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Primi studi scientifici evidenziano una Nakba ambientale in Palestina

Bethlehem University | bethlehem.edu
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

31/08/2014

Nel corso degli ultimi 40 anni la Palestina occupata è stata testimone di un catastrofico declino della biodiversità. Perdita di habitat, desertificazione e inquinamento delle falde acquifere sono fattori interamente legati all'occupazione portata avanti dalle forze israeliane.

Questa ricerca scientifica, condotta dal professor Mazin Qumsiyeh presso il nuovo Museo di Storia naturale della Palestina presso l'Università di Betlemme, è stata pubblicata a gennaio 2014 sul Jordan Journal of Biological Sciences con il titolo "Decline in Vertebrate Biodiversity in Bethlehem, Palestine" (Declino della biodiversità nei vertebrati a Betlemme, Palestina). Nel corso degli ultimi decenni, la velocità di riduzione della biodiversità in Palestina, come conseguenza della distruzione dell'habitat naturale, è stata catastrofica. Dai rilevamenti effettuati nella zona di Betlemme si è scoperto che delle 31 specie di mammiferi comunemente presenti negli anni 1960 e nei primi anni 1970, 13 sono già scomparse, incluse 4 delle 7 varietà di pipistrelli e 8 specie di carnivori. Anche i tassi e le gazzelle originarie del luogo stanno raggiungendo un pericoloso punto critico. Allo stesso modo, un terzo delle specie osservate qualche decennio fa, non sono presenti negli studi più recenti.

La popolazione umana non è immune dalla catastrofe ambientale in corso. In un documento del 2013 sulla genotossicità pubblicato sull'International Journal of Environmental Studies, il dottor Qumsiyeh e uno degli studenti del suo gruppo hanno dimostrato gli effetti che l'insediamento industriale israeliano di Barqan nei pressi di Salfit sta avendo sul DNA dei palestinesi locali. Dai campioni di sangue degli appartenenti a questa comunità, la percentuale di cellule con alterazioni si attesta al 4,08%, molto al di sopra del livello considerato normale per gli individui sani (0,48% - 0,88%). Tali valori aumentano l'incidenza di tumori, infertilità e anomalie congenite.

I danni ambientali in Palestina sono dovuti alla colonizzazione israeliana, alla crescita demografica, al cambiamento climatico globale e allo sviluppo industriale non regolamentato. Le politiche israeliane hanno notevolmente aggravato questi problemi. In particolare, la ricerca punta l'indice sulla distruzione dei villaggi palestinesi, strutturati nel corso di migliaia di anni per essere in equilibrio con la natura, sulla creazione di milioni di rifugiati che vivono in condizioni insostenibili, e sulla presenza dei coloni provenienti dall'estero (ad esempio, dal 1967 più di 600.000 coloni si sono trasferiti in Cisgiordania).

Altri problemi evidenziati nella ricerca sono l'impatto causato dal prosciugamento delle zone umide di Hula, la deviazione delle sorgenti della Valle del Giordano e l'impatto del muro di annessione e segregazione.

Se nulla dovesse cambiare, il dottor Qumsiyeh prevede che il processo di declino della biodiversità, la desertificazione e l'inquinamento delle fonti idriche non faranno che peggiorare. Mentre le temperature in Cisgiordania potrebbero aumentare di ben 5 gradi nei prossimi 30 anni e le precipitazioni diminuire del 20-25%. Solo attraverso un radicale movimento di resistenza alle politiche israeliane e alla costruzione degli insediamenti, per la conservazione della biodiversità locale e la bonifica delle reti idriche, può essere evitata una Nakba ambientale. Questa è una delle ragioni che stanno alla base dell'istituzione su base volontaria del Museo di Storia naturale della Palestina e del suo Istituto di ricerca sulla biodiversità e la conservazione.


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