www.resistenze.org - popoli resistenti - palestina - 12-04-21 - n. 785

Ghassan Kanafani

Associazione "Amicizia Sardegna-Palestina" | sardegnapalestina.org

2012

(Dall'introduzione de "La terra degli aranci tristi e altri racconti" Editore: Amicizia Sardegna Palestina, 2012)

Protagonista del movimento di resistenza palestinese, giornalista e scrittore, Ghassan Kanafani (1936-1972) è considerato dalla critica internazionale uno dei migliori autori arabi contemporanei. Jabra Ibrahim Jabra, critico letterario e a sua volta scrittore, lo pone all'altezza dell'egiziano Najib Mahfuz, premio Nobel per la letteratura1.

Quando la sua opera - quattro romanzi brevi, alcune raccolte di racconti, saggi, articoli e opere teatrali - cominciava a essere apprezzata e tradotta in Occidente, Kanafani fu ucciso, a soli 36 anni: l'interrogativo su quanto avrebbe potuto ancora dare se gli fosse stato dato di vivere più a lungo rimane aperto nel rimpianto di coloro che si sono occupati della sua figura. Ed è quanto intende sottolineare Francesco Gabrieli nell'introdurre la prima traduzione italiana del romanzo Ritorno a Haifa, «quanto avrebbe potuto ancora dare alle lettere, se la vita gli fosse durata!»

Nell'impegno al servizio della causa palestinese ha seguito un percorso che lo ha coinvolto progressivamente fino all'incarico di portavoce del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

Le tappe fondamentali della sua vita sono comuni a quelle che hanno segnato ogni palestinese: la nakba, "il disastro" del 1948 e l'esilio, l'assunzione dell'ottica politica, l'affermazione della specificità dei palestinesi come nazione, l'approdo alla convinzione che solo una lotta estrema potesse contrastare l'occupazione israeliana, fino alla sua morte, avvenuta per mano del Mossad, i servizi segreti israeliani che in quegli anni si dedicavano all'eliminazione sistematica dei quadri intellettuali palestinesi con quelle che con linguaggio neutro oggi sono chiamate "esecuzioni mirate": Kanafani fu fatto saltare in aria nella sua macchina l'8 luglio 1972, a Beirut.

Il diplomatico Diego Brasioli descrive con efficacia quanto accadde quel giorno: «L'8 luglio del 1972 era una giornata di caldo umido ed appiccicoso, a Beirut. Quel giorno lo scrittore-giornalista salì sulla macchina parcheggiata davanti a casa assieme a Lamis, la nipote appena sedicenne. La moglie Anni era in casa, con il figlio di nove anni Fayez. La figlia di Ghassan, Layla, sette anni, era tranquillamente seduta sull'uscio. Quando lui mise in moto, l'automobile esplose, mandando in frantumi tutti i vetri della casa. Anni corse in strada, e vide la carcassa dell'auto. Così questa donna discreta e cortese racconta, con ancora un groppo in gola, quel momento: "Trovammo il corpo di Lamis scaraventato qualche metro più in là, ma sulle prime non scorsi Ghassan. Lo chiamai, poi vidi la sua gamba sinistra. Rimasi paralizzata, mentre Fayez urlava battendo la testa sul muro di casa e Layla piangeva, implorando il papà".

Il muto corteo di migliaia di persone che sfilò l'indomani dietro la sua bara per le vie di Beirut piangeva in Ghassan Kanafani il più celebre e sensibile interprete della tragedia palestinese.

Se dovessi descriverla, questa tragedia, dovrei parlare della negazione di una vita normale per tanta gente, della spoliazione della terra, e della violenza. E se si volesse scrivere un romanzo che parli delle traversie del popolo palestinese, quale migliore vicenda che la stessa vita di Ghassan Kanafani? Una vera e propria metafora di questa dolorosa vicenda contemporanea, proprio a cominciare dalla sua più tenera infanzia».



Figlio di un affermato avvocato della borghesia agiata, Ghassan Kanafani nacque ad Acri (la San Giovanni d'Acri dei crociati) il 9 aprile 1936, nella Palestina allora occupata dagli inglesi. Era l'anno del lungo (sei mesi) sciopero generale a cui era seguita la rivolta armata che fino al 1939 aveva cercato di contrastare la politica inglese che mirava a consegnare il territorio palestinese al movimento sionista perché vi installasse una colonia la cui popolazione sarebbe stata costituita dagli ebrei europei. Nel giorno in cui compiva dodici anni, nel 1948, al comando di Menahem Beghin e Yitzhak Shamir, entrambi futuri primi ministri dello Stato d'Israele, le bande armate sioniste massacrarono gli abitanti di Deir Yassin: a partire da allora Ghassan non festeggiò più il giorno del suo compleanno. Poco dopo cadeva Giaffa, la città dove i Kanafani si erano trasferiti per motivi legati al lavoro del padre. Ritornarono ad Acri, ma anche questa città dopo pochi giorni cadeva a sua volta nelle mani delle forze sioniste e la famiglia dovette prendere la via dell'esilio trovando rifugio in un primo tempo sulle colline del Libano meridionale, poi a Damasco. Come tutti i palestinesi che furono espulsi dalle loro città, speravano di tornare al più presto nella propria terra, ma come per tutti, la vita dei Kanafani si trasformò in un esilio permanente.

