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Nuovi "Accordi di Oslo" per la Palestina?

Il piano Kerry come preludio allo "Stato degli ebrei"

D.Marie Nassif-Debs
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

17/01/2014

Gravi vicende accadono nella Palestina occupata senza che i più si rendano conto che le dichiarazioni e le decisioni assunte dal governo israeliano avranno un impatto sulla causa palestinese.

I dirigenti sionisti, sostenuti e difesi dal governo degli Stati Uniti, cercano di sfruttare al massimo gli sviluppi politici e militari nella regione - dalla guerra in atto in Siria e le sue ripercussioni sul Libano fino alle inquietudini del popolo egiziano - per creare le condizioni necessarie a far passare il progetto denominato "Israele, Stato degli ebrei nel mondo", progetto che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha riproposto fin dall'inizio del suo secondo mandato per adempiere la promessa fatta in tal senso alla lobby sionista.

Il piano definito di "Accordo-quadro"

Per realizzare ciò, è stato avviato un nuovo progetto, "l'Accordo-quadro", lanciato dal ministro degli Esteri John Kerry il novembre scorso in occasione della sua decima visita nella regione.

Questo piano - elogiato da Arabia Saudita e Giordania prima ancora di conoscerne contenuti e versione completa - ha dimostrato di essere molto pericoloso perché impone al popolo palestinese ulteriori concessioni relative alle questioni di sovranità, dei territori, del diritto al ritorno. Tutto questo mentre Israele intensifica le misure di "ebraicizzazione" di Gerusalemme e la colonizzazione di nuovi territori palestinesi. Recentemente, Netanyahu ha approvato la costruzione di 1.400 nuove abitazioni, di cui una metà intorno a Gerusalemme e l'altra in aree strategiche in Cisgiordania. In aggiunta, non vanno dimenticati gli attentati, gli omicidi e le migliaia di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane...

Quali sono le linee guida del progetto?

Il piano del ministro John Kerry parte dalla creazione di due Stati indipendenti in Palestina. Tuttavia, rinuncia molto presto a questa "indipendenza" per dare - come dice - a Israele il diritto di proteggere la sicurezza del suo territorio attraverso lo spiegamento, per un periodo che va da 10 a 15 anni, di una forza militare lungo le frontiere che dividono i due Stati.

Il progetto non si accontenta di queste misure dette "di protezione", ma va oltre poiché sancisce che Israele sarà anche responsabile della sicurezza alle frontiere che separano la Cisgiordania dalla Giordania, e più precisamente lungo il Giordano, attraverso sofisticati e permanenti sistemi di monitoraggio.

Ciò, sul piano globale. Quanto agli altri problemi contenuti nella Risoluzione 194 dell'ONU, concernente la sorte di Gerusalemme e il diritto al ritorno dei profughi palestinesi nei territori del 1948 ed altri, aleggia l'ambiguità perché "l'Accordo-quadro", sebbene parli di "Gerusalemme - capitale dei due Stati" e anche del "diritto al ritorno", non precisa cosa sarà delle colonie israeliane a Gerusalemme e nella sua parte Est, né i termini per dare applicazione al principio del ritorno.

Qual è il motivo di una tale ambiguità se non che l'amministrazione Obama non intende in alcun modo mettere in imbarazzo il governo israeliano, tanto più che il ministro Avigdor Liebermann ha insistito in una recente dichiarazione sul fatto che Israele "non può accettare che un accordo di pace non prenda in considerazione la questione dello scambio di terre"… scambio che, secondo Liebermann, deve cominciare dal "trasferimento degli abitanti (palestinesi) fuori dal triangolo d'Ara [1] per rinforzare l'ebraicità di Israele" e non concludersi, secondo noi, che dopo avere cacciato i palestinesi che vivono nei territori del 1948, territori che sono il punto di partenza di ciò che è chiamato il Grande Israele.

"La valle del Giordano è e resterà israeliana"?

E per strappare delle nuove concessioni ai palestinesi, e agli arabi in generale, senza mettere tuttavia in imbarazzo l'amministrazione Obama che si era impegnata con precise garanzie rispetto alla Stato palestinese, il governo presieduto da Netanyahu ha preso decisioni irrevocabili, non solo in materia di colonizzazione, ma anche in altre due direzioni principali: la prima, concernente la proposta fatta da una commissione ministeriale israeliana di impossessarsi della valle del Giordano prima di firmare un accordo di pace coi palestinesi; la seconda - che costituisce la messa in atto della prima - riguardante la creazione tramite una banda di estremisti (guidata dal ministro degli Interni israeliano, Gédéon Saar), di una colonia in questa valle sotto la parola d'ordine: il Giordano è israeliano e lo rimarrà.

Il tutto accompagnato da una vasta campagna (80 per cento degli israeliani, dicono) che sostiene l'incapacità del piano di John Kerry di realizzare la pace.

Questa nuova campagna condotta contro la politica internazionale statunitense mira indubbiamente a trarre più vantaggi possibili dai funzionari statunitensi, soprattutto in seguito all'accordo con l'Iran che ha permesso a questo paese di candidarsi ad entrare nel club del nucleare, interrompendo nei fatti il progetto israeliano di bombardare i reattori iraniani. Perché, per i responsabile israeliani, non è più sufficiente che i funzionari Usa affermino e ribadiscano che la sicurezza di Israele è una delle priorità della politica di Washington, ma gli occorrono anche delle prove tangibili e un appoggio certo, tanto sul piano economico che militare.

L'Autorità palestinese e la politica di arretramento

Ma se non ci sorprende l'atteggiamento del governo israeliano, che ha sempre saputo come approfittare dell'appoggio della lobby sionista statunitense, l'AIPAC in particolare, per liquidare la questione palestinese e mettere fine al diritto al ritorno, possiamo invece essere molto inquieti rispetto alla linea politica dell'Autorità palestinese. Una linea che va nel senso delle esigenze statunitensi, che accetta senza alcuna resistenza il ritorno al tavolo dei negoziati bilaterali al di fuori delle Nazioni Unite e che passa sotto silenzio i progetti di colonizzazione del governo israeliano. Una linea che John Kerry ha qualificato di "sacrificio", poiché, secondo fonti molto informate, l'Autorità palestinese sarebbe d'accordo sulla soppressione della clausola concernente il diritto al ritorno e avrebbe accettato che una parte dei negoziati si tenga nel segreto più totale, ricordando in tal modo altri tempi, quelli cioè che precedettero la firma degli Accordi di Oslo e tutte le tragedie che ne seguirono per il popolo palestinese.

Ecco perché si prevedono tempi difficili, di nuovo, per il popolo palestinese, tanto in Cisgiordania che a Gaza, poiché il nuovo piano Usa accorda una nuova vittoria agli israeliani, permettendogli di avanzare nel loro progetto di eliminare ogni possibilità di vedere rinascere lo Stato palestinese…

John Kerry aveva presentato "l'Accordo-quadro" come un puzzle i cui pezzi vanno a poco a poco messi a posto dopo attenta riflessione. Fino ad ora, questo "gioco" è riuscito bene agli israeliani, perché il negoziatore palestinese ha lasciato fare. Continuerà così? E cosa farà la sinistra palestinese per opporsi al nuovo progetto statunitense e riprendere in mano la situazione?

Questa è la domanda.

Articolo apparso sul bimenstrale "An Nidaa
Numero 229, 17 gennaio 2014

NdT
1. Wadi Ara o Valle d'Ara, zona a maggioranza palestinese. Situata a sud-est di Haifa, è chiamata "triangolo" i cui vertici sono i villaggi di Musmus a nord, di Barqaa a est e di Taibe a sud.


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