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Gaza si prepara ad accogliere la Freedom Flotilla
 
di Carlo M. Miele
 
26/05/2010
 
Gaza si prepara ad accogliere la “Freedom Flotilla”, la spedizione di nove navi organizzata da diverse organizzazioni internazionali per portare aiuti umanitari nella Striscia sotto assedio.
 
Oggi il ministero dell’Interno del governo di Hamas – citato dall’agenzia Ma’an - ha fatto sapere che sono stati portati a termine diversi interventi all’interno del porto (compreso l’allargamento di una trentina di metri dell’imbocco) al fine di agevolare l’attracco delle imbarcazioni.
 
L’arrivo della spedizione di cui fanno parte almeno 600 attivisti internazionali è previsto per le prossime ore (al massimo venerdì).
 
Scopo della missione è rompere il blocco imposto da Israele ed Egitto nel giugno 207 e portare alla popolazione tonnellate di beni che a Gaza scarseggiano.
 
Tra questi anche gli introvabili materiali da costruzione, che lo Stato ebraico vieta (la motivazione ufficiale è che potrebbero essere utilizzati per costruire “infrastrutture di offesa”), ma che sono necessari per riparare i danni causati da “Piombo fuso”, l’offensiva militare israeliana del gennaio 2009.
 
Intanto non si fermano le minacce israeliane agli attivisti. Ieri il colonnello Moshe Levi, comandante dell’ufficio di coordinamento del distretto di Gaza, ha definito la Freedom Flotilla “una provocazione”.
 
Il militare, citato dal quotidiano Yedioth Ahronoth, ha voluto anche precisare che la missione internazionale non ha alcun senso “in quanto la situazione umanitaria nella Striscia è stabile” e “non vi è penuria di cibo o di attrezzature”.
 
Un’affermazione, questa, smentita da diverse denunce della comunità internazionale. Tra queste un rapporto recentissimo delle Nazioni Unite, secondo cui – a un anno e quattro mesi dalla fine di Piombo fuso – tre quarti dell’enclave palestinese restano in uno stato di sfacelo.
 
Tante anche le critiche mosse a Israele da parte delle organizzazioni non governative attive nell’area.
 
A causa del blocco – afferma la Associazione internazionale delle agenzie di sviluppo (Aida), che rappresenta un’ottantina di ong - oltre il 60 per cento delle famiglie di Gaza non ha la sicurezza di potersi alimentare.
 
John Ging, capo dell’Agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa), è arrivato a rivolgere un vero e proprio appello alla comunità internazionale, perché invii a Gaza delle navi con scorte di cibo e di altri beni di prima necessità.
 
“Riteniamo che Israele non fermerà queste imbarcazioni perché il mare è libero, e molte organizzazioni per i diritti umani hanno avuto successo in passato attuando iniziative analoghe, provando che rompere l’assedio su Gaza è possibile”, ha detto Ging.
 
  
Per aggiornamenti sulla situazione
 
 http://www.freegaza.org/it
 
 
   

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