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- popoli resistenti - palestina - 22-09-08 - n. 242
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Analogia disonesta:
Smascherare i tentativi di Israele di equiparare la situazione dei rifugiati palestinesi con emigranti ebrei provenienti dal mondo arabo
di Khalid Amayreh
16/09/2008
“La pulizia etnica della Palestina da parte di Israele non fu una conseguenza non voluta, o un avvenimento fortuito, o anche un “miracolo”, come successivamente proclamato dal primo presidente di Israele, Chaim Weizmann; fu il risultato di una pianificazione lunga e meticolosa” Ilan Pappe, Professore di Scienza Politica all'Università di Haifa nel suo libro “La pulizia etnica della Palestina”
Questa settimana, Ehud Olmert, Primo ministro israeliano dimissionario, ha tentato di riscrivere la storia equiparando il violento sradicamento e la diaspora per i quattro venti della comunità indigena palestinese causati degli ebrei sionisti, con l'immigrazione motivata ideologicamente degli ebrei dal Medio Oriente alla Palestina.
Parlando durante una riunione della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset il 13 settembre, Olmert ha affermato di sentirsi dispiaciuto per la difficile situazione dei rifugiati, tanto palestinesi quanto ebrei. “Mi unisco nell’esprimere il mio dispiacere per quello che è accaduto ai palestinesi ed anche per quello che accadde agli ebrei che furono espulsi dagli stati arabi.”
La dichiarazione molto inopportuna di Olmert coincide con le affermazioni estremamente controverse del Presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas circa il delicato tema del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi sradicati dal loro paese più di sessanta anni fa.
Da quanto il Presidente, appoggiato dagli americani, Abbas si riferisce abbia detto, egli non farebbe pressioni su Israele per permettere il ritorno di tutti i rifugiati palestinesi alle loro case e città originarie, in quella che ora è Israele, e che si dovrebbe negoziare con Israele il numero di rifugiati da rimpatriare
Olmert sta intenzionalmente e deliberatamente mentendo, perché la situazione dei rifugiati palestinesi e l'emigrazione degli ebrei dal mondo arabo verso Israele sono due avvenimenti completamente differenti. In fin dei conti, l'obiettivo tattico di questa enorme falsità è di minimizzare, banalizzare ed, in ultima istanza, affondare la questione originaria del diritto al ritorno per milioni di persone sradicate della loro terra ancestrale con l'intervento di un movimento simile al nazismo conosciuto come sionismo.
Ovviamente Olmert e gli altri dirigenti sionisti credono che si possa attraccare questo diritto inalienabile divulgando falsità e creando analogie disoneste.
Temo di avere brutte notizie per il Primo ministro israeliano. Indipendentemente da quello che dicono persone come Abbas, il popolo palestinese è ancora, ora più che mai, impegnato nel diritto al ritorno.
Finanche il movimento di Fatah, verso cui Israele e Stati Uniti possono essere tentati di pensare che sia stato completamente svuotato del suo patriottismo e dignità nazionale, ancora mantiene un impegno ferreo per il diritto al ritorno. Tuttavia, è indubbio che alcuni opportunisti di Fatah sarebbero desiderosi di accettare qualsiasi cosa pur di mantenere le tasche strapiene di dollari statunitensi ed euro europei. Ma è anche vero che l'immensa maggioranza dei seguaci e sostenitori di Fatah condannerebbe come traditori i loro dirigenti se questi adottassero un atteggiamento debole rispetto al diritto al ritorno.
Per non menzionare gli stessi rifugiati, tra i 4,5 - 5 milioni, che considerano l'abbandono del loro diritto al ritorno come il tradimento finale. Quindi, oso sfidare Abbas perché pronunci la sua scandalosa affermazione sul diritto al ritorno, in presenza dei rifugiati di uno dei campi di Gaza, Libano o Siria oppure, perfino, in Cisgiordania.
Tornando all'allucinazione di Olmert sui rifugiati palestinesi contrapposti ai rifugiati ebrei, è importante mettere le cose al loro posto, non tanto affinché Olmert ed i suoi colleghi sionisti cambino opinione, bensì per dare alle vittime potenziali delle menzogne sioniste l'opportunità di non essere indotti in errore dai maestri dell'inganno e della falsità.
Per cominciare, dovremmo ricordare che i rifugiati palestinesi furono espulsi della loro patria ancestrale in conseguenza di un parziale ancorché reale genocidio per effetto dell'intervento delle bande sioniste come Irgun, Hagana, Lehi, Palmach, Itsel, ecc. Storiografi israeliani, inclusi i razzisti incondizionati come Benny Morris, riconoscono senza problemi questa espulsione.
Per esempio, Shlomo Ben-Ami, ex ministro per gli Affari Esteri israeliano, scrisse in un libro edito nel 2006: “La realtà sul terreno era quella di una comunità araba in uno stato di terrore che affrontava un esercito israeliano spietato che si stava spianando la strada verso la vittoria non solo con le vittorie contro gli eserciti regolari arabi, ma anche con l'intimidazione e, a volte, i massacri e le atrocità perpetuate contro la comunità araba. Una comunità araba in preda al panico fu sradicata sotto l'impatto dei massacri, che sarebbero rimasti scolpiti nel monumento arabo di dolore ed odio.”
Ovviamente, non ci si può aspettare che Ben-Ami dica tutta la verità ma queste parole sono, nonostante tutto, molto eloquenti. In più, a differenza degli emigranti ebrei provenienti dal mondo arabo, la cui ‘Aliyah, o emigrazione in Israele, era l'obiettivo strategico più importante del sionismo e dell'appena stabilito Stato ebreo, i rifugiati palestinesi furono forzati e massacrati affinché fuggissero, in modo molto simile alle vittime del nazismo in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ma, a differenza della situazione più complessa nell'Europa della guerra, in Palestina il movimento sionista condusse la guerra del 1948 principalmente per espellere e pulire etnicamente la maggioranza palestinese. In altre parole, la pulizia etnica della Palestina, come afferma Ilan Pappe, è stata pianificata meticolosamente ed attivata sistematicamente. In realtà, il movimento sionista espulse non soltanto il 90 percento dei palestinesi nativi (perché non erano ebrei), ma si assicurò che le loro case e villaggi fossero distrutti e cancellati. Le case che non furono distrutte furono semplicemente destinate agli emigranti ebrei come patrimonio eterno, mentre i loro legittimi proprietari agonizzavano in miserabili campi profughi sparsi per il Medio Oriente.
Bene, mi piacerebbe mettere a confronto le menzogne sioniste con le seguenti domande: Quanti paesi e città ebree distrussero e cancellarono gli arabi? Quanti massacri di ebrei perpetrarono gli arabi che si potrebbe pensare avrebbero obbligato gli arabi ebrei alla fuga?
Siamo onesti e non lasciamoci ingannare dalla propaganda sionista. Gli ebrei del mondo arabo vennero in Israele per realizzare il sionismo. La loro fuga verso Israele, che Israele chiama ‘Aliyah [“ascesa” in ebraico; per i sionisti “ritorno” degli ebrei in Palestina, N.d.T.] col significato di passaggio da una posizione inferiore ad un’altra superiore, fu “voluta, desiderata e cercata aggressivamente”.
In alcuni paesi arabi, come il Marocco, l'emigrazione degli ebrei si produsse come risultato di accordi segreti tra Israele ed il rispettivo governo arabo. Per essere sicuri, alcuni ebrei arabi, come in Iraq, furono molestati realmente, perfino terrorizzati dagli agenti sionisti affinché lasciassero la loro terra nativa, come hanno testimoniato alcuni immigrati ebrei iracheni in anni recenti.
Nel contesto dei rabbiosi sforzi dei sionisti per ottenere che gli ebrei emigrassero, volontariamente o no, in Israele, si bombardarono sinagoghe, si attaccarono centri culturali e figure simbolo ebree furono minacciate dagli agenti sionisti mascherati da “arabi”. In alcuni casi gli agenti sionisti organizzarono segretamente sollevazioni contro gli ebrei per creare un'atmosfera di paura tra gli ebrei stessi che, alla fine, li avrebbe spinti a partire. (Recentemente, agenti sionisti hanno causato vari incidenti a carattere antisemita in Francia e Stati Uniti per indurre gli ebrei a fuggire in Israele).
Sì, lo sgomento pubblico per gli ebrei sionisti in alcuni paesi arabi si estese dopo la Nakba, la quasi la distruzione ed espulsione del popolo palestinese dalla sua terra ancestrale. Ma non ci fu mai una Deir Yassin ebrea in Iraq o una Tantura ebrea in Tunisia o una Dawaymeh ebrea in Algeria o una Kafr Qassem ebrea in Yemen. È vero il contrario. Durante la Seconda Guerra Mondiale in realtà, i governi arabi fecero enormi sforzi per proteggere le loro comunità ebree dall'inquietante spettro dell'annichilimento da parte dei nazisti. Lo si domandi a qualunque anziano marocchino o egiziano ed egli racconterà di come gli ebrei godessero dei loro diritti di cittadini. In realtà, in molti casi si riservò agli ebrei un trattamento di favore, concedendo loro passaporti stranieri, specialmente francesi, che gli permisero di prosperare rispetto ad altri cittadini.
Ciò nonostante, se gli ebrei arabi, o gli ebrei originari del mondo arabo, insistono nel definirsi autentici “rifugiati”, la cosa giusta è esigere il diritto a ritornare ai loro paesi nativi originari. Giustizia deve essere fatta tanto per i rifugiati palestinesi come per gli emigranti ebrei provenienti dal mondo arabo concedendo ad entrambe le parti l'opportunità di ritornare alle loro terre originarie da cui furono sradicati, come nel caso dei palestinesi, o ingannati affinché andassero via, come nel caso degli ebrei arabi.
Questo è certamente meglio e più corretto che permettersi analogie disoneste con l'obiettivo di banalizzare la dura situazione dei rifugiati palestinesi che rappresenta il cuore e l'anima del conflitto arabo-israeliano