Reportage a proposito del viaggio del VdR ( Voce dei Rom) in Kosovo tenutosi nei mesi scorsi.
Notizie dal campo e dati sulle comunità zingare in Kosovo.
La pulizia etnica “Umanitaria” degli Zingari in Kosovo
Appartengo all’etnia Rom (più comunemente conosciuta come “zingara, gitana”)
sono nato in Kosovo, Jugoslavia, ed ho vissuto a Pristina (capitale della
regione kosovara). Nell’estate del 2000, dieci anni dopo, mi trovavo in
Macedonia, distante cioè soltanto 30 miglia dalla cittadina dove avevo vissuto
gran parte della mia vita, e che ora non potevo più visitare.
Ciò è accaduto più di tre anni dopo il “bombardamento umanitario” effettuato
dalle forze statunitensi e NATO congiunte e l’escalation del conflitto etnico
iniziato in Kosovo nel 24 marzo del 1999. Ma era ancora troppo pericoloso per
me, un “Majupi” dalla pelle nera (termine albanese che connota, suggerisce
l’idea di “qualcosa più meschino, triviale dei rifiuti, della spazzatura”),
mettere piede in Kosovo.
Arrivò infine il giorno (2 maggio 2002) in cui potei visitare il mio luogo
natale, carico di così tanti ricordi della mia giovinezza. Ma quello stesso
posto – dov’ero cresciuto con i miei quattro fratelli ed una sorella, cugini,
parenti, vicini di casa, amici – non esisteva più. Ogni cosa era stata spazzata
via. Le case nuove e restaurate, le ville, i posti di rifornimento di benzina,
i motels, erano stati tutti costruiti nei tre anni precedenti dall’etnia
albanese vittoriosa, e rendevano il Kosovo simile ad un paese straniero, che
non riconoscevo più. Non sapevo più che sentimenti provare, cosa sentire in
quel momento di ritorno. Paura, felicità, rabbia, tristezza?
Il paradosso che mi veniva in mente era che tutta quella ricostruzione era
sponsorizzata dalle agenzie di soccorso e sussidio internazionale e finanziata
dalle società di industrializzazione e investimento con a capo personalità
preminenti, tali Dick Cheney e George Soros. Nel frattempo, gli zingari, i
serbi, gli slavi mussulmani, i bosniaci ed i turchi, con altre minoranze presenti
in Kosovo, stanno morendo di fame! Mentre la maggioranza di questi enti
internazionali si stava vantando di partecipare ad un “Kosovo libero e
democratico”, questi popoli erano obbligati ad abbandonare le loro case,
patendo una pulizia etnica “umanitaria” sostenuta che è stata praticamente del
tutto invisibile al resto del mondo. La conseguenza ironica dell’azione di
soccorso NATO/statunitense degli albanesi oppressi è che questi ultimi si sono
trasformati a loro volta in oppressori.
A maggio di quest’anno, in qualità di Presidente della Voice of Roma (VOR =
Voce degli zingari), ho diretto un viaggio in Kosovo accompagnato da delegati
rappresentanti dei diritti umani, assistenti ai profughi e gruppi pacifisti
arrivati dagli USA, Germania, Italia ed Olanda. Poiché