www.resistenze.org - popoli resistenti - saharawi - 08-09-12 - n. 420

da http://www.gara.net/paperezkoa/20120904/360448/es/
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Sahara: strumenti e conseguenze di un'occupazione
 
04/09/2012
 
Sebbene pensando al Sahara la prima immagine che ci viene in mente è quella della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) e degli accampamenti dei rifugiati di Tinduf, l'occupazione del Sahara Occidentale da parte del Marocco costituisce ancora nel 2012 una realtà sanguinosa. Invisibile nei mass media, arrivano sue notizie solo in modo sporadico, quando ha luogo qualche evento che, per le sue dimensioni, riesce a superare la censura imposta dalla monarchia alauita, come nel caso del sanguinario smantellamento dell'accampamento di Gdeim Izik nel novembre 2010.
 
L'occupazione del Sahara Occidentale dopo il ritiro delle forze occupanti spagnole nel 1975, è stata portata a termine con gli strumenti abituali degli stati espansionisti: occupazione militare, instaurazione di uno stato poliziesco torturatore, invasione del territorio mediante coloni, proibizione dei mezzi di comunicazione e organizzazioni dissidenti, subordinazione dell'attività economica agli interessi della metropoli e colonizzazione culturale nel tentativo di distruggere i tratti linguistici e culturali del paese occupato.
 
Il Sahara Occidentale presenta, inoltre, una particolarità che lo distingue da altri molti paesi occupati: quella di essere un territorio conteso, in attesa di un referendum che conta sull'avallo dell'ONU. Benché il Marocco lo consideri suo territorio, lo includa nelle sue mappe e nei suoi programmi scolastici, lo amministri e sfrutti le sue risorse naturali ed il suo popolo, il suo diritto sul Sahara Occidentale non è formalmente riconosciuto a livello internazionale.
 
Ciò non è ostacolo alle forze di occupazione nella repressione continua, continuata ed impunita verso il popolo saharawi. Un numero impossibile da quantificare di omicidi, ma che arrivano a varie migliaia dall'inizio dell'occupazione, più di 500 sparizioni, migliaia di imprigionati in condizioni disumane di sovraffollamento e di umiliazioni costanti, diverse prigioni segrete nelle quali alcuni carcerati sono rimasti più di un decennio senza che nessuno sapesse dove fossero, applicazione sistematica della tortura ai detenuti e carcerati senza neanche la preoccupazione di non lasciare segni sui corpi, stupri di donne che organizzavano la lotta contro l'occupazione o semplicemente perché familiari di qualche detenuto... tutto ciò è una costante attenuata deliberatamente da molti stati che si definiscono "democratici." Quegli stessi stati che dimostrano stupore ed indignazione davanti alle violazioni dei diritti umani da parte dei governi che non si piegano ai loro interessi.
 
Questa situazione di repressione quotidiana condiziona completamente la vita del popolo saharawi nei territori occupati, poiché in pratica tutte le famiglie hanno sofferto la brutale repressione, in un modo o nell'altro. Le conseguenze per i popoli in lotta, le conosciamo tutti: esilio, famiglie separate, impossibilità di continuare gli studi, perdita del posto di lavoro e grandi difficoltà per trovarne un altro, penuria economica, controllo sociale costante, relegazione a cittadini di seconda scelta... Come fanno notare alcuni carcerati dopo essere usciti di prigione, si esce di galera per entrare in un'altra più grande, chiamata Aaiún, Smara, Dajla...
 
Ma se la repressione diretta costituisce il fenomeno più visibile dell'occupazione, non sono meno importanti altre strategie con le quali il regime alauí tenta di scardinare l'identità del popolo saharawi ed appoggia la marochinizzazione. Tra esse lo spostamento massiccio di popolazione marocchina nei territori occupati, che ebbe il suo principale precedente nella Marcia verde del 1975.
 
A partire da quel momento e specialmente a partire dal 1991, il regime marocchino ha promosso lo spostamento della popolazione marocchina per far procedere progressivamente la colonizzazione, offrendo condizioni vantaggiose ai nuovi coloni (posti di lavoro con stipendi allettanti, agevolazioni per comprare case, eccetera).
 
Parte di questi coloni rappresenta inoltre una forza di scontro addizionale nei casi in cui le forze repressive si vedono in difficoltà nelle grandi proteste, che arriva fino alla collaborazione di molti di loro come spie. Benché non esistano dati affidabili sulla popolazione perché non esiste un censimento pubblico, la supremazia numerica dei coloni marocchini nel Sahara Occidentale è un dato di fatto, si parla di 2 o 3 coloni per ogni saharawi. Con l'alterazione demografica, il regime marocchino persegue nel suo intento di annacquare l'identità e la presenza del popolo saharawi cercando di condizionare a suo favore i risultati di un possibile referendum, che ogni volta appare sempre più improbabile a causa degli ostacoli permanenti messi dal Marocco durante gli ultimi due decenni.
 
Ancora una volta e come possiamo attualmente verificare in Hego Euskal Herria, le modifiche del censimento ed i movimenti della popolazione si rivelano come un arma, come un grossolano stratagemma utilizzato per gli stati espansionisti per appoggiare la propria occupazione.
 
La dipendenza economica del Sahara occupato è anche un aspetto da sottolineare poiché condiziona non solo la vita giornaliera dei saharawi, ma anche la validità del loro futuro stato. Se già di per sé il Sahara è un territorio che ostacola o direttamente rende impossibile gran parte delle attività economiche, il Sahara liberato o RASD si trova in pieno deserto e le terre coltivabili sono principalmente sotto occupazione marocchina.
 
Le principali attività produttive nel Sahara Occidentale sono l'estrazione di fosfati, la pesca nelle zone marittime saharawi e la produzione di ortaggi in zone molto localizzate; attività destinate principalmente all'esportazione e ad ingrassare la monarchia alauí, come è stato denunciato varie volte da diverse istanze. Sostenuta in uno sistema di furto di risorse naturali, senza uno sviluppo equilibrato tra i differenti settori economici, ricevendo dal Marocco in pratica la totalità di fattori produttivi e degli alimenti, l'economia del Sahara Occidentale è completamente determinata dalla sua condizione di colonia.
 
Un altro aspetto dell'occupazione è il suo effetto deculturizzante che va molto oltre le conseguenze ovvie della supremazia demografica della popolazione marocchina su una cultura ed una lingua (il hassannia) che considera strano ed inferiore. Tutta una serie di misure legali assicurano un programma di studi educativo sostenuto dall'ideologia espansionista marocchina, una relegazione totale del hassania e perfino la proibizione di determinate pratiche abituali del popolo saharawi, come per esempio l'installazione di haimas [accampamenti ndt] nel deserto e lo smantellamento di Gdeim Izik.
 
In sintesi, tutta una strategia con varie espressioni per ridurre al minimo un popolo e consumare di fatto l'occupazione di un territorio. Nonostante ciò, il popolo saharawi continua a lottare e si intensifica il sentimento e la coscienza contro l'occupazione, specialmente tra la gioventù. Di fronte all'occupazione e all'occultamento internazionale e lungi da essere un popolo dominato, le migliaia di combattenti caduti e repressi, le proteste giornaliere e l'evidente presenza militare e poliziesca per strada mostrano che il popolo saharawi prosegue a lottare attivamente per il suo diritto ad essere libero, ad essere un popolo.
 
Il compito degli altri popoli del mondo è triplice e complementare: solidarizzare con la sua lotta, smascherare la complicità criminale degli stati che danno copertura all'occupazione del Sahara e lottare per la libertà del proprio paese di fronte a questi stati imperialisti, cosa che costituisce in ultima istanza il migliore contributo che possiamo offrire agli altri popoli del mondo, compreso il saharawi.
 
 

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