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da La Rinascita della sinistra del 03/05/07
 
L'indipendenza dei saharawi
 
A 16 anni dal primo accordo il Marocco nega ancora il referendum
 
di Omar Mih, Rappresentante Repubblica Araba Democratica Saharawi n Italia
 
Dopo sedici anni di guerra, il Regno del Marocco e il Fronte Polisario, hanno firmato nel 1991, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, un Piano di regolamento il cui obiettivo finale è l'organizzazione di un referendum di autodeterminazione per permettere al popolo saharawi di scegliere tra l'indipendenza e l'integrazione al Marocco. A questo scopo, il Consiglio di sicurezza ha creato una Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (Minurso), con il compito di applicare tale piano, la cui prima tappa è stata l'instaurazione, il 6 settembre 1991, di un cessate il fuoco.
 
Ma il calendario di attuazione, che doveva terminare con la tenuta del referendum all'inizio del 1992, non è stato portato a termine a causa del voltafaccia del Marocco a proposito del corpo elettorale che doveva, conformemente agli accordi, essere definito sulla base dell'ultimo censimento spagnolo del 1974.
 
Nel 1997 James Baker, inviato personale di Kofi Annan, ha rilanciato il dossier e dopo vari incontri e negoziati sono stati firmati gli "Accordi di Houston" che hanno definito tutte le modalità pratiche relative all'identificazione dei votanti, l'acquartieramento delle truppe, il rimpatrio dei profughi e l'organizzazione della campagna referendaria. Ma dalla fine del 1999, con la pubblicazione da parte della Commissione d'identificazione dell'elenco provvisorio dei votanti, il Marocco ha bloccato sistematicamente l'applicazione degli accordi raggiunti sotto gli auspici di Baker.
 
Nel luglio 2003, i membri del Consiglio di sicurezza hanno votato, all'unanimità, la risoluzione 1495 che definisce un nuovo Piano di pace, elaborato da Baker, e intitolato "Piano di pace per l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale". Questo Piano prevede un periodo di autonomia interna, da quattro a cinque anni, seguito dall'organizzazione di un referendum per decidere lo statuto definitivo del territorio, aperto sia ai saharawi che ai marocchini residenti prima del dicembre 1999. Questo Piano aggiunge alle due opzioni - indipendenza ed integrazione - inizialmente previste nel referendum, una terza opzione, l'autonomia nel quadro del Marocco.
 
Ma nonostante l'accettazione delle due richieste fondamentali del Marocco, l'inclusione dei coloni marocchini nel corpo elettorale e l'introduzione dell'opzione autonomia tra le scelte della consultazione referendaria, il Marocco ha rifiutato sia il nuovo Piano che i due precedenti (Piano di regolamento e Accordi di Houston).
 
Contrariato nei suoi sforzi dall'intransigenza del Marocco, Baker si è dimesso puntando il dito contro il responsabile del boicottaggio. In un'intervista alla televisione pubblica americana Pbs, nell'agosto del 2004, ha detto: «Per 10,11 anni il Marocco ha dichiarato pubblicamente e in privato che voleva l'applicazione del Piano di regolamento e la tenuta del referendum. Ma alla fine, nel momento in cui l'elenco dei votanti è stato definito e gli elettori identificati, ha iniziato a dire che il Piano non era più applicabile».
 
Cosciente che non poteva vincere la consultazione elettorale, prevista dalla stessa comunità internazionale con la partecipazione dei cittadini marocchini che risiedono nel Sahara occidentale, il Marocco ha proclamato nel 2004 il suo rifiuto a ogni referendum che preveda l'opzione dell'indipendenza, dichiarando che è «disposto ad accettare solo soluzioni nel quadro della sovranità e dell'integrità territoriale del Marocco».
 
Si tratta di un dietrofront gravissimo, che mostra come l'aggressore marocchino tenga in poco conto gli impegni presi, ed è un grave colpo per la politica delle Nazioni Unite la cui credibilità è messa a dura prova. Con questo voltafaccia e questa prova di forza sfrontata contro la legalità, il Marocco si arroga con prepotenza il diritto stesso di decidere della sorte del territorio, in nome e al posto della comunità internazionale, e soprattutto per conto del popolo saharawi.
 
Il Marocco spinge la sua tracotanza fino a presentare la soluzione di "autonomia" come una grande "concessione", mentre si tratta di un'aggressione contro il diritto, nega la realtà cambiando un problema di decolonizzazione, conformemente alla dottrina delle Nazioni Unite dell'autodeterminazione, in un semplice problema interno la cui soluzione può essere decretata unilateralmente dal Palazzo reale.
 
