dei rifugiati.
Quanto alla dirigenza, capita che, come in altri movimenti di liberazione, traditori e venduti siano ovunque. La dirigenza è tanto cattiva che gli stessi palestinesi hanno deciso di farla cadere e mettere Hamas al suo posto. È sospettoso che al dirigente di una nazione che cerca di ottenere la propria liberazione, Bush dia pacche sulla schiena. Io sarei un poco preoccupato.
La prova sta nel fatto che i dirigenti palestinesi che non hanno accettato questo, o sono stati assassinati, come Abdelaziz Rantisi ed Ahmed Yassin [i due fondatori di Hamas], o sono in carcere come Ahmed Sa'adat [segretario generale del FPLP]. Se ti dà una pacca sulla schiena Bush significa che non sei un vero leader del popolo palestinese.
Ma questa è una storia vecchia. Il bisnonno dell'attuale re della Giordania, Abdallah, fu ucciso ad al-Aqsa perché si era alleato con Ben Gurion per spartirsi Gerusalemme e Palestina, che non erano sue. Nel 1951 arrivò un membro dell’Hamas dell'epoca e gli sparò. Ci furono traditori già nel 1948, fra quelli che vendevano la terra.
Dramma quotidiano
“Che muoia un neonato ad un “checkpoint” per mancanza di cure sanitarie non è una notizia, ma qualcosa che sta succedendo in Palestina”
Terra senza gente
“I sionisti hanno un obiettivo: vogliono la terra, ma senza palestinesi. Per questo motivo, rendono loro la vita impossibile, per ottenere che vadano via”
Trattative
“Colloqui, come quelli di Annapolis, se ne sono tenuti molti, ma la storia dimostra che nessuno vale”
Dirigenza
“È sospettoso che al dirigente di una nazione che cerca di ottenere la sua liberazione gli dia pacche nella schiena George Bush”
Criticare Israele non è “antisemitismo”
Una delle principali difese dei sionisti, quando si denuncia quello che stanno facendo in Palestina, è tentare di squalificare gli autori di quelle critiche chiamandoli antisemiti, un'etichetta che non corrisponde nel modo più assoluto con la realtà.
Sanno perfettamente che non c’entra niente. È una contraddizione in termini. I semiti sono gli arabi e gli ebrei. Non si può essere antisemita se si appoggiano gli arabi. È un trucco di bassa lega, ma che gli funziona. Equiparano antisemitismo ed antisionismo, mentre sono due cose differenti. Non sono io a dirlo ma l’ONU, che definisce il sionismo come una forma di razzismo. Pertanto, è perfettamente condannabile. Il fatto è che difendere i palestinesi dovrebbe quasi essere un obbligo, quando si vede lo Stato sionista ammazzare bambini nella culla e lasciare la gente senza cibo. Lo Stato sionista obbliga 1,5 milioni di persone a vivere ammassati a Gaza, le quali devono soffrire come quando passano volando, quasi all'altezza dei tetti, aerei F-16 solo per fare rumore e farli impazzire. Studi psichiatrici affermano che il 35 % della popolazione di Gaza ha problemi di carattere nervoso. È un miracolo che, nelle condizioni in cui si trovano, i malati non siano l’85 %. Questo è il sionismo. Come non essere antisionisti!
Al momento di difendere l'esistenza dello Stato d'Israele, si usa l'argomento della compensazione per l'Olocausto, commesso dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
L'Olocausto fu un crimine tremendo, ma i palestinesi non ne furono responsabili. Se i tedeschi perseguitavano gli ebrei, quelli che ne dovrebbero rispondere sono i tedeschi. Perché non esigono che la compensazione per l'Olocausto sia una parte del territorio di Berlino invece di continuare a prendersela con la Palestina? In ogni caso, i reclami dovrebbero essere delle vittime e dei loro discendenti, non dello Stato d’Israele che neanche esisteva a quell'epoca. M.D.
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare