www.resistenze.org - popoli resistenti - pakistan - 01-06-09 - n. 276

da www.counterpunch.org/leupp05292009.html
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Il principale risultato della "guerra al terrore"
 
La destabilizzazione del Pakistan
 
di Gary Leupp
 
29-31 maggio, 2009
 
Il principale risultato finora conseguito dall'invasione statunitense dell'Afghanistan a seguito degli avvenimenti dell'11 settembre, è la destabilizzazione del Pakistan. Tale esito è si è manifestato pienamente in occasione dell’attacco dell'Esercito Pakistano sulla città di Mingora, la più importante della Valle di Swat: una città di 375.000 abitanti dalla quale non meno di 20.000 sono fuggiti quando sono arrivate le forze governative, mitragliando dagli elicotteri. Si è scatenata una guerriglia urbana, con lotte casa per casa, non già sul confine afgano ma 50 chilometri nell'interno, appunto nella Valle di Swat. Le truppe pakistane intendono recuperare la vicina stazione sciistica di Malam Jabba che i Talibani, dallo scorso anno, stanno utilizzando come centro di addestramento e base logistica. Circa due milioni di persone fuggono dai combattimenti nella valle e in 160.000 affollano i campi profughi approntati dal governo.
 
Naturalmente i "danni collaterali", sono innumerevoli, come riportato nel The News in Pakistan del 19 maggio:
 
"Testimoni oculari e fonti ufficiali riferiscono che sono numerose le persone uccise e ferite, tra cui donne e bambini, durante la fuga dalle operazione militari nella città di Matta mentre le famiglie tentavano di attraversare un sentiero di montagna per raggiungere la località di Karo Darra nella regione di Upper Dir, lunedì. I testimoni oculari, sfuggiti all'attacco o che feriti hanno raggiunto la città di Wari nel distretto di Upper Dir, hanno detto che sono stati presi di mira dalle mitragliatrici degli elicotteri. La versione dei funzionari di polizia invece sostiene che potrebbero essere stati colpiti da proiettili vaganti. La popolazione locale aveva avvistato circa 12- 14 corpi sulla montagna, ma per timore di un nuovo attacco aereo, non sono andati a recuperare i cadaveri, né ad aiutare i feriti".
 
Uno scenario da incubo per il Pakistan
 
L'esercito pakistano combatte a più riprese dallo scorso anno per riconquistare le città sotto controllo dei talebani nella regione di Buner a nordovest del paese, aree molto più vicine alla capitale Islamabad che alla frontiera afgana. E nonostante i Talebani non sembrano godere, almeno apparentemente, dell'appoggio popolare nemmeno tra i pashtun (che sono 26 milioni in Pakistan, circa il 15% della popolazione del paese e 14 milioni in Afghanistan, il 42% della popolazione afgana), essi sono stati in grado di infliggere sconfitte imbarazzanti all'esercito.
 
Il leader talebano Baitullah Mahsud, capo militare nel sud del Waziristan, ha stabilito la propria autorità quando le sue forze hanno catturato 300 soldati pakistani, per poi scambiarli poi con una trentina di militanti imprigionati nell'autunno del 2007. Di volta in volta diversi (a volte rivali) gruppi "talibani", che in Afghanistan non esistevano prima che l'invasione degli Stati Uniti li generasse, hanno costretto il governo a negoziare. Più di recente, nel febbraio 2009, Islamabad ha autorizzato a istituire la Sharia nella Valle di Swat in cambio della pace. I Talebani hanno rotto l'accordo in aprile, o almeno così si dice, e l'esercito afferma di aver ucciso 1.100 militanti.
 
Ma curiosamente domenica l'esercito pachistano affermava di aver ucciso solo 10 Talebani e vantava di aver occupato "un posto soprannominato 'Incrocio sanguinoso' poiché lì i militanti, di abitudine, mutilano i corpi delle loro vittime". Lunedì ho letto di altre quattro morti, ma i militanti talebani hanno annunciato tramite un portavoce che nella città avrebbero mantenuto "presidi", il cessate il fuoco, l'invito ai civili di rientrare. Sembra si siano ritirati in altre città, tra cui Buner e Daggar dove la lotta prosegue adesso. Tutto ciò evidentemente è possibile per i Talebani grazie alla copertura delle masse dei rifugiati.
 
Si pensi a ciò che è accaduto, se questo fosse o meno il piano consapevole di Osama bin Laden: il movimento ideologico locale, su base etnica, più ricettivo (vale a dire i Talebani, o più precisamente, i gruppi di Talebani sul confine con il Pakistan) è fiorito a seguito dell'attacco degli Stati Uniti sull'Afghanistan, in risposta all'11 settembre. La risposta imperialista all'11 settembre ha infiammato l'etnia Pashtun. Il rovesciamento del regime dei Talebani ha suscitato indignazione tra molti pakistani come tra gli afgani pashtun. Alcuni militanti in fuga verso est si sono incontrati con i Pasthtun, in circostanze più difficili di quanto avrebbero voluto e al di là della simpatia politica.
 
Il tuono degli attacchi missilistici, i civili morti, le sprezzanti smentite ufficiali, i ripetuti oltraggi alla sovranità nazionale, la connivenza del regime al potere, hanno adirato molti pakistani, e forse la maggior parte. Mentre i Talebani si riorganizzavano tranquillamente nel sud dell'Afghanistan, obbligando i generali statunitensi a concludere che una soluzione militare alla guerra non fosse possibile, bande religiose di "studenti" riunite attorno ai capi tribali e ai signori della guerra in Pakistan, che costituiscono l'orbita del "Movimento dei Talebani" o il Tehreek-e-Taleban sotto Mahsud, sono state in grado di generare questo caos.
 
