www.resistenze.org - popoli resistenti - pakistan - 24-06-08 - n. 233

da www.newworker.org - New Worker Special Feature
 
Progressi e problemi irrisolti sul lavoro forzato in Pakistan
 
Liberi ma nullatenenti
 
30/5/2008
 
Migliorano le prospettive per 30.000 ex lavoratori forzati, rilasciati dopo generazioni di schiavitù, nella provincia sindi del Pakistan dopo la visita di esponenti di istituzioni benefiche cristiane statunitensi ai campi dove attualmente dimorano: liberi ma senza terra e lavoro. Le Nazioni Unite anche si stanno interessando del problema del loro reinserimento, provvedono agli approvvigionamenti di cibo e soprattutto acqua, nell'attesa che venga deciso il loro futuro.
 
Ma attivisti e avvocati in lotta contro il lavoro forzato sono minacciati quotidianamente di morte: una recente bomba incendiaria a causato 19 morti, si tratta quindi di minacce reali. Gli attivisti chiedono la massima risonanza per il loro impegno, perché siano scoraggiati i proprietari fondiari assassini e i loro sicari.
 
Mukhtar Rana, attivista veterano per i diritti sindacali e contro il lavoro forzato, attualmente in esilio a Londra, ci ha riferito che organizzazioni benefiche cristiane stanno progettando di comprare delle terre da affidare a queste persone in modo che possano coltivarle e garantirsi il sostentamento.
 
Ma restano molti problemi irrisolti. I 30.000 rilasciati non sono che una piccola minoranza dei 2 milioni di lavoratori forzati del Pakistan.
 
Il nuovo governo insediato ad inizio anno dopo l'assassinio di Benazir Bhutto ha promesso la fine del lavoro forzoso ed esiste una speranza reale perché ciò accada. I governi precedenti avevano bandito il lavoro forzoso, ma poi ne hanno negato l'esistenza. L'anno scorso a seguito di una visita del Primo Ministro britannico, Musharraf, la cui autorità si va vieppiù indebolendo dopo le elezioni di febbraio e per la rabbia popolare conseguente all'assassinio di Benazir Bhutto, aveva promesso la guerra al sistema del lavoro forzato in Pakistan, concedendo anche promozioni ai proprietari fondiari che avessero rilasciato gli schiavi.
 
Il lavoro forzato esisteva nell'area dell'attuale Pakistan da molto prima che il paese fosse diviso dall'India. La maggior parte dei lavoratori forzati sono della minoranza Haris, un gruppo etnico all'interno del Pakistan che parla il dravida e indù, non musulmani. Essi sono socialmente separati dalla componente principale della popolazione pachistana e la loro supplica è stato ignorata dai governi sin dalla separazione.
 
Il lavoro forzato è stato vietato da una legge del 1992 - Bonded Labour System (Abolition) Act - ma l'Alta Corte Sindi nel 2002 rigettò 94 istanze di liberazione di lavoratori forzati, dichiarando che erano questioni da risolvere tra i proprietari fondiari e i loro fittavoli secondo la legge sindi del 1950 che regola "la proprietà e l'affitto".
 
Ma alcuni avvocati hanno intrapreso istanze e uno studio della Banca di Sviluppo asiatico ha confermato l'esistenza di Haris forzati, specialmente nei distretti di Thatta, Badin, Mirpurkhas e Sanghar, cosa che ha costretto il governo provinciale sindi a riconoscere l'esistenza del lavoro forzato.
 
"Quando abbiamo avviato cause per liberare i lavoratori forzati, siamo stati minacciati di morte da parte di vari possidenti" ha detto Mukhtar Rana al New Worker, "ma l'ex Presidente della Corte Suprema in Pakistan sosteneva la nostra causa contro il lavoro forzato e aveva anche arrestato uno dei maggiori proprietari terrieri per il sequestro di una famiglia che era stata rilasciata.
 
"La campagna intrapresa dai nostri volontari ci ha consentito di liberare 30.000 persone. Si pone quindi il problema dell'alloggio e del loro sostentamento. Vari gruppi caritatevoli di diversi paesi hanno portato aiuto…"
 
"La stampa americana ha aiutato a divulgare la causa dei lavoratori forzati, specialmente tra i Sindi e l'ONU ha inviato suoi rappresentanti. Con grande sorpresa e gioia la Caritas è venuta ed ha cominciato ad acquistare terre da coltivare per gli ex forzati".
 
L'attuale Presidente della Corte Suprema in Pakistan, Iftikar Chaudhry, sostiene la campagna contro il lavoro forzato. L'anno passato quest'uomo fu rimosso dal suo ufficio dal Presidente Musharraf ed arrestato, cosa che ingenerò la protesta degli avvocati e trovò l'appoggio popolare. Musharraf assurto al potere con il colpo militare dell'autunno scorso, ha tentato di dare al suo regime una sembianza di democrazia predisponendo la sua elezione all'interno di un parlamento controllato e dimettendosi dall'esercito, così da non contravvenire all'incompatibilità tra cariche militari e politiche come vuole il dettato costituzionale ".
 
Ma Iftikar Chaudhry e la magistratura negarono la validità della presidenza di Musharraf. Chaudhry venne nuovamente arrestato e gli avvocati dichiararono lo stato di emergenza. In quel frangente alcuni proprietari terrieri e i loro alleati militari attaccarono i campi degli ex forzati.
 
Musharraf, sotto la pressione nazionale ed internazionale fece cessare lo stato di emergenza ma non liberò il Presidente della Corte Suprema e gli avvocati fin a che non fossero pronte le elezioni parlamentari di quest'anno. Benazir Bhutto era tornata dall'esilio per le elezioni, così come Nawaz Sharif, il primo Ministro cacciato dal colpo di stato di Musharraf.
 
Durante la campagna elettorale si sono susseguiti due attentati contro Bhutto ed il secondo è riuscito. Vi fu un'ondata di indignazione popolare e il servizio segreto di Musharraf fu sospettato di non aver evitato l'assassinio o addirittura di essere direttamente coinvolto. Nelle elezioni seguenti il partito di Musharraf fu spazzato via dal parlamento.
 
Il risultante governo era una coalizione tra il Partito Popolare del Pakistan di Bhutto e la Lega Musulmana di Nawaz Sharif, oramai già divisi. Sharif si dimise in segno di protesta quando la leadership del PPP, sebbene rilasciasse Chaudhry e gli altri avvocati, tentò di ridurre il termine del loro incarico cosicché entro due mesi dovessero essere sostituiti.
 
Aslam Rana, un dirigente attivista che lavora nei campi degli ex forzati, ha detto dal Pakistan al New Worker: "Sotto il nuovo governo democratico siamo riusciti a liberare altri 1.500 lavoratori forzati tra marzo e aprile, inclusi donne e bambini. La difficoltà principale è liberare queste persone. Ma una volta in libertà si trovano in piena povertà; non abbiamo risorse.
 
"Dei rappresentanti dello stato hanno visitato i campi e constatato la criticità della situazione. Il governo ci ha aiutato nella liberazione ma ora queste persone hanno bisogno di tutto, qui non ci sono scuole, servizi sanitari… si vive al limite della sopportazione...
 
"Ricevo minacce di continuo, tanto più ora che abbiamo successo. I ricchi possidenti terrieri non vogliono perdere la sfida; guardano a queste persone come loro proprietà e loro risorsa. Io temo la collera di quegli uomini e dei loro sgherri. Ci denunciano anche alla polizia con false accuse di attività criminale.
 
"Aiutateci a divulgare questa notizia. Quanto più sarà nota, meglio sarà".
 
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare