Una delegazione della Ue vola a Rabat per discutere dei rimpatri dei migranti africani arrivati alle Canarie. Le autorità marocchine ne approfittano per ottenere sostegno contro il Fronte Polisario dopo la rottura del cessate il fuoco
Una delegazione dell'Unione europea è stata in visita ufficiale ieri a Rabat «per discutere i meccanismi di ingresso, fermare il flusso migratorio verso l'Europa e gestire il rimpatrio dei migranti illegali».
«Sono qui per discutere la partnership con il Marocco e comprendere come avere una relazione reciproca e vantaggiosa per la gestione dei flussi (…) ho recentemente visitato le isole Canarie e vedo che, in pochi mesi, abbiamo avuto un aumento esponenziale di partenze e arrivi sulla rotta dell'Atlantico occidentale, che è di gran lunga la strada più letale e rischiosa per entrare in Europa», ha dichiarato Ylva Johansonn, commissaria dell'Unione europea per gli affari interni.
Johansonn spera di convincere i funzionari marocchini ad autorizzare il probabile rimpatrio dei migranti arrivati sulle coste delle isole Canarie - con i negoziati sul rimpatrio sospesi da due decenni tra Bruxelles e Rabat - mediando con il Marocco riguardo all'agevolazione dei visti di ingresso dei cittadini marocchini. Solo in questi ultimi due anni il nuovo corridoio migratorio, una delle tratte marittime più pericolose con circa 400 km tra la costa e le isole Canarie, ha visto lo sbarco di 2.700 migranti nel 2019 che sono diventati 18mila nel 2020, metà dei quali marocchini.
Una ricerca di legittimazione e di visibilità da parte di Rabat che si vuole porre come partner affidabile agli occhi dell'Ue «sia in materia di immigrazione che di sicurezza per tutta l'area», come affermato dal primo ministro marocchino, Saad Eddine El Othmani, nella conferenza stampa congiunta di ieri. Al contrario, il quotidiano algerino El Watan indica come il Marocco abbia volutamente «allentato la sua posizione in materia di controlli sull'immigrazione come strumento di pressione politica nei confronti dell'Ue ed in particolare del governo spagnolo».
Pressione legata alla ripresa del conflitto per il Sahara occidentale - dopo la violazione del cessate il fuoco da parte del Marocco, lo scorso 14 novembre, e la ripresa della lotta armata da parte del Fronte Polisario - visto che le autorità di Rabat stanno cercando di ottenere un esplicito riconoscimento e sostegno internazionale da parte del governo dello spagnolo Sanchez e dell'Ue, minimizzando sui fatti dello scorso novembre e descrivendoli come «un'operazione non ostile».
A Rabat non sono piaciute le dichiarazioni del vice premier e leader di Unidos Podemos, Pablo Iglesias, che nelle scorse settimane aveva ufficialmente richiesto «un maggiore impegno da parte del governo spagnolo per arrivare in tempi rapidi a un referendum di autodeterminazione nel Sahara occidentale». Il malcontento da parte del Marocco e l'aumento degli sbarchi hanno spinto la portavoce del governo, Maria Jesus Montero, a dichiarare che la posizione di Iglesias «non rispecchia quella ufficiale di Madrid».
«Tutta la politica estera del Marocco è condizionata dalla vicenda del Sahara occidentale - ha dichiarato il ministro dell'informazione della Repubblica Araba Democratica Saharawi (Rasd), Hamada Selma Eddaf - Lo strumento del ricatto sugli immigrati è stato utilizzato in passato da Rabat per condizionare gli scambi economici sui prodotti provenienti dal Sahara occidentale occupato, dopo il divieto e le sentenze della Corte europea di giustizia, e vengono utilizzati oggi per cercare una legittimazione internazionale dopo la violazione del cessate il fuoco».
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.