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Qatar, il "mondiale della vergogna"

Almeno 1.400 lavoratori sono già morti nei cantieri

AC | solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/03/2014

Il duro rapporto della Confederazione sindacale internazionale (CSI) rivela una verità conosciuta a tutti: il Qatar, amico di Sarkozy e Hollande, è il paese della schiavitù moderna con già 1.400 operai immigrati morti nei cantieri dei Mondiali 2022.

Quanto vale la vita di un operaio nepalese, quale è il valore dei diritti dell'uomo? Ben poco a giudicare dal riserbo dei nostri dirigenti sulla vergognosa situazione in Qatar, proprio loro che sono così pronti a indignarsi quando i propri interessi sono in gioco, in Ucraina, in Libia, in Siria o in Mali.

Attraverso un mal celato sistema di corruzione, il Qatar ha ottenuto nel 2010 l'organizzazione della Coppa del mondo di calcio 2022, con la complicità delle grandi potenze. Il governo Sarkozy poi aveva offerto su un piatto d'argento il Paris-Saint-Germain. [Al-Khelaifi, uomo d'affari qatariota e direttore di Al Jazeera Sports diventa nel 2011 il primo presidente non francese del club di calcio parigino, ndt]

Quattro anni dopo, il rapporto della CSI apre gli occhi anche agli ipocriti: "Il dossier contro il Qatar" rivela le violazioni dei diritti dei lavoratori ad un livello senza precedenti nell'organizzazione dei grandi avvenimenti sportivi, il disprezzo delle libertà e della vita degli operai.

Il Qatar conta 1,5 milioni di immigrati su 2 milioni di abitanti. Un esercito di schiavi al servizio di una casta dominante, nel paese dal Pil pro capite più elevato del mondo. Ecco una sintesi di ciò che i nostri dirigenti garantiscono in nome del "circo" moderno.

Il "kafala", un sistema contro i diritti dei migranti

Gli operai immigrati che lavorano nei cantieri sono privati di ogni libertà nel quadro del sistema "kafala": tutti gli operai immigrati sono sotto la responsabilità di un "kafil", un padrino che ha il controllo totale sui loro movimenti, nel paese come all'estero.

Il "kafil" può confiscare il passaporto dell'operaio - è il caso del 90% dei migranti - e privarlo di ogni tutela giuridica.

È allora alla mercé dei sinistri "campi di detenzione", dove sono ammassate parecchie centinaia di operai in uno stesso locale, sottomessi all'arbitrio, senza tutela legale né soddisfacimento dei bisogni più elementari.

Il lavoro forzato, la norma in Qatar

Il regime di lavoro forzato è la norma per i migranti in Qatar. Quasi tutti gli operai immigrati sono passati da una "agenzia di reclutamento" che addossa sui migranti nepalesi, indiani, filippini, indonesiani dei costi che vanno da 1.000 a 10.000 dollari a testa.

Questa situazione indebita i migranti a tassi esorbitanti. Miserabili al loro paese, col sogno di stipendi che permettano di fare vivere le loro famiglie in Nepal o in India, contraggono debiti che li costringono ad entrare in una situazione di dipendenza economica permanente coi loro padroni.

Gli stipendi sembrano attraenti - almeno 250 $ per i migranti asiatici - rispetto allo stipendio nel paese di origine. Le cifre però sono ingannevoli: una buona parte dello stipendio è trattenuta dal datore di lavoro per l'alloggio, il cibo, i trasporti, in un paese dove il costo della vita è comparabile a quello dei paesi ricchi. Senza dimenticare che un terzo di loro (il 34% degli operai, secondo un'inchiesta dell'Ispettorato del lavoro qatariota, (sic), non ha avuto alcuna retribuzione in questi ultimi mesi.

La schiavitù del XXI secolo è in Qatar!

Le condizioni di lavoro nei cantieri superano quelle delle peggiori miniere e fabbriche dell'Ottocento. Giornate dalle 8 alle 12 ore di lavoro, tra giugno e settembre, con quasi 50° all'ombra. E questi paiono quasi privilegiati in rapporto ai lavoratori domestici, quasi essenzialmente donne, che passano dal lavoro forzato alla schiavitù pura e semplice.

