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Sahara Occidentale, la nazione espropriata

Guadi Calvo | rebelion.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

20/05/2020

Un leggero scontro diplomatico tra Algeria e la monarchia alawita marocchina ha riportato alla memoria alcune tragedie del popolo saharawi, che nel 1975 fu privato di gran parte del suo territorio. Il re appena insediato, Juan Carlos, che praticamente aprì il suo regno con un tradimento del suo mentore, il genocida Francisco Franco, che aveva acconsentito all'indipendenza della colonia dell'Africa Occidentale, cercò di evitare una trappola che gli Stati Uniti preparavano col Marocco per impadronirsi di quei 266 mila kmq di pietre e sabbia, ma con nel sottosuolo importanti giacimenti di fosfati, ferro, petrolio e gas. Con più di mille km di costa sull'Oceano Atlantico, di fronte a uno dei più ricchi banchi di pesca del mondo oggi sfruttati principalmente da aziende marocchine e spagnole, quel territorio di dimensioni simili alla Nuova Zelanda, era fondamentale nel mondo della Guerra fredda per la sua posizione geostrategica: rappresentava una delle porte di un continente in cui molte sue nazioni, nel pieno del processo di indipendenza, guerre e rivoluzioni, guardavano a Cuba e alla Jamahiriya (Governo delle masse) con cui il giovane colonnello Mohammad Gheddafi spingeva la Libia in una direzione che molte altre nazioni avrebbero potuto seguire.

Per consumare l'espropriazione del popolo saharawi è intervenuta anche la Francia. Come sempre capita quando in qualche ufficio dell'Eliseo si pronuncia la parola "Africa", molti cadono preda di convulsioni libidinose. Venne così giocata la carta Mauritania, sua ex colonia, per intervenire nel conflitto che incombeva.

Il Marocco si è rivelato il grande trionfatore di questa rapina, letteralmente a mano armata, contro una nazione che stava appena trovando riconoscimento, dopo quasi centoventi anni di dominio spagnolo. Oggi, dopo oltre quattro decenni di tale saccheggio, nessuno, proprio come per i palestinesi, i tuareg o i curdi, leva la voce contro i diritti violati.

L'usurpazione dei territori sahariani fu pianificata freddamente in una serie di incontri che si conclusero con un patto segreto e sinistro tra Henry Kissinger, l'allora capo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, re Hassan II, padre dell'attuale monarca marocchino Mohamed VI e Juan Carlos I. L'accordo consolidò quella che divenne nota come la Marcia Verde, una convulsa processione attraverso il deserto di 25 mila soldati dell'esercito marocchino, accompagnati da circa 300 mila contadini poveri e da ogni tipo di indigente cui era stato promessa la terra, dopo l'occupazione di circa 200 mila kmq della parte settentrionale della giovane RASD (Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi). Nessun contadino marocchino ricevette però un metro di terra e tutti tornarono alla loro povertà. Al tempo, il Marocco, insieme con la Mauritania, stava conducendo una guerra contro il Fronte Polisario (Fronte Popolare di Liberazione di Saguia el Hamra e del Río de Oro) che si estese dal 1975 al 1991 e in cui morirono 5 mila miliziani e circa 4 mila civili saharawi e circa 10 mila soldati di entrambi gli eserciti. Negli anni Ottanta, Rabat avrebbe iniziato a costruire un muro che separava per sempre il popolo Saharawi. Oggi la RASD ha poco più di 500 mila cittadini, circa 320 mila vivono nelle regioni costiere delle terre desolate di 70 mila chilometri, che sono stati in grado di mantenere dopo l'assalto e nella capitale del paese, El Aaiún. Gli altri, quasi 200 mila, vivono nei campi di Tindouf, a sud dell'Algeria, dove dal 1975 si ammassa il popolo saharawi in esilio, senza alcuna possibilità di ritorno in patria, con un minimo di risorse per sopravvivere, mantenendosi grazie alla cooperazione internazionale.

Il muro della vergogna, come viene anche chiamato, è stato costruito con la consulenza tecnica di Israele e il finanziamento dell'Arabia Saudita. Esso è in realtà un sistema di otto muri per una estensione totale di 2720 km, presidiato da 160 mila soldati dell'esercito marocchino e da un sistema di radar e droni di ultima generazione. Inoltre e soprattutto, è protetto da un campo minato che si ritiene il più grande al mondo, con un numero imprecisato di ordigni anti-persona stimato tra i 10 e i 40 milioni, sotterrati lungo il muro.

A seguito degli accordi di cessate il fuoco tra il Fronte Polisario e Rabat nel 1991, la situazione è stata congelata in modo tale per cui il Marocco, che considera il Sahara Occidentale una parte indivisibile del proprio territorio, offre al popolo sahariano solo un sistema di autonomia, sotto la sua sovranità. Allo stesso tempo, il Polisario lo respinge, aderendo alla risoluzione 3437 approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1991, in cui Rabat fu invitata a "porre fine all'occupazione militare del Sahara Occidentale e negoziare con il Fronte Polisario, come legittimo rappresentante del popolo saharawi ", dove si esigeva anche "un cessate il fuoco e un referendum sull'autodeterminazione di quel popolo", che resta incompiuto, mentre le Nazioni Unite classificano ancora la patria saharawi come" territorio non autonomo".

