www.resistenze.org - popoli resistenti - palestina - 09-06-25 - n. 934

Due Stati oppure uno solo?

Tiziano Tussi

05/06/2025

La questione dello stato della Palestina si può declinare così: due stati oppure uno solo per palestinesi ed ebrei, più altre minoranze presenti in quel luogo. La richiesta continua da parte di molti politici per il progetto dei due stati naturalmente non fa i conti con la realtà, neppure quella geografica, del luogo. Quale sarebbe lo stato palestinese, con quale territorio, visto la lontananza dei due terreni più importanti, il patchwork di terre in mano ai coloni israeliani ebrei nei territori del supposto stato palestinese. Quindi rimane l'opzione di uno stato unitario. Per tutti gli uomini e le donne presenti in quelle latitudini. La difficoltà per questa realizzazione è imponente ma pare proprio che altra via d'uscita non vi sia. Ed è da tempo che numerose voci di intellettuali e studiosi soprattutto palestinesi, lo propongono.

Vediamo un po' il susseguirsi di queste proposte con alcuni esempi. Partono da lontano. Il primo cui potremmo indirizzarci è Edward W. Said che è stato un famoso studioso palestinese docente universitario negli USA, morto nel 2003. In un suo libretto vede in questa risoluzione l'unica possibilità. Il testo porta il titolo La convivenza possibile, pubblicato in Italia da Internazionale quando questa rivista aveva ben altro appeal sulle questioni mondiali rispetto al giorno d'oggi. Nel 1999, con la prefazione di Igor man, figura di spicco del giornalismo italiano, impegnato e partecipe alle cose che scriveva, sulla Stampa di Torino. Una raccolta di articoli che sono stati scritti verso la fine del secolo scorso. L'ultimo che si intitola proprio Uno stato per due popoli, dal New York Times del 10 gennaio 1999, termina così nelle ultime righe: "Occorre partire da qualcosa che ora manca totalmente nella realtà palestinese e israeliana: il concetto e la pratica della cittadinanza, e non della comunità etnica e razziale, come mezzo principale della coesistenza…Le alternative sono terribilmente semplici: o la guerra continua o si cerca attivamente una soluzione, basata sulla pace e sull'uguaglianza…". (p. 90/91) Parole di circa 25 anni fa. Nulla di più semplice ma difficile da fare capire.

Ma alla luce delle politiche del governo di Israele e delle fazioni di lotta palestinesi l'unica cosa che sembra interessare è la nullificazione dell'altro. Come se questo fosse possibile. La nullificazione significa fare in modo che l'altro scompaia dalla terra che si vuole liberare. Come se ciò fosse possibile. "L'obiettivo di Israele, scriveva Said, in modo preveggente, era quello di rendere i palestinesi invisibili." Questo passo lo si trova in un libro dello scorso anno, molto istruttivo, di Enzo Traverso, Gaza di fronte alla storia (86) Israele viene descritto come "un processo continuo di redenzione" da Amnon raz-Krakotzkin, un docente universitario ebreo (stesso libro, stessa pagina). Con queste premesse non si raggiunge nessun risultato stabile, né verso i due stati, neppure verso uno e neppure verso la nullificazione del nemico. Ma è il processo di redenzione che accompagna gli ebrei dopo l'olocausto nazista della Seconda guerra mondiale che impedisce un reale discorso sullo stato da costruire con i palestinesi. Ed è il fanatismo dell'inganno e del miraggio della scomparsa degli ebrei da quei luoghi che tiene in piedi la cieca intolleranza verso gli ebrei. Di chi è la colpa primaria. Difficile attribuirlo con certezza: gli ebrei, gli inglesi, i palestinesi, gli stati arabi, il mondo intero, l'antisemitismo? Penso che oramai sia inutile ricercare questa primogenitura. Occorrerebbe mettersi al lavoro per superare l'impasse permanente. E perciò andare verso la costruzione dello stato laico per tutti, altro non pare esserci.

