www.resistenze.org - popoli resistenti - polonia - 20-03-07

da: www.rebelion.org
www.rebelion.org/noticia.php?id=48391
 
La nuova Polonia resuscita la vecchia caccia alle streghe
 
Dabid Lazkanoiturburu
 
18-03-2007
 
Diciassette anni dopo la fine della Repubblica Popolare di Polonia, una legge obbliga da ieri 700.000 cittadini di quel paese a fare professione di fede anticomunista o, nel caso, a chiedere perdono per il loro passato. Quelli che si rifiuteranno, saranno espulsi e perderanno il lavoro. Un passo più alla deriva negli angoli più oscuri della storia del Governo integralista cattolico dei gemelli Kaczynski.
 
Una legge già in vigore, obbliga giornalisti, universitari, avvocati e direttori di scuola a dichiarare se collaborarono con la Polizia (SB) ai tempi della Repubblica Popolare di Polonia.
 
Fino ad ora quest’obbligo era vincolante per parlamentari, ministri, alti funzionari e magistrati, 30.000 persone in tutto.
 
Dopo l'entrata in vigore della nuova legislazione, 700.000 persone - quelle che nacquero prima dell’agosto del 1972 e pertanto erano maggiorenni durante il cambiamento di regime in Polonia - dovranno riempire una dichiarazione disponibile su internet e consegnarla all'Istituto della Memoria Nazionale (IPN), che la confronterà con gli archivi della SB.
 
Le dichiarazioni dei sospetti saranno pubblicate su internet. L'IPN pubblicherà la sua lista di “collaboratori” della SB che comprende intorno ad un milione di nomi.
 
Tutti quelli che si rifiuteranno di collaborare o che “mentiranno” nella dichiarazione saranno interdetti dall'esercitare la professione per 10 anni, in una riedizione della caccia alle streghe così in voga negli USA lungo tutti gli anni cinquanta, guidata dal senatore cattolico McCarthy.
 
Emulando l'Inquisizione, i promotori della legge hanno assicurato che quelli che “confesseranno” non saranno puniti, nonostante che i mezzi di comunicazione pubblici abbiano già annunciato espulsioni per i “collaboratori” e fonti ufficiali parlino di perdono in diretta relazione alla “gravità” della colpa confessata.
 
I gemelli Kaczynski
 
La legge risponde ad una delle priorità dei gemelli Kaczynski. Il presidente Lech e suo fratello Jaroslaw guidano un governo cattolico vicino all'integralismo, che, dal suo insediamento nell'autunno di 1995, tenta di puntellare il suo potere criticando la transizione degli anni ottanta con il movimento Solidarnosh ed il Partito Operaio Unito Polacco (POUP). Il capo di governo non ha esitato recentemente ad agitare vecchi fantasmi assicurando che “la rete, di spionaggio dei governi del POUP, esiste ancora ed è più forte di quello che pensiamo.”
 
Reazioni
 
I media governativi e la determinante rete di media privati - buona parte di essi cattolici integralisti - appoggiano con entusiasmo l'iniziativa.
 
Tra i professori universitari pochi hanno osato, salvo rispettabili eccezioni, a denunciare la legge ed a ricorrere al suo boicottaggio, sapendo chi paga loro il salario. “La legge è la legge”, ha sentenziato la portavoce dell'Università di Cracovia.
 
Marcin Croll, professore di storia della filosofia nell'Università di Varsavia ed antico oppositore al POUP segnala rassegnato che “ ci si dovrà sottomettere all'obbligo, benché questa legge sia totalmente inaudita, È aberrante che debba provare la tua innocenza, quando dovrebbe essere incaricato proprio l’IPN ad investigare e cercare il colpevole”, aggiunge.
 
Non manca chi, da oppositore durante i governi comunisti, ha osato a sfidare apertamente questa caccia di streghe anticomunista. “Io non compilerò la dichiarazione. Non devo dare spiegazioni della mia vita. Attenterebbe alla mia dignità”, ha annunciato Janusz Grzelak, decano della Facoltà di psicologia e militante di Solidarnosh. Lo segue a ruota la vice decana Zuzanna Töplitz, che lavorò nella stampa proibita dello storico sindacato, annunciando di abbandonare il paese se punita.
 
Lontano dall'ambito universitario, la resistenza più attiva a questa legge ha come protagonista parte della stampa polacca. Emerge, tra le altre, l'opposizione del quotidiano ‘Gazeta Wyborcza’, un giornale nel mirino del governo Kaczynski. Creato per intellettuali dissidenti anticomunisti, la maggior parte del suo organico boicotterà una legge “umiliante e che attenta alla libertà di coscienza.”
 
Tanto i decisi oppositori, come i rassegnati confidano nel fatto che la Corte Costituzionale respinga questa legge prima che decada il termine per presentare il “certificato” di pulizia ideologica. “Abbiamo un tribunale nel quale confidare e che fermerà tutto questo”, confida Ellenico Luczywo, direttrice aggiunta di ‘Gazeta Wyborcza’.
 
In caso contrario, gli oppositori hanno annunciato che ricorreranno al Tribunale dei diritti umani di Strasburgo.
 
Tra gli argomenti contro questa caccia alle streghe, molti suoi critici insistono nella tesi secondo cui gli archivi della SB comunista non sarebbero affidabili. Andrzej Krawczyk, ex consigliere per le questioni internazionali del presidente Kaczynski e purgato recentemente, dopo essere stato accusato di collaborazione, assicura che i poliziotti inventavano supposti collaboratori per guadagnarsi il favore dei loro superiori.
 
Il governo polacco appare deciso a proseguire il suo processo di “decomunistizzazione “ che, calcola, durerà dieci anni.
 
Processo di involuzione
 
Al ritmo che sta imprimendo l'attuale governo ad iniziative di questo tipo, e se le urne o l'opposizione non porranno rimedio, questi dieci anni possono risultare un'eternità.
 
In un articolo pubblicato da Rebelión, il giornalista ed analista Pascual Serrano descrive “il viaggio nel tunnel del tempo della Polonia” e ricorda che, nel suo fervore anticomunista, il governo polacco ha condannato all'ostracismo storico e perfino economico (soppressione dei redditi) ai polacchi che lottarono contro il fascismo tanto nella loro terra - occupata dai nazisti - come in Spagna, arruolati nelle Brigate Internazionali, contro Franco nella guerra del ‘36.
 
Un governo che proibisce manifestazioni per la libertà di orientamento sessuale, che costringe le donne polacche nei ruoli di madre e casalinga, e che è arrivato a difendere pubblicamente, per bocca del suo presidente, la restaurazione della pena di morte.
 
L'ultimo episodio di questa deriva verte intorno al tentativo dell'onnipotente chiesa cattolica e degli alleati governativi integralisti della Lega delle famiglie polacche, di inasprire la già di per sé draconiana legge dell'aborto, che prevede due anni di prigione salvo casi eccezionali. Ora vogliono proibire l'interruzione volontaria della gravidanza fino ai casi di violenza sessuale, incesto, pericolo per la madre o malformazione irreversibile del feto, ed elevare la proibizione a rango di articolo costituzionale.
 
I difensori di questa proposta minacciano di pubblicare i nomi dei deputati che hanno mostrato di opporsi a questi piani, compresi alcuni del partito dei fratelli Kaczynski. Ma un altro settore del partito, compreso il presidente della Dieta, appoggia l'iniziativa. Lo stesso che il passato dicembre propose né più né meno la proclamazione di “Gesù Cristo re dei polacchi.”
 
Posizioni divergenti rispetto al passato nei paesi del Est
 
Il governo di Berlino ha punito i responsabili della Repubblica Democratica Tedesca a seguito del suo assorbimento da parte della Repubblica Federale. Da 1991, allontanò diplomatici, alti funzionari e professori universitari dai loro posti e li condannò a cercare lavoro nell'ambito privato. Fino a dicembre dell'anno scorso, ogni posizione nella funzione pubblica era vietata per quelli accusati di collaborare con la Stasi. Da allora, hanno solo vietato di assumere incarichi come ministri, deputati, giudici, alti funzionari ed alti responsabili sportivi.
 
La Germania ha aperto recentemente gli archivi della Stasi benché il dibattito sul passato comunista si limiti ad ambiti come il cinema col recente film candidato all’Oscar “La vita degli altri.”
 
Qualcosa di simile accade in Estonia, dove fino a 2000 il governo richiedeva per gli alti incarichi, una dichiarazione, sotto giuramento, di non collaborazione col KGB, esigendo un riconoscimento di “colpa.”
 
In Bulgaria, e parallelamente ad un dibattito durato anni, è stata da poco approvata una legge che mette 28 professioni, tra cui quella dei politici e giornalisti, sotto sorveglianza.
 
In Romania, solo dal 1999 si richiede ai dignitari e funzionari pubblici, una “dichiarazione d’onore”. Viene punita solo la falsità nella dichiarazione, benché il parlamento stia discutendo in questi giorni una legislazione più proibitiva.
 
La Cecoslovacchia chiuse ufficialmente in 1991 le porte dell'alta amministrazione ai collaboratori dell'antica polizia.
 
L'Ungheria è l'eccezione totale. Il primo ministro Peter Medgyessy conservò l’incarico a dispetto delle rivelazioni sul suo passato d’agente dei servizi segreti.
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Documentazione e Cultura Popolare