www.resistenze.org - popoli resistenti - russia - 05-10-20 - n. 763

Neo-monarchici, legittimisti e "valori spirituali russi"

Fabrizio Poggi, Nuova unità n.5 * | nuovaunita.info

settembre 2020

Il "Movimento imperiale russo" (Russkoe Imperskoe Dviženie: RID), una struttura di estrema destra nata nel 2002, che il Dipartimento di Stato USA ha aggiunto alle "organizzazioni terroristiche straniere", ma non inserita nell'elenco delle organizzazioni "estremiste" in Russia, starebbe addestrando, tra gli altri, anche elementi neo-nazisti tedeschi. Questo è quanto scrive il pubblicista russo Evgenij Kazakov sulla tedesca Neues Deutschland.

A parere dell'americanista Aleksej Naumov, con la misura sul RID, Trump "reagisce alla propaganda avversaria che lo dipinge come presidente razzista e nazista", così che, una parvenza di "lotta con il terrorismo di ultradestra potrebbe avvicinargli l'elettorato moderato".

All'accusa americana al RID, di propagandare la "white supremacy", alcuni media russi hanno replicato trattarsi di un malinteso: come dire, quando parla dei bianchi, il RID non persegue alcun obiettivo in USA, ma intende i "bianchi" antibolscevichi nella guerra civile russa. Una difesa non proprio convincente, visto che si può collocare l'organizzazione tra quelle della destra radicale monarchica, sostenitrice, come ricorda Kazakov, di una nuova dinastia zarista, in opposizione ai "legittimisti", che sono per il ritorno dei Romanov. Attivo nel RID è ad esempio Mikhail Nazarov, un ex disertore sovietico che ha vissuto a lungo nella Germania federale e che, tra le varie cose di cui si occupa, tra una "Marcia russa" e l'altra col tricolore monarchico nero-oro-bianco, nega l'Olocausto.

Per inciso: gli organizzatori della "Marcia russa" ritengono che la Russia sia occupata dagli oligarchi; chiedono "istruzione e sanità gratuite; la terra ai farmers e le fabbriche agli operai; le risorse naturali al popolo; tutto il potere ai zemskij soviet (il zemskij sobor, o Assemblea territoriale, nato in epoca feudale); dicono di sé, ovviamente, che "Non siamo né "rossi", né "bianchi": siamo russi", e nel cocktail dei promotori figurano membri del KPRF (che invitano a partecipare alla Marcia "tutti: o che si sia per Lenin, o per Nikolaj II, di sinistra o di destra") e del Movimento monarchico "Centuria Nera".

Tornando al RID, membri della "Legione imperiale", ala paramilitare del movimento, fondata da Denis Gariev nel 2008, hanno combattuto anche in Donbass tra il 2014 e il 2015, quando tra i leader delle milizie popolari, c'erano anche, ad esempio, Igor' "Strelkov" Girkin, o Pavel Gubarev, dalle vedute tutt'altro che "di sinistra".

Il cristiano suprematismo bianco

Tra novembre 2016 e gennaio 2017, tre membri svedesi del "Nordiska motståndsrörelsen" (Movimento di resistenza nordica; NMR) che avevano gettato bombe in alloggi per rifugiati e contro un caffè di un'organizzazione sindacale a Göteborg, sarebbero stati addestrati da uomini del RID. Anche membri dell'organizzazione giovanile del Nationaldemokratische Partei Deutschlands (NPD), i "Junge Nationalisten", e del partito "Der III.Weg" avrebbero ricevuto addestramento dal RID.

Sembra che, sinora, i 68 raggruppamenti presenti nell'elenco statunitense delle "organizzazioni terroristiche straniere", fossero tutti di ispirazione islamista e dunque il RID sarebbe il primo che, secondo le dichiarazioni dello stesso Denis Gariev, è impegnata a "propagandare l'idea del ritorno ai valori cristiani tradizionali". Gariev ritiene anzi che, proprio quella, sia una delle principali ragioni alla base della decisione USA: militanti del RID sono infatti stati "presenti anche negli Stati Uniti, dove hanno collaborato con organizzazioni della destra conservatrice cristiana". Il riferimento, sembra essere al "Traditionalist Worker Party" (TWP), che predica il nazionalismo cristiano e il suprematismo bianco; il suo leader, Matthew Heimbach, aveva dichiarato nel 2016 che "I see President Putin as the leader of the free world". Gli incontri tra RID e TWP si sarebbero tenuti nel 2017 a Washington e Gettysburg. "In questo, sicuramente, nella cristianità politica, i globalisti hanno visto una minaccia al loro ordine", afferma Gariev, che parla anche di una "efficace attività internazionale" del RID, riuscito, ad esempio, a "re-indirizzare la destra svedese", passata dal sostegno a Kiev, al fronte opposto; anzi, alcuni di essi, che avevano combattuto tra le file dei nazisti di "Azov", secondo Gariev sarebbero diventati filo-russi. Lo stesso è avvenuto in Spagna, Germania, Francia".

Per noi, dice ancora Gariev, "non esiste alcuno stato "Ucraina" o "Bielorussia". Esiste un'unica Russia: uno stato del diviso popolo russo. Noi siamo su nette posizioni cristiane di principio, che contraddicono le tendenze immorali di una società completamente diversa: la società della decadenza, del consumo, in cui le minoranze sessuali sono poste in primo piano". Militanti del RID, afferma Gariev, forti dell'esperienza di combattimento in Donbass, "partecipano a conflitti anche in altre aree del mondo e si occupano dell'addestramento militar-patriottico della gioventù russa. Molti nostri militanti erano stati costretti a lasciare il Donbass, dato che là non si dava spazio ai combattenti forti di un'idea".

E quale idea! Non pare che le parole di Gariev abbiano bisogno di esser commentate, o che ci sia molto da aggiungere alla storia del RID, se non che, la decisione del Dipartimento di stato, organizzazione di per sé di stampo terroristico, nella sostanza pare funzionale all'avvio di nuove sanzioni contro la Russia, accusata di essere tra i "paesi sponsor del terrorismo", per il sostegno ai Guardiani della rivoluzione iraniani, a Hezbollah, Talebani e, ora, appunto, anche al Movimento imperiale, le cui vedute non necessariamente si discostano, per un verso, da quelle dello Studio ovale e, per un altro, dall'interpretazione che al concetto di "patriottismo" vien data anche in certi ambienti russi.

Biscotti yankee a Kiev e a Mosca

Dunque: le sanzioni USA. Evidentemente, a Washington, hanno ritenuto di non seguire, per il momento, i consigli di una vecchia faina dello stesso Dipartimento di Stato, divenuta contraria alle sanzioni, perché "fanno acqua e non sono più efficaci, dato il continuo ricorso a esse". Victoria-fuck-the-UE-Nuland, ex assistente del Segretario di stato per Europa e Asia, ha dichiarato che se Washington vuole aver la meglio su Putin, dovrà cominciare a distribuire "biscotti" alla gioventù russa, come lei stessa aveva fatto a Kiev con i giovani neo-nazisti del majdan. Su Foreign Affairs, ha detto che è necessario ricorrere "a quei metodi d'azione che permisero di ottenere la vittoria nella guerra fredda e che, dopo, hanno dato risultati nel corso di molti anni". Le sanzioni non funzionano più e invece "il dialogo diretto col popolo russo", potrebbe aiutare a invertire il "corso avverso" di Mosca. Il target indicato da Victoria è rappresentato dai giovani dai 16 ai 22 anni, mentre gli strumenti consigliati vanno dai social network, ai programmi educativi mirati, ai viaggi liberi (senza bisogno di visto) nei paesi occidentali.

Nuland ritiene che oggi la Russia sia ancora più influenzabile dall'esterno che non in epoca sovietica, quando l'Occidente riuscì a vincere la "censura del Cremlino" grazie al lavoro di "voci diverse" e anche "mantenendo i contatti con i dissidenti". I giovani di oggi, scrive, hanno maggiori probabilità di ricevere informazioni e notizie via internet, piuttosto che attraverso la televisione di Stato o la stampa.