Di famiglia musulmana, a Giaffa Ghassan aveva studiato nella scuola dei missionari francesi, un fatto che in Palestina allora era del tutto abituale dato che le diverse religioni convivevano solidali nel rispetto dei riti rispettivi, in una sorta di monoteismo esercitato tacitamente per abitudine culturale. Nell'esilio proseguì gli studi nelle scuole statali di Damasco e, finito il liceo, mentre ancora studiava lettere, insegnò in uno dei campi profughi, in una scuola elementare dell'UNRWA, l'Agenzia creata dalle Nazioni Unite appunto per assistere i profughi.

In quegli anni l'ambiente delle scuole secondarie e dell'università di Damasco, dove erano arrivati migliaia di giovani palestinesi, ribolliva di idee nazionaliste e socialiste. Come in Libano, nell'Università Americana di Beirut in particolare, anche a Damasco si affermò il Movimento dei Nazionalisti Arabi (MNA), di orientamento panarabista impregnato di ideali socialisti. Il giovane Ghassan fu tra i primi ad aderire al MNA che era formato da un gruppo di intellettuali tra qui spiccava la figura del palestinese cristiano George Habash, successivamente leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP).

Poco più che ventenne, nel 1956, abbandonò gli studi universitari e l'insegnamento nei campi profughi per andare in Kuwait a raggiungere un fratello e una sorella che, come molti palestinesi dopo la nakba, vi si erano trasferiti per sostenere col loro lavoro i familiari ormai profughi. Questo secondo esilio, e il sopravvenire di una grave forma di diabete, acuirono nel giovane Ghassan il senso dell'urgenza all'azione, in un periodo in cui molti si abbandonavano al pessimismo e allo sconforto.

È in questi anni che cominciò a pubblicare un numero crescente di articoli e di racconti tra i quali La terra degli aranci tristi che dà il titolo all'omonima raccolta costituita da dieci racconti brevi, pubblicata a Beirut nel 1962 col titolo Ard al-burtuqal al-hazin. I racconti che la compongono sono stati scritti tra il 1956 e il 1962, gli anni che hanno segnato le tappe fondamentali nella vita dell'autore: l'adesione al MNA, il trasferimento in Kuwait, l'avvio dell'attività giornalistica in Libano e soprattutto l'intensificarsi del suo impegno politico.

Nel 1960 Kanafani si trasferì a Beirut, in un primo tempo per occuparsi delle pagine culturali del settimanale vicino al MNA, «al-Hurriyya», e in seguito per svolgere il lavoro di redazione nel quotidiano «al-Muharrir» di cui presto sarà redattore capo. La sua produzione letteraria, man mano pubblicata sui quotidiani di Beirut, lo fece conoscere ben presto come abile scrittore. E a Beirut conobbe e sposò la ricercatrice e insegnante danese Anni Hoover che in Libano svolgeva il suo lavoro di ricerca sulle scuole nei campi profughi.

Il 1961 per Ghassan fu particolarmente importante: scrisse il romanzo breve Uomini sotto il sole, la storia di tre emigranti che chiusi dentro un'autocisterna tentano di entrare in Kuwait da clandestini e che durante una sosta al confine muoiono soffocati per il caldo. La loro meta è solo un miraggio, sullo sfondo si intravvede la ricerca di un improbabile sostituto della propria terra e delle opportunità perdute: i tre pagano con la vita la pretesa di realizzare quello che non può che rimanere un sogno. Il romanzo ebbe un enorme successo e fece di Kanafani ancora giovanissimo un modello letterario per la sua generazione. Fu tradotto in molte lingue e nei diversi linguaggi artistici: il regista egiziano Tawfiq Saleh ne trasse un film, Gli ingannati, e varie compagnie teatrali lo hanno adattato con successo per il teatro.

