www.resistenze.org - popoli resistenti - perù - 26-04-11 - n. 361

da Rebelion.org - www.rebelion.org/noticia.php?id=126982
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Perù, alle porte di un cambiamento geopolitico
 
di Raúl Zibechi
 
23/04/2011
 
La seconda tornata elettorale delle elezioni presidenziali del 5 giugno, può determinare un importante cambiamento nei rapporti di forza in Sudamerica. Se la vittoria sarà di Ollanta Humala, il che sembra probabile, sarà un altro elemento sfavorevole per gli Stati Uniti. Se invece, la vittoria sarà di Keiko Fujimori, si aprirà una fase d’instabilità politica e sociale che potrebbe produrre una crisi di governabilità.
 
Nelle elezioni precedenti Humala aveva raccolto il 30%, perdendo al ballottaggio con Alan Garcia. Questa volta ha già migliorato i risultati precedenti arrivando a sfiorare il 32%, ma deve vedersela con la figlia di Alberto Fujimori, che fu al potere in modo autoritario e dittatoriale dal 1990 al 2000. In quegli anni fece un golpe e fu al centro di grandi scandali per corruzione, nei processi che seguirono fu condannato a 25 anni di prigione.
 
Pure il conservatore Mario Vargas Llosa ha dichiarato che al ballottaggio voterà per Humala, e lo stesso ha fatto l’ex presidente Alejandro Toledo, che ha ottenuto il 15% dei voti .
 
Se consideriamo lo scenario politico peruviano dalle tre coordinate che propongo per l’analisi della fase in corso (i rapporti fra gli Stati, il ruolo dei movimenti antisistemici e il benessere), è evidente che la vittoria di Humala produrrebbe dei cambiamenti solo per ciò che riguarda la prima coordinata. Per quanto riguarda le altre due, al contrario, ci sarà più continuità che cambiamento.
 
Il Perù è un paese chiave per la strategia di controllo egemonico della potenza in via di declino, gli Stati Uniti. Nell’ultimo mezzo secolo, salvo il breve periodo del governo militare di Juan Velasco Alvarado (1968-1975), allineatosi con l’Unione Sovietica e che fece una riforma agraria, la presenza statunitense è stata costante e massiccia. Il Perù é una delle principali vie di accesso all’Oceano Pacifico della regione, connette i paesi caraibici con il Cono Sud, permette l’accesso all’oceano anche ai paesi sempre instabili come la Bolivia, alla zona amazzonica e soprattutto ha una lunga frontiera con il Brasile. Il Pentagono in Perù ha parecchie basi militari che fanno parte dell’anello che circonda il Brasile. La costruzione della nostra uscita strategica verso il Pacifico è fondamentale per aumentare la nostra capacità di esportazione, ha indicato Aloizio Mercadante in un incontro di studi strategici tre anni fa. Ministro di Scienza e Tecnologia del governo di Dilma Rousseff, Mercadante è uno dei più importanti dirigenti del Partito dei Lavoratori (PT) di Lula, figlio di un noto ufficiale dell’esercito e fratello del colonnello Oswaldo Oliva Neto, uno dei principali strateghi dei governi del PT. Le grandi opere che fanno parte della IIRSA (Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana) tracciano una decina di assi di comunicazione polifunzionali tra l’Atlantico e il Pacifico, assi portanti di un tipo d’integrazione che favorisce la circolazione di merci da e verso l’Asia, e di cui beneficia la borghesia paulista. Vari corridoi che compongono l’IIRSA confluiscono nei porti del sud del Perú e raccolgono la produzione brasiliana di un’enorme area, dalla conca delle Amazzoni ai porti e città del sud e sudest brasiliani, dove si concentra la produzione della settima potenza industriale del pianeta.
 
Lo scontro d’interessi tra Washington e Brasilia é evidente e promette forti tensioni nelle elezioni peruviane. Non è un caso che due dei consulenti per la campagna presidenziale di Humala siano del PT brasiliano, i quali hanno avuto un ruolo importante nella creazione della nuova immagine che proietta il candidato etnocacerista [1] verso la classe media di Lima.
 
Anche se il Perù ha firmato un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, limitando il suo margine di manovra, dal punto di vista geopolitico l'alleanza con il Brasile in un ipotetico governo Humala fornirà progetti a lungo termine e, in particolare, permetterebbe di accelerare la costruzione di un solido accesso al Pacifico.
 
L’altro interesse del Brasile in Perù é l’energia. Nel giugno del 2010 è stato firmato l’Accordo Energetico Brasile-Perù per l’esportazione dell’energia in surplus delle cinque centrali idroelettriche che saranno costruite sul fiume Inambari, nel sud peruviano. Le centrali sono state finanziate dal Brasile e saranno costruite da grandi aziende brasiliane, poiché l’interesse carioca è consumare i 6.673 MW che verranno esportati quasi integralmente. Il Perù ha un consumo di appena 5 mila MW e non ha bisogno di produrre più elettricità, mentre il suo vicino é in piena espansione e ne ha un bisogno urgente.
 
Sul piano interno, Humala si consolida al sud, superando il 60% nelle regioni di maggior tradizione di lotta contadina, come Puno o Cuzco.
 
Ha superato il 50% dei voti in zone andine come Huancavelica e Apurímac, e ha raccolto ampio consenso alle Amazzoni, regione di frontiera con l’Ecuador, dove due anni fa c’è stata la ribellione di Bagua in difesa dei beni comuni. Il peggior risultato l’ha avuto a Lima, dove ha raccolto solo il 20%, ma ha vinto in quartieri poveri. A Villa El Salvador, che ha saputo essere il punto di riferimento dei movimenti urbani per la sua capacità di organizzazione, ha vinto Fujimori, il che dimostra la crisi sociale provocata dalla guerra di Sendero Luminoso e la sconfitta delle sinistre elettorali.
 
La borghesia di Lima, che sogna Miami e volta le spalle alle Ande, vuole rivivere l’ordine gerarchico coloniale, scegliendo ancora una volta l’autoritarismo che incarna Fujimori, con la speranza di rifare i lucrosi affari degli anni ‘90. Ma ora non ha più il consenso nazionale e internazionale di quell’epoca.
 
NdR
1. Il movimento etnocacerista, nato nel 2000 alla fine della dittatura di Fujimori, è un'organizzazione politico militare la cui base sociale è costituita dai riservisti delle forze militari. I suoi postulati ideologici e politici si basano sul “conflitto inter-etnico” che definiscono il superamento della concezione marxista della lotta di classe.
 
 

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