Espropriazione e impunità.

L'impunità è la migliore arma di cui può disporre Rabat per consolidare l'espropriazione, ignorando nel mentre ogni richiesta del popolo saharawi, quindi qualsiasi dichiarazione o atto a favore della RASD viene presa come un attacco diretto al Marocco. L'incidente diplomatico della scorsa settimana ha al centro un rapporto denominato "Aspetti del diritto internazionale nel conflitto nel Sahara Occidentale", datato marzo 2019, che secondo alcuni è stato prodotto dai servizi investigativi del parlamento tedesco, in cui la presenza marocchina sul territorio rivendicato dalla nazione saharawi è descritta come "annessione e occupazione", cosa già sottolineata nel 1979 dalla risoluzione 3437 delle Nazioni Unite.

Il Marocco ha espresso il suo fastidio dopo la pubblicazione del rapporto, che secondo l'agenzia ufficiale di informazioni del regno alawita, è stato fatto trapelare dall'Algeria, con dati "falsi" forniti dal Polisario.

Le relazioni tra Rabat e Algeri continuano a essere tese. Il 14 maggio era stato convocato l'ambasciatore marocchino in Algeria, dopo aver appreso di una dichiarazione del console di quel paese nella città di Orano, in un incontro con cittadini marocchini bloccati in quella città, dopo la chiusura delle frontiere a seguito delle misure di contenimento contro il COVID-19, nelle quali il diplomatico marocchino affermava: "Siamo in un paese nemico, lo dico francamente". Cosa che non è del tutto falsa, poiché le relazioni tra le due nazioni del Maghreb sono molto tese a causa del conflitto nel Sahara Occidentale, motivo per cui i quasi 2000 chilometri di frontiera comune sono chiusi dal 1994.

La questione dello stato del Sahara Occidentale ha opposto per decenni il Marocco ai separatisti del Fronte Polisario, sostenuti dall'Algeria. Questa vasta area desertica delimitata dall'Atlantico è in gran parte controllata dal Marocco, che offre un piano di autonomia sotto la sua sovranità. Il Polisario chiede un referendum per l'autodeterminazione. I negoziati condotti dalle Nazioni Unite si sono fermati per diversi mesi.

Lo scorso dicembre, con l'arrivo del nuovo presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, il re Mohammed VI, ha lanciato un appello per aprire una "nuova pagina" nei rapporti tra le due nazioni, che nei fatti non è stato confermato.

Da parte sua, anche l'Europa non soddisfa le richieste saharawi a vantaggio in qualche modo delle pretese marocchine. Nel gennaio 2019, ad esempio, il Parlamento europeo, a Strasburgo, ha votato un testo in cui estende al territorio conteso del Sahara Occidentale le tariffe doganali preferenziali concesse dall'accordo commerciale con il Marocco, riconoscendo di fatto l'autorità di Rabat su quelle aree ancora in disputa, rivelando da che parte sta l'Unione europea (UE). Indubbiamente, l'accordo tiene d'occhio la situazione in cui il Marocco, come la Libia, è diventata la porta d'ingresso verso l'Europa, per la quale l'UE ha dato a Rabat circa 100 milioni di euro "per la gestione delle frontiere marocchine", moderando gli ingressi nel 2019 a circa 24 mila, rispetto ai 57 mila del 2018, quando nel 2017 erano stati poco più di 22 mila. Gli esperti stimano che il Marocco è stato in grado di impedire l'arrivo tra il 2019 e 2020 di circa 75 mila rifugiati, di cui al momento non si sa nulla.

Questo tipo di "favori" dal Marocco all'UE è ciò che consente a Mohamed VI azioni come quella di dichiarare lo scorso gennaio, le acque del Sahara Occidentale un proprio spazio marittimo, con giurisdizione legale del Marocco sulla zona marittima che va da Tangeri, a nord, a Lagouira, (Mauritania) a sud, il che rafforza la sua presenza nei territori saharawi, senza alcun rispetto per i loro diritti. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita, chiariscono la sua intenzione: "Queste leggi mirano ad aggiornare l'arsenale legale nazionale, rispetto alla sovranità totale del regno sulle sue effettive frontiere di terra e di mare", privando in questo caso i sahrawi della loro sovranità su 350 miglia nautiche della piattaforma continentale.

Allo stesso tempo, nazioni africane come le Comore, il Gambia, la Guinea e il Gabon, che hanno recentemente aperto rappresentanze diplomatiche di Rabat, sostengono la marocchinità del Sahara, con la quale sarebbe completata l'espropriazione totale della nazione saharawi.

Guadi Calvo è uno scrittore e giornalista argentino. Analista internazionale specializzato in Africa, Medio Oriente e Asia centrale.


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