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- popoli resistenti - palestina - 20-11-12 - n. 430
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Il seguente articolo è stato pubblicato da Global Research, nel gennaio 2009, al culmine dei bombardamenti e dell'invasione israeliana denominata Operazione Piombo Fuso. L'attacco in corso a Gaza, che prevede un'invasione di terra, è dal punto di vista dei pianificatori militari israeliani un proseguimento dell'attacco a Gaza del dicembre 2008.
Michel Chossudovsky
17/11/2012
Guerra e gas naturale: l'invasione israeliana e i giacimenti di gas al largo di Gaza
di Michel Chossudovsky
11/01/2009
L'invasione militare della striscia di Gaza [nel dicembre del 2008] da parte delle Forze israeliane, ha una relazione diretta con il controllo e la proprietà dei strategici giacimenti di gas al largo delle coste palestinesi.
È una guerra di conquista. Scoperti nel 2000, vi sono estesi giacimenti di gas al largo delle coste di Gaza.
La British Gas (BG Group) e il suo partner, la Consolidated Contractors International Company (CCC) con sede ad Atene e di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury, hanno ottenuto i diritti di esplorazione per gas e petrolio grazie ad un accordo della durata di 25 anni siglato nel novembre 1999 con l'Autorità Palestinese.
I diritti sui giacimenti di gas offshore spettano rispettivamente alla British Gas (60%), alla Consolidated Contractors (30%) e al Fondo d'Investimento dell'Autorità Palestinese (10%), (Haaretz, 21/10/2007).
L'accordo AP-BG-CCC include anche lo sviluppo dei giacimenti e la costruzione di un gasdotto (Middle East Economic Digest, 05/01/2001).
Le concessioni alla British Gas coprono l'intera zona marina prospiciente le coste di Gaza, adiacente a diversi impianti di gas al largo delle coste israeliane (vedi mappa). Va precisato che il 60% dei giacimenti di gas lungo la linea costiera Gaza-Israele appartengono alla Palestina.
Nel 2000, British Gas Group ha scavato due pozzi: Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2. Le riserve stimate da BG sono nell'ordine di 1.400 miliardi di piedi cubi, valutati approssimativamente in 4 miliardi di dollari, secondo i dati resi pubblici da British Gas. La dimensione delle riserve di gas palestinesi potrebbe essere molto superiore.
A chi appartengono i giacimenti di gas?
La questione della sovranità sui giacimenti di gas di Gaza è fondamentale. Da un punto di vista legale, i giacimenti di gas appartengono alla Palestina.
La morte di Yasser Arafat, l'elezione di Hamas al governo e la rovina dell'Autorità Palestinese hanno consentito a Israele di stabilire un controllo di fatto su tali giacimenti.
La British Gas (BG Group) ha intrattenuto relazioni con il governo di Tel Aviv, mentre il governo di Hamas si è visto scavalcato rispetto ai diritti di esplorazione e sviluppo dei giacimenti di gas.
L'elezione del primo ministro Ariel Sharon nel 2001 ha rappresentato un punto di svolta. La sovranità palestinese su questi giacimenti è stata contestata davanti alla Corte suprema israeliana. Sharon ha affermato inequivocabilmente che "Israele non comprerà mai gas dalla Palestina", lasciando con ciò intendere che i giacimenti di gas al largo di Gaza appartengono a Israele.
Nel 2003, Ariel Sharon ha opposto il veto a un accordo iniziale che avrebbe consentito a British Gas di rifornire Israele con gas naturale proveniente dai pozzi al largo di Gaza (The Independent, 19/08/2003).
La vittoria di Hamas alle elezioni del 2006 ha contribuito alla fine dell'Autorità Palestinese, confinata in Cisgiordania, sotto il regime satellite di Mahmoud Abbas.
Nel 2006, British Gas "era vicina a firmare un accordo per pompare il gas verso l'Egitto" (Times, 23/05/2007). Stando alle cronache, il primo ministro britannico Tony Blair intervenne per conto di Israele con l'obiettivo di far deragliare l'accordo con l'Egitto.
L'anno seguente, nel maggio 2007, il governo israeliano approvò la proposta del primo ministro Ehud Olmert "di comprare gas dall'Autorità Palestinese". Il contratto proposto era del valore di 4 miliardi di dollari, con profitti dell'ordine di 2 miliardi di dollari, di cui un miliardo sarebbe andato ai palestinesi.
Tuttavia Tel Aviv non aveva alcuna intenzione di spartire i ricavi con la Palestina. Un team di negoziatori israeliani venne costituito appositamente dal governo israeliano per ottenere un accordo con British Gas Group, scavalcando sia il governo Hamas, sia l'Autorità Palestinese:
"Le Autorità di difesa israeliane vogliono che i palestinesi siano pagati in beni e servizi ed insistono affinché al governo controllato da Hamas non sia inviato denaro".
L'obiettivo era essenzialmente l'invalidamento del contratto firmato nel 1999 tra British Gas Group e l'Autorità Palestinese sotto Yasser Arafat.
Secondo la proposta d'accordo del 2007 con British Gas, il gas palestinese proveniente dai pozzi al largo di Gaza avrebbe avuto dovuto essere incanalato in un gasdotto sottomarino verso il porto israeliano di Ashkelon, trasferendo così a Israele il controllo sulla vendita del gas naturale.
L'accordo fallì e i negoziati furono sospesi:
"Il capo del Mossad, Meir Dagan, si opponeva alla transazione per motivi di sicurezza, in quanto i proventi avrebbero finanziato il terrorismo". (Intervento del deputato Gilad Erdan alla Knesset in merito alla "intenzione del vice primo ministro Ehud Olmert di acquistare gas dai palestinesi in quanto il pagamento gioverà ad Hamas" 01/03/2006, riportato in Lt. Gen. (ret.) Moshe Yaalon, L'eventuale acquisto di British Gas dalle acque costiere di Gaza minaccia la sicurezza nazionale di Israele? Jerusalem Center for Public Affairs, Ottobre 2007).
L'intenzione di Israele era di escludere la possibilità che ai palestinesi fossero corrisposti dei diritti. Nel dicembre 2007, British Gas Group si ritirò dai negoziati con Israele e nel gennaio 2008 chiuse il suo ufficio in Israele (dal sito web di BG).
Il progetto del piano d'invasione
Il piano d'invasione della striscia di Gaza, "Operazione Piombo Fuso", è stato messo a punto nel giugno 2008, stando a fonti militari israeliane:
"Fonti nell'establishment della difesa riferiscono che il ministro della Difesa Ehud Barak ha dato istruzioni alle Forze di difesa israeliane di prepararsi all'operazione oltre sei mesi fa [a giugno o anche prima], anche se Israele stava iniziando a negoziare un accordo di cessate il fuoco con Hamas" (Barak Ravid, Operation "Cast Lead": Israeli Air Force strike followed months of planning , Haaretz, 27/12/2008).
Nel corso dello stesso mese, le autorità israeliane hanno contattato British Gas, con l'obiettivo di riprendere i negoziati sull'acquisto del gas naturale di Gaza:
"Sia il ministro delle Finanze, direttore generale Yarom Ariav, che il ministro delle Infrastrutture nazionali, direttore generale Hezi Kugler, sono d'accordo nell'informare British Gas del desiderio di Israele di riprendere i colloqui. Le fonti hanno aggiunto che British Gas non ha ancora risposto ufficialmente alla richiesta israeliana, ma che gli amministratori della società probabilmente verranno in Israele tra alcune settimane per colloqui con gli esponenti del governo" (Globes online - Israel's Business Arena, 23/06/2008).
La decisione di accelerare i negoziati con British Gas (BG Group) coincise, cronologicamente, con la pianificazione dell'invasione di Gaza, iniziata a giugno. Sembrerebbe che Israele fosse preoccupato di arrivare ad un accordo con British Gas Group prima dell'invasione, che era già ad un punto avanzato di pianificazione.
Inoltre, questi negoziati con British Gas erano condotti dal governo di Ehud Olmert, con la consapevolezza che un'invasione militare era in corso di pianificazione. E' del tutto verosimile che il governo israeliano stesse anche contemplando una nuova sistemazione politico-territoriale "post guerra" per la Striscia di Gaza.
In effetti, negoziati tra British Gas ed esponenti israeliani erano in corso nell'ottobre 2008, due o tre mesi prima dell'inizio dei bombardamenti del 27 dicembre.
Nel novembre 2008, i ministri israeliani delle Finanze e delle Infrastrutture nazionali incaricarono la Israel Electric Corporation, (IEC) di avviare delle trattative con British Gas, in relazione all'acquisto di gas naturale dalla concessione di BG al largo delle coste di Gaza (Globes, 13/11/2008).
"Il ministro delle Finanze, direttore generale Yarom Ariav, e il ministro delle Infrastrutture nazionali, direttore generale Hezi Kugler, di recente hanno scritto all'amministratore delegato della IEC, Amos Lasker, informandolo della decisione del governo di autorizzare la prosecuzione delle trattative, in linea con la proposta approvata di recente. Il Consiglio d'amministrazione della IEC, retto dal presidente Moti Friedman, ha approvato i principi della proposta alcune settimane fa. I colloqui con British Gas Group inizieranno non appena il Consiglio approverà l'esenzione da un capitolato" (Globes, 13/11/2008).
Gaza e la geopolitica dell'energia
L'occupazione militare di Gaza è finalizzata a trasferire la sovranità dei giacimenti di gas a Israele, in violazione del diritto internazionale.
Che cosa ci possiamo aspettare in conseguenza dell'invasione?
Qual è l'intenzione di Israele riguardo ai giacimenti di gas naturale della Palestina?
Una nuova sistemazione territoriale, con lo stazionamento di truppe israeliane e/o di "peacekeeping"?
La militarizzazione dell'intera costa di Gaza, strategica per Israele?
La definitiva confisca dei giacimenti di gas palestinesi e la dichiarazione unilaterale di sovranità israeliana sulle aree marittime di Gaza?
Se questo dovesse accadere, i giacimenti di gas di Gaza verrebbero integrati nelle installazioni offshore di Israele, che sono contigue a quelle della Striscia di Gaza (vedere Mappa 1 sopra).
Queste varie installazioni offshore sono anche collegate al corridoio di trasporto energetico israeliano, che si estende dal porto di Eilat, terminale di un oleodotto sul Mar Rosso, al terminale nel porto di Ashkelon e verso nord ad Haifa, collegandosi infine con il porto turco di Ceyhan, attraverso la conduttura turco-israeliana in progetto di costruzione.
Ceyhan è il terminale del oleodotto trans-caspio, Baku-Tbilisi-Ceyhan. "Si prevede di collegare l'oleodotto BTC a quello trans-israeliano, Eilat-Ashkelon, noto anche come Israel's Tipline" (Michel Chossudovsky, The War on Lebanon and the Battle for Oil , Global Research, 23/07/2006).
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