In precedenza, l'esercito pakistano era stato schierato contro le forze indiane. Ma le forze pakistane, in cui predomina l’etnia pashtun, non si erano mai confrontate, o preparate allo scontro con i jihadisti pashtun fanatici, in particolare quando la questione in gioco era l'applicazione della Sharia. Non sorprende la loro pessima prestazione e che Islamabad sotto pressione abbia siglato a febbraio un accordo per l'attuazione della legge islamica nella Swat Valley. Il segretario alla Difesa americano Gates può criticare tale comportamento affermando: "Vogliamo sostenere [i pakistani]. Noi vogliamo aiutarli in qualsiasi modo possibile. Ma è importante che riconoscano la vera minaccia per il loro paese". Ed il segretario di Stato Hillary Clinton può dire al Congresso: "Penso che il governo pakistano stia sostanzialmente abdicando in favore dei Talebani e degli estremisti [facendo un accordo di pace in Swat]. Cambiare mentalità e modelli di riferimento non è facile, ma credo vi sia una crescente consapevolezza nel governo pakistano e anche nel popolo pakistano che questa insurrezione approssimandosi sempre di più alle grandi città rappresenta una minaccia".
 
E' facile dare lezioni, giudicare le azioni di un altro governo di fronte a una crisi. Ma non è forse evidente che quella che la Clinton, almeno da aprile, chiama la "minaccia esistenziale" del Pakistan non sarebbe così vicina se gli Stati Uniti non avessero risposto all'11 settembre con i bombardamenti in Afghanistan e il rovesciamento dei Talebani? Il Presidente Pervez Musharraf ha ricordato che il vice segretario di Stato Richard Armitage disse subito dopo l’11 settembre di "Prepararsi a tornare all'età della pietra", se egli non avesse collaborato con gli Stati Uniti nella guerra al terrorismo. La minaccia esistenziale in Pakistan è stata l'amministrazione Bush!
 
L'amministrazione Bush ha fatto pressioni su Musharraf per dispiegare l'esercito nelle province di confine dove non era mai stato impegnato e dove la sua stessa presenza è stata percepita come una provocazione. Il risultato è stato l'"accordo di pace" del settembre 2005 in cui il governo ha deciso di fermare le operazioni militari lungo il confine e smantellare i checkpoint in cambio dell'impegno dei capi tribali di porre fine al sostegno alle milizie e di prevenire le incursioni in Afghanistan. Per il regime è stato un tentativo di salvare la faccia davanti alla sconfitta che ha attirato le critiche degli Stati Uniti, come per tutti i successivi accordi con i militanti, che sono comunque stati infranti, proprio come l’intesa nello Swat.
 
L’accordo del 2005 ha seguito il famigerato episodio di Lal Masjid a Islamabad quando le forze di sicurezza avevano assaltato un importante seminario e focolaio di attivismo islamista. Il khatib (officiante di preghiere) era stato deposto per aver lanciato una fatwa dichiarando che nessun ufficiale dell'esercito pakistano avrebbe ricevuto sepoltura islamica se fosse morto in lotta contro i Talebani, e la moschea era insorta in una generale ribellione, facendo esplodere in solidarietà attacchi contro da forze governative per mano dei militanti a nord di Waziristan e nelle Province nord occidentali (NWFP). Il governo è stato costretto a cedere.
  
Questo è il modello: attaccare i "ribelli", con gli Stati Uniti che incitano, finanziano e minacciano interventi diretti e riduzioni dei flussi di credito. Poi negoziare con i leader religiosi e tribali, tenendo presenti la sfiducia dei locali verso gli stranieri, verso lo stato del Pakistan e i suoi sostenitori internazionali, che i mullah possono identificare come l'imperialismo USA e il sionismo. Per infine osservare come le politiche del bastone e della carota falliscano quando l'insurrezione talebana cresce in modo continuo.
 
Ora, mentre l'esercito pakistano con fatica tenta di assumere il controllo di Mingora e i Talebani si riorganizzano, i ribelli hanno sferrato un audace attacco alla Inter Services Intelligence (ISI, i servizi segreti pakistani, ndt) di stanza a Lahore, nel Pakistan orientale al confine con l’India, uccidendo circa 30 uomini e ferendone 250. L'ironia della sorte è che i Talebani sono stati addestrati dalla ISI negli anni Novanta e proprio per questo, quando hanno attaccato nel maggio, essi conoscevano bene l'ubicazione degli uffici ISI.
 
Questo è il terrore della guerra di Bush contro il terrorismo nel Pakistan, senza poter vedere una via di uscita. E la guerra di Obama in "Af-Pak", fa affidamento su un aumento delle truppe, più attacchi aerei e probabilmente l'applicazione delle tattiche del "divide et impera", dispensando piccole concessioni. I funzionari degli Stati Uniti sono perplessi sul fatto che i pakistani non facciano di più, non capendo che è in gioco la loro esistenza. Il fatto è che sono loro che da una posizione esterna non comprendono che gli interessi imperialistici degli Stati Uniti non possono determinare la scomparsa delle istanze religiose, etniche e nazionali o fare si che i leader locali, anche quelli al soldo imperialista, schiocchino le dita, schiaccino la resistenza locale e producano la pace sociale. Gli interessi dell'imperialismo degli Stati Uniti in questo caso, concretizzati nel cambiamento del regime in Afghanistan, e il modo in cui è stato realizzato, hanno inimicato gran parte della popolazione pakistana.
 
Questo è il dono indesiderato che Washington a fatto a Islamabad, per il quale Islamabad ha pagato e continua a pagare.