In quell'anno a Beirut incontrò il giovane Naji al-Ali, il vignettista che con linee precise ed essenziali ha tracciato il famoso personaggio di Handala, ambigua figura maschile che può essere quella di un bambino o quella di un vecchio, ripreso di spalle con le mani congiunte dietro la schiena come a rappresentare la pazienza e l'attesa di cui devono dotarsi i palestinesi nella loro tragedia. Un incontro che sarà decisivo per Naji al-Ali, come dirà egli stesso, e che lo indurrà a dedicarsi al disegno come mezzo espressivo che gli sarebbe stato congeniale per veicolare un messaggio politico di speranza. Fino a quando non fu ucciso a sua volta, come Kanafani, il 29 agosto del 1987.

Subito dopo la guerra del 1967 e in seguito all'occupazione israeliana di altri territori palestinesi, nuove ondate di espulsi, molti di essi profughi per la seconda volta, si riversarono nei paesi vicini. Si determinarono così le condizioni per movimenti di guerriglia che cominciarono ad assumere dimensione di massa. In questo contesto nacque, dall'interno del Movimento dei Nazionalisti Arabi, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina guidato da George Habash. Ghassan Kanafani fu tra i promotori della nuova formazione, membro dell'ufficio politico, portavoce e responsabile delle attività culturali.

L'attività politica non gli impedì di dedicarsi alla scrittura: oltre agli articoli politici e sociali per «al-Anwàr», per «al-Muhàrrir» e per altri quotidiani di Beirut, scrisse una serie di articoli a carattere satirico con lo pseudonimo di Fares Fares. Sarà Kanafani a parlare, a proposito della specificità della lotta palestinese, di "letteratura della resistenza" (adab al-muqàwama), e ad auspicare l'impegno politico e il coinvolgimento diretto degli intellettuali. È del 1967 il saggio La letteratura della resistenza nella Palestina occupata, in cui sottolineava appunto il carattere politico che aveva assunto la scrittura di coloro che vivevano in Palestina sotto il dominio israeliano.

Il 1967 fu un anno particolarmente fecondo per la produzione letteraria di Kanafani. Nella situazione della nuova guerra scrisse il suo romanzo più famoso, Ritorno a Haifa, storia di una coppia di palestinesi che tra dubbi e interrogativi ritorna nella città abbandonata nella nakba, la catastrofe del 1948, nel corso della quale avevano anche perso il loro bambino. Nella casa dove vivevano un tempo troveranno nuovi abitanti, una famiglia di ebrei polacchi scampati all'Olocausto, e ritroveranno anche il figlio, lasciato nella culla nella confusione della fuga: amaro incontro, perché il giovane, cresciuto nella nuova famiglia e divenuto a tutti gli effetti un israeliano, soldato dell'esercito occupante, con acrimonia rimprovera ai genitori naturali di averlo abbandonato. Il momento storico è diverso rispetto a quello di Uomini sotto il sole, l'invito esplicito è ad affrontare la realtà e a impegnarsi nella resistenza. Molti critici sono del parere che Uomini sotto il sole sia il romanzo di Kanafani più riuscito per la complessità dei diversi piani della narrazione, ma Ritorno a Haifa è diversamente apprezzabile perché movimentato da scene che si susseguono dolorosamente, tratteggiate con efficace sgomento. Esempio di scrittura sulla violenza e l'ingiustizia e nonostante questo atteggiato a una forte solidarietà, Ritorno a Haifa inaugura la narrazione del tema delle "vittime delle vittime" successivamente elaborato da Edward Said nel saggio il cui titolo italiano è appunto La questione palestinese. La tragedia di essere vittima delle vittime.

Se fino al 1967 aveva fatto oggetto di scrittura il dramma quotidiano dei profughi, nelle opere del periodo successivo alla disperazione subentra la speranza nella nuova generazione disponibile alla lotta armata. Nei suoi primi racconti le storie individuali dei profughi, schiacciati tra l'occupazione e l'esilio, sono alimentate dal comune atteggiamento dei palestinesi che, impegnati a ricostruirsi una vita individuale dopo il naufragio della loro società, sembravano subire la perdita della loro patria. Ma dalla mancanza di prospettive presente in La terra degli aranci tristie in Uomini sotto il sole, con i successivi Ritorno a Haifae con La madre di Sa'd, il suo ultimo romanzo pubblicato in vita, si fa più chiaro il messaggio alla ribellione per far sì che i palestinesi superino la loro condizione di sradicati privati della propria dignità.

Negli ultimi anni, fino all'attentato che lo ha ucciso, si è dedicato al giornalismo ancora più intensamente che nel passato: a partire dal 1969 diresse il settimanale «al-Ha-daf», portavoce del FPLP. Migliaia di persone parteciparono ai suoi funerali. La fondazione istituita dalla vedova Anni continua l'opera di Kanafani occupandosi dell'educazione dei bambini nei campi profughi del Libano. (...)

Per note ed elenco opere vedi sardegnapalestina.org


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