Su Le monde diplomatique del marzo 2007 Leila Farsakh scrive che autorevoli intellettuali, Edward Said, Illian Pappe ed altri hanno discusso per approdare alla soluzione di un solo stato (l'articolo si trova in rete). Titolo del pezzo: E arrivata l'ora di uno stato binazionale? Circa una decina di anni dopo, l'Observateur (Obs), sempre in Francia raccoglie la posizione di uno storico negoziatore palestinese, Saeb Erakat che dice : "…rimane una sola alternativa: uno stato unico nel quale israeliani e palestinesi vadano a coabitare con gli stessi diritti."(16 gennaio 2018) Nel 2021, Vera Pegna, una novantenne molto presente sulla questione, ne Il manifesto, ci dice anche lei che la questione "…dei due popoli due stati garantisce ad Israele [] il compimento del progetto sionista di uno stato ebraico in Palestina con il minor numero possibile di palestinesi (pare quello che sta accadendo ora, n.d.r.) Stesso giornale, nel 2023 intervista un antropologo israelo-americano, Jeff Halper. "Il 7 ottobre è stato davvero orrendo, ma non credo che abbia aiutato la causa palestinese, e neanche la gente di Gaza dove non esiste più nessuna economia…dobbiamo lottare ma per un solo stato, unica via perché tutti i rifugiati possano tornare a casa." (11 novembre 2023)

Sul sito Appunti di cultura politica - rivista cattolica democratica, Guido Formigoni, il 27 dicembre 2023 scrive, ricordando la legge del 2018 che ha fatto di Israele lo stato nazione del popolo ebraico, che questa unilateralità non porta a nulla di buono e che si deve uscire da questo stato di cose. Su Avvenire del giorno dopo, vengono messi in fila alcuni dati. La minoranza palestinese tanto minoranza non è. I cittadini israeliani arabi sono circa 2 milioni su 7 milioni di ebrei. Ed ebrei e palestinesi, a diverso titolo, sono in tutto attorno ai 7 milioni per etnia-religione. Insomma, già vivono vicini, ma con limitazioni e differenze giuridiche evidenti. L'Autore, Antonio Mattiazzo, vescovo emerito di Padova, richiama anche gli esempi del nostro Alto Adige o Valle d'Aosta per una possibile convivenza.

Mentre in un articolo online dell'Ispi, il 12 marzo 2024, viene proposto, a firma di Giorgio Fruscione, l'esempio della ex Jugoslava come possibilità di coabitazione, considerando come l'opzione di un solo stato sia l'unica che possa stare in pedi. Per ritornare un poco sulle fissità comportamentali delle due parti, sempre Said, ricorda Enzo Traverso, (Il manifesto 24 marzo 2024) ci dice che lo stesso era sempre stato avverso al terrorismo palestinese, in dichiarazioni e scritti dell'inizio del secolo. Si possono trovare anche sforzi di analisi per un solo stato in situazioni locali, in discussioni di comuni piccoli o di provincie non proprio centrali come, ad esempio, il caso del comune di Biella del 21 maggio 2025: "Palestina: un solo stato senza apartheid"? Titolo di un intervento in quella sede consigliare. Insomma, la tematica è stata agitata a più livelli ed in più anni anche in Italia. Avvenire, 22 maggio 2025, riporta la dichiarazione di Hussein al Sheikh, vicepresidente dell'ANP, che dichiara che, se fosse per lui firmerebbe subito la pace anche con "…uno stato unico, nel quale tutti i cittadini abbiano uguali diritti." E lasciamo perdere la considerazione dell'ANP ora.

David Grossman, importante letterato israeliano ci dice, La Repubblica 21 maggio 2025 "...ciò che ha causato Hamas il 7 ottobre oggi è irrilevante davanti alla sofferenza di questi bambini e dei civili innocenti."  Parole pesantissime e precise. E finiamo con Anna Foa che sempre sullo stesso giornale il 27 maggio 2025 ribadisce che quello che ha fatto Hamas è stata una mattanza e lo scopo è speculare a quello perseguito da Netanyahu."

Con questo chiudiamo il cerchio. Ognuno può arzigogolare su questa ultima affermazione. In ogni caso sarebbe opportuno capire che la vita sociale non avanza secondo schemi magici. Non è possibile pensare ad un desiderio di situazione verso l'altro e che quel desiderio si avveri. Occorre lavorare assieme, socialmente, per vivere sempre meglio.


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