Lo statuto definitivo del territorio del Sahara occidentale è prerogativa esclusiva del popolo saharawi, non c'è alternativa al referendum di autodeterminazione. E' al popolo saharawi, e ad esso solo, che spetta dire se opta per l'indipendenza, per il ricongiungimento con il Marocco o per l'autonomia conformemente al Piano Baker. I sacrifici e la determinazione del popolo saharawi durante i tre decenni scorsi, la recrudescenza oggi dell'Intifada nei territori occupati, ma anche l'ultima risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e il rapporto sulla visita, l'anno scorso, della delegazione dell'Alto Commissariato Onu per i diritti umani provano che i tentativi di Rabat di perpetuare il fatto compiuto coloniale e ottenere il riconoscimento dalla comunità internazionale sono vani.
 
Deve essere chiaro che, solo nel caso in cui il popolo saharawi opti liberamente per l'integrazione con il Marocco, è solamente in questo caso, sarà possibile per il Marocco parlare o proporre un qualsiasi piano di autonomia. Altrimenti un tale approccio è illegale e antidemocratico, perché è in contrapposizione con le decisioni delle Nazioni Unite e pregiudica la volontà del popolo saharawi, limitando fin dall'inizio la sua scelta a una sola opzione. Non è realistico perché tenta di ignorare il fatto nazionale saharawi, le esperienze diplomatiche, le istituzioni, la resistenza, il rifiuto accanito e categorico di un popolo la cui determinazione ha fatto fallire i calcoli di tutti quelli che, negli ultimi trent'anni, puntavano sulla sua stanchezza. E anche una fuga in avanti pericolosa, perché volendolo imporre si corre il rischio di aumentare la tensione e generare una situazione incontrollabile, come quella creata dalla marcia verde che metterebbe in pericolo la stabilità della regione e ridurrebbe le possibilità di una soluzione giusta e definitiva del conflitto. Significa che il progetto marocchino di "autonomia", che mira alla legittimazione del fatto compiuto, non è percorribile. E' un progetto nato morto, nullo e non avvenuto.
 
Da oltre trent' anni, il Marocco, in particolare con la complicità della Francia, mantiene alta la tensione attorno a sé e prende in "ostaggio" la stabilità, la cooperazione e il progresso di tutta la nostra regione usando il seguente ricatto: "voi lasciate saziare le mie pretese espansioniste, altrimenti la mia stabilità sarà in pericolo e di conseguenza quella di tutta la regione!"
 
Occorre, a questo riguardo, precisare che la propaganda e il rumore fatto in questi giorni dal Marocco attorno al suo "progetto di autonomia" nasconde male il dissenso e le paure del potere di fronte a tutte le tensioni, particolarmente le scadenze elettorali future.
 
Questa nuova fuga in avanti del Marocco mostra bene, in più occasioni, l'insistenza del regime ad utilizzare il problema del Sahara occidentale come mezzo per distogliere il popolo marocchino dalle sue rivendicazioni legittime per la giustizia economica e sociale e per l'instaurazione della democrazia, in un Paese in cui regna una monarchia medievale dove l'unica alternativa che ha la gioventù, dunque la maggioranza del popolo marocchino, resta la droga o la fuga all'estero, spesso nelle imbarcazioni della morte.
 
Il governo Saharawi e il Fronte Polisario condannano energicamente questa escalation marocchina e lanciano un appello urgente all'Onu, e particolarmente al Segretario generale e al Consiglio di sicurezza, per esigere che il Marocco si conformi agli impegni sottoscritti nel Piano di regolamento del 1991 e negli Accordi di Houston del 1997. Il governo marocchino deve mettere termine alla repressione feroce contro la popolazione civile nei territori occupati, liberare tutti i prigionieri politici e permettere la visita agli osservatori indipendenti e alle ong. Il popolo saharawi è determinato più che mai a continuare la sua lotta legittima fino alla soddisfazione piena e intera del suo diritto inalienabile all'autodeterminazione e all'indipendenza. La consultazione per via referendaria è una strada irrinunciabile, perché il popolo saharawi è l'unico depositario del diritto all'autodeterminazione.
 
Quale soluzione può essere più giusta, più legittima, più democratica e più accettabile di quella che rispetta la volontà del popolo del territorio del Sahara occidentale conformemente alle esigenze del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite?