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Sotto l'apartheid israeliana esistono due differenti pandemie

Alice Rothchild | odiario.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/03/2021

Esiste, fortunatamente, una diffusa indignazione internazionale per il modo in cui Israele gestisce l'assistenza sanitaria per i palestinesi nel quadro della pandemia. Applica la stessa apartheid imposta in tutti gli altri piani. Apartheid che mostra una volta ancora il suo volto genocida. Come racconta questo testo, affinché la pandemia sia contenuta con successo, l'occupazione deve cessare.

Vi è una crescente preoccupazione per la distribuzione diseguale del vaccino contro il COVID-19, sia a livello nazionale che internazionalmente. Mentre la vaccinazione prosegue, alcuni stati degli USA stanno inviando più vaccini ai centri sanitari, ai centri sanitari locali, concentrandosi sulle popolazioni vulnerabili e difficili da raggiungere e prestando attenzione a renderli disponibili alle comunità di colore.

C'è in corso inoltre una seria discussione riguardo un approccio globale per la sospensione dei brevetti dei vaccini, in larga parte sviluppati attraverso finanziamenti governativi. La pandemia ha mostrato delle forti contraddizioni quando sanità pubblica e assistenza medica sono fornite secondo linee di frontiera razziali, economiche e geografiche. Affrontare questi problemi ci mette in guardia sul fatto che quando l'assistenza sanitaria è trattata come un privilegio e non come un diritto umano, la salute individuale e sociale viene compromessa.

Una delle contraddizioni più evidenti di questa pandemia emerge in Israele/Palestina, dove i circa 5 milioni di palestinesi che vivono da 53 anni sotto occupazione militare, vengono lasciati indietro. Israele, un paese sviluppato con strutture sanitarie di livello mondiale e un accesso universale alla salute per i suoi cittadini attraverso grandi organizzazioni di tutela della salute, ha rappresentato un esempio di successo nell'attuazione delle vaccinazioni, nonostante le criticità rappresentate dal raggiungere i cittadini palestinesi e gli ebrei ultraortodossi.

Il tasso di vaccinazione tra la popolazione palestinese si attesta a circa la metà di quello della popolazione ebraica, a causa della scarsa assistenza, accesso e sfiducia, in modo simile alle esperienze delle persone di colore negli Stati Uniti. Molte comunità ultraortodosse sono tenacemente resistenti alle campagne di vaccinazione. Tuttavia, entro il 22 febbraio, quasi la metà della popolazione israeliana ha ricevuto la prima dose del vaccino e un terzo di tutti gli israeliani era stato completamente vaccinato.

Allo stesso tempo, la realtà è molto diversa nell'adiacente Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, dove anni di stretto controllo israeliano su forniture mediche, elettricità e acqua, le schiaccianti politiche anti-sviluppo, i ripetuti attacchi a strutture mediche, idriche e fognarie, e le restrizioni al movimento della popolazione hanno lasciato i sistemi sanitari in rovina. Al 25 febbraio, c'erano 203.260 casi confermati di coronavirus nei Territori occupati, con 2.216 morti, sebbene entrambe le cifre siano ampiamente sottostimate a causa della mancanza di test. In Israele, sono stati segnalati 764.791 casi con 5.669 morti, al 28 febbraio.

La situazione è particolarmente critica a Gaza, dove le Nazioni Unite hanno ripetutamente avvertito dell'imminente collasso dell'intero sistema sanitario. Sempre più tipica è l'esperienza di Asmaa Tayeh, responsabile delle operazioni di We Are Not Numbers. Venticinque membri della sua famiglia allargata sono risultati positivi, 15 si sono ammalati e 3 sono morti. "Da quando sono apparse le notizie sul virus, nel marzo 2020, siamo diventati paranoici", afferma Tayeh. "Ero spaventato a morte e sono corso al mercato a prendere del cibo in modo che potessimo prepararci a restare a casa per mesi. Ho gridato a chiunque usciva di casa. Ma non conoscendo nessuno che fosse infetto, abbiamo iniziato a sentirci un po' più sicuri. Poi siamo arrivati a novembre e dicembre. Sempre più nostri parenti sono stati infettati. Oltre a ciò, c'era la paura di non ricevere una buona assistenza medica, dal momento che l'occupazione israeliana ha paralizzato il nostro sistema sanitario".

Non è possibile il distanziamento sociale e un'igiene delle mani adeguata in una delle regioni più popolose del mondo, dove il 95% dell'acqua è inquinata, l'elettricità è disponibile solo otto ore al giorno, c'è una costante mancanza di kit per i test, medicinali essenziali e talvolta anche dell'ossigeno.

Israele vuole che i palestinesi nei Territori abbiano le responsabilità della sovranità (fornire assistenza medica) senza godere dei benefici della sovranità (risorse e controllo del sistema).

Il governo israeliano afferma che, secondo gli accordi di Oslo, non ha colpe. Israele vuole che i palestinesi nei Territori abbiano le responsabilità della sovranità (fornire assistenza medica) senza godere dei benefici della sovranità (risorse e controllo del sistema). Gli esperti concordano anche sul fatto che il diritto internazionale, come delineato negli accordi di Ginevra, sostituisce gli accordi di Oslo: la potenza occupante è obbligata a fornire alla popolazione occupata delle "misure profilattiche e preventive per combattere la diffusione di malattie contagiose ed epidemie". Recentemente, con una manovra vergognosa, le autorità israeliane hanno temporaneamente bloccato l'importazione di vaccini al COVID-19 per Gaza.

C'è stata una protesta internazionale contro queste politiche israeliane, che vengono identificate come un chiaro esempio di apartheid sanitario. Più di 100 organizzazioni non governative palestinesi e gruppi per i diritti umani, membri democratici del Congresso degli Stati Uniti e organizzazioni ebraiche come J Street e Jewish Voice for Peace hanno chiesto che Israele sia ritenuto responsabile. Si è unito anche il "Saturday Night Live". Il governo israeliano ha risposto accettando di vaccinare i prigionieri palestinesi e promesso 5.000 dosi di vaccino agli operatori sanitari. Questo tipo di "elemosina" è molto al di sotto degli obblighi internazionali.

Per gli stessi israeliani, questa è una politica illegale, immorale oltre che estremamente miope. Migliaia di palestinesi lavorano in Israele e negli insediamenti ebraici o sono imprigionati nelle carceri israeliane, mentre centinaia di migliaia di coloni ebrei vivono in Cisgiordania. Vivere con una popolazione in gran parte non vaccinata espone i cittadini israeliani al rischio di contagio e di nuove pericolose varianti. Di fronte alla pressione internazionale, anche dagli Stati Uniti, le autorità israeliane hanno permesso, a partire dal 23 febbraio, che diverse migliaia di dosi raggiungessero la Cisgiordania e Gaza e accettato di iniziare a vaccinare i lavoratori palestinesi che si trasferivano in Israele.

In una controversa iniziativa, Israele ha annunciato che fornirà vaccini alla Repubblica Ceca, all'Honduras, alla Siria e ad altri paesi che sta cercando di attirare nella sua sfera di influenza. Questa iniziativa è stata chiamata "diplomazia del vaccino", ma è più onesto definirla "vaccine washing" [vaccinazione di facciata], nello stesso spirito del greenwashing [ambientalismo di facciata] e del pinkwashing [finta apertura all'emancipazione femminile]: un tentativo di migliorare l'immagine di Israele. Dopo una valanga di critiche, il ministro della Difesa Benny Gantz ha annunciato di aver "congelato" il programma in attesa di ulteriori chiarimenti.

Mentre l'amministrazione Trump è stata indiscutibilmente catastrofica per i palestinesi nella regione, il presidente Joe Biden ha accettato di ripristinare i finanziamenti all'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e ai vari gruppi di aiuto, e di comunicare con la leadership palestinese. Tuttavia, Biden rifiuta di riconoscere che la regione ha da tempo cessato di avere quella dei due stati come soluzione e che ora la lotta sta nella sfida a uno stato di apartheid in cui il governo israeliano controlla il territorio tra il Mediterraneo e la Linea verde, così come le terre occupate nel 1967.

Gli insediamenti ebraici continuano ad espandersi in profondità nella Cisgiordania, con le loro basi militari e le associate vie di accesso. La Valle del Giordano è sotto il pieno controllo di Israele e l'Autorità Palestinese si trova di fronte un arcipelago frammentato di bantustan. Gaza è totalmente isolata e sta affrontando un crollo continuo del sistema sanitario, economico, idrico, fognario ed elettrico a causa dell'assedio israeliano. Per contenere con successo la pandemia di COVID-19, l'occupazione deve terminare.

Le autorità palestinesi stanno negoziando forniture di dosi di vaccino da Russia, Gran Bretagna, OMS e da un consorzio internazionale chiamato COVAX, ma non è chiaro quando queste dosi arriveranno, come verranno distribuite, pagate e se raggiungeranno la Striscia di Gaza assediata. Quanti altri residenti di Gaza si saranno ammalati e quanti altri moriranno prima di quel giorno?

Fonte: truthout.org


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