A questo proposito, lo storico Igor' Šiškin, tra i critici di certo anti-sovietismo oggi di moda in Russia, intervistato da Svetlana Gomzikova su Svobonaja Pressa, ricorda come Karl von Clausewitz avesse formulato le ragioni della sconfitta dell'esercito napoleonico in Russia nel 1812: Napoleone "fallì perché il potere si mantenne fermo e il popolo fedele". Nelle sue memorie, poi, il generale della Wehrmacht Hermann Hoth ricorda che nel 1941 "quando iniziammo la campagna, la nostra speranza principale non erano i carri armati, ma che Stalin si atterrisse, perdesse di risolutezza e scendesse a qualsiasi compromesso, pur di salvare il potere; che le repubbliche nazionali insorgessero contro il centro imperiale e il popolo russo non volesse difendere uno Stato che non considerava proprio".

Nuland scrive che le "voci diverse" occidentali avevano minato l'unità interna della Russia. "Sciocchezze", dice Šiškin; "quella è stata minata dalla leadership dell'Unione Sovietica. L'intero sistema di propaganda del periodo della perestrojka, sotto la guida di Alexandr Jakovlev, che supervisionava ideologia, informazione e cultura all'epoca di Gorbačëv, mirava a denigrare l'Unione Sovietica, affinché le persone decidessero che non ci fosse più nulla da difendere; tutti i media che si davano da fare per distruggere" il sistema. E continuano a farlo oggi: "guardate tutti i film russi sulla guerra; ci troverete immancabilmente la diffamazione del periodo sovietico: il cattivo di turno è senz'altro un sanguinario commissario politico, o un ufficiale dei reparti speciali; mentre l'eroe positivo, il soldato buono, sostiene ideali occidentali". Dunque, conclude Šiškin: "ma quale Nuland! Di recente il nostro Segretario del Consiglio di sicurezza, Nikolaj Patrušev, ha dichiarato che l'Occidente sta minando i nostri valori spirituali. Ma l'Occidente, per quanto ci lavori attivamente, non se lo sogna nemmeno di riuscire a minare i nostri valori spirituali, quanto lo sa fare la nostra "quinta colonna" russa, insieme a tutte queste ONG sponsorizzate generosamente dagli americani".

Evidentemente, a giudicare anche dal "Movimento imperiale russo", a Ovest si sono già portati un bel pezzo avanti col lavoro, e non da ora; e nella "camera di mina" scavata sotto quei valori spirituali, la miccia è accesa già da tempo.

La mina di Lenin contro la Russia

Si tratta però di una mina che, a parere di Valdimir Putin sarebbe stata piazzata nientemeno che da Vladimir Lenin con la Rivoluzione d'Ottobre. Una mina che, sempre secondo il presidente russo, sarebbe stata disinnescata grazie alla "svolta democratica" intrapresa dalla Russia nel 1991 e "istituzionalizzata" dalla Costituzione che Boris Eltsin era riuscito a far approvare nel 1993. Ora, con il voto dell'1 luglio 2020, Putin è riuscito a far approvare (sorvoliamo sulle svariate trovate di alterazione dei risultati, denunciate da tutte le organizzazioni comuniste e di sinistra, a partire dal voto elettronico diluito dal 25 giugno al 1 luglio) alcune modifiche alla Carta, rimasta comunque immutata nella sua matrice borghese. Tra queste, un vecchio cavallo di battaglia che, tra l'altro, permette a Putin di raccogliere l'approvazione anche di quei settori della cosiddetta "sinistra" nazional-patriottica, che vede in Stalin solo l'artefice della "potenza sovietica", in chiave grande-russa, ignorandone o respingendone la politica bolscevica leninista.

Secondo Putin, l'aver inserito, tra gli emendamenti costituzionali, anche quello sull'integrità delle frontiere russe, col divieto di sottrarne aree territoriali, eviterà al paese di ripetere l'errore delle Costituzioni sovietiche che, da Lenin in poi, prevedevano una volontaria adesione all'URSS delle varie Repubbliche, ma, soprattutto, consentivano anche la loro libera uscita dall'Unione: un elemento che, a detta di Putin, aveva posto una "mina a scoppio ritardato" alle basi del paese.

Naturalmente, Putin ha evitato di dire che la corsa al separatismo ha avuto un boom nel periodo finale dell'Unione Sovietica, quando il primo slogan dei liberali gorbačëviani, "Più socialismo", nascondeva in realtà la definitiva disintegrazione dell'URSS. Ha evitato di dire che il Partito bolscevico e la dittatura del proletariato erano garanzia di unità del paese, di una unità basata sulla comunanza di interessi del proletariato di tutta l'Unione, mentre l'ingordigia delle élite borghesi formatesi negli anni '70 e '80, bramose di arraffare imprese e risorse naturali, ha portato a guerre, conflitti "territoriali", per la spartizione del patrimonio sovietico.

È stata davvero la formula leniniana a scatenare gli odi nazionali, o non sono stati piuttosto gli interessi di classe delle nuove borghesie "sovietiche" e gli appetiti imperialistici internazionali, a minare lo Stato plurinazionale dell'URSS? Non a caso, a inizi anni '30, quando si riconosceva la permanenza, se non di classi vere e proprie, quantomeno di strati e settori sociali, legati alle vecchie classi borghesi, si ammetteva che, proprio da quelle venissero ancora i pericoli di nazionalismo e separatismo.

I bolscevichi affermavano che la questione nazionale fosse strettamente legata alla lotta di classe all'interno dei singoli paesi, e alla lotta contro l'imperialismo, su scala mondiale. Stalin rimarcava come solo il socialismo e la dittatura del proletariato potessero risolvere il problema nazionale, unendo le lotte del proletariato delle nazioni oppresse con quelle degli operai dei paesi avanzati e, negli stati plurinazionali, le rivendicazioni dei lavoratori delle nazionalità sottomesse con quelle della classe operaia della nazione dominante. Vladimir Putin ha evitato di dire che, nel cosiddetto "spazio post-sovietico", i conflitti nazionali sono scoppiati quando ha cominciato a venire meno la funzione politica del partito comunista, già prima del definitivo crollo dell'URSS.

Vladimir Putin non è nuovo a simili esternazioni a proposito della storia sovietica. Nel 2012, ad esempio, aveva dichiarato che la Russia era stata sconfitta nella Prima guerra mondiale a causa del tradimento nazionale dei primi leader sovietici. Nel 2013, aveva definito la guerra con la Finlandia del 1939, come un tentativo dell'URSS di correggere gli errori storici commessi nel 1917. Nel 2016, aveva esternato ancora la sua "idea" originaria, paragonando le idee di Vladimir Lenin a una "bomba atomica sotto l'edificio chiamato Russia".

Si può ipotizzare che l'inserimento, nell'attuale Costituzione eltsiniana-putiniana, dell'emendamento sull'integrità territoriale, risponda a precisi interessi di classe. Se nel 1993 lo slogan "Prendetevi quanta più sovranità potete", lanciato a tutte le regioni della Federazione russa, serviva a soffocare gli ultimi bagliori dell'unità del paese, oggi, al contrario, la perenne lotta a coltello tra clan capitalisti, esige che si "costituzionalizzi" la proibizione, per remoti raggruppamenti affaristici di periferia, di intascare per sé quanto "di spettanza" degli oligarchi centrali. Dopotutto, Vladimir Putin, è il loro rappresentante politico e la sua indefinita permanenza al potere, fissata ora nella Costituzione, risponde proprio al bisogno di stabilità di quelle élite centrali.

*) È in distribuzione il n. 5 di "nuova unità" del quale vi segnaliamo:
Cesare Romiti, morte di uno sfruttatore, pagina 2;
Nocività e lotta di classe. Costruiamo una piattaforma di lotta contro la nocività in fabbrica e nel territorio, pagina 3;
Uso capitalistico dell'innovazione e del 5G. Impatti su lavoro, ambiente, salute pagine 4/5;
Neo-monarchici, legittimisti e "valori spirituali russi", pagina 6;
Bielorussia, un'altra "rivoluzione colorata", pagina 7


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