Non sono protette da alcuna legge, spesso private di cibo, di un alloggio decente, con salari bassissimi, sottoposte a percosse, torture, stupri. L'ambasciata dell'Indonesia accoglie ogni giorno da 5 a 10 lavoratori domestici in cerca di rifugio per sfuggire alla schiavitù domestica.

Le condizioni di vita non sono migliori per i migranti. Confinati nei "campi di lavoro", nei quartieri lontani dal resto della città, sconosciuti anche alle autorità internazionali. I loro alloggi, pagati con una decurtazione dal salario, non hanno nulla a che vedere con una "casa popolare": sono tuguri di una stanza in cui vivono otto o dieci operai, spesso senza condizioni sanitarie adeguate. Un numero di alloggi è dotato di acqua… salata per lavarsi o cucinare!

Per difendere migliori condizioni salariali, di lavoro, di vita, i migranti non hanno il diritto ad alcuna contrattazione collettiva, a nessuna organizzazione sindacale. Qualsiasi protesta potrebbe portare alla revoca della protezione del "kafil", mettendo così il lavoratore alla mercé dell'arbitrio delle autorità e impedendogli persino il ritorno.

In modo ancora più perverso, il governo del Qatar ha creato un "Comitato nazionale del Qatar per i Diritti umani", per presunte indagini sulle violazioni dei diritti umani. In realtà, questa organizzazione ha lo scopo di identificare i facinorosi e contestatori per isolarli e punirli.

1.400 lavoratori sono morti... 4.000 nel 2022?

Un conteggio dello spaventoso numero di morti è ancora impossibile da fare. La CSI parte dalle cifre delle morti denunciate dalle ambasciate nepalesi e indiane e che rappresentano la metà degli operai immigrati. Secondo l'ambasciata nepalese, 400 lavoratori migranti sono morti dal 2010 (191 nel 2013). Dal lato indiano, i morti sarebbero quasi 1.000, ad un ritmo l'anno scorso di 20 al mese. Solo per questi due paesi si parla di 1.400 morti in tre anni.

Secondo le stime molto prudenti della CSI, sono 4.000 gli operai immigrati che potrebbero finire vittime di questo sistema di schiavitù moderna, sapendo che 500mila operai supplementari dovrebbero essere portati in Qatar entro il 2018.

Rispetto agli altri grandi eventi mondiali, il confronto è impressionante: la coppa del mondo del 2010 in Sudfrica ha fatto 2 morti, quella in Brasile del 2014 ha fatto 7 morti, i mondiali in Russia hanno causato la perdita di 8 operai. Se paragonati ai già 1.400 morti in Qatar, viene il capogiro.

La complicità delle grandi imprese francesi!

Mentre il Qatar spenderà almeno 200 miliardi di dollari in infrastrutture - stadi, tgv, metropolitana, tram, centri commerciali, nuove città - è riluttante nel pagare qualche migliaio di euro per il milione e mezzo di schiavi moderni.

Tra i complici di questo sistema, le grandi imprese francesi che corteggiano l'emirato: Bouygues, Vinci, ma anche Keolis (controllata da SNCF) sono in lizza per i grossi contratti legati all'organizzazione del mondiale 2022.

La CSI propone di "fare pressione" sul Qatar per ottenere un ammorbidimento delle condizioni di sfruttamento, la normalizzazione delle relazioni con uno stato governato come una "monarchia assoluta", in cui sono negati i diritti più elementari dei lavoratori.

Il ruolo dei sindacalisti di classe, dei comunisti è un altro: è necessario avviare un vasto movimento per spingere al ritiro delle società francesi in Qatar, al boicottaggio dei campionati mondiali 2022 e delle relative attività in Qatar; alle sanzioni contro questo stato che finanzia dovunque nel mondo i gruppi più reazionari, le attività criminali contro il popolo arabo.

Il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni devono valere per il Qatar, l'inferno dei lavoratori. Non facciamo del miraggio dei "panem et circenses" moderni, la causa della violazione più obbrobriosa dei diritti dei lavoratori.

Il rapporto della CSI è disponibile qui: http://www.ituc-csi.org/ituc-special-report-the-case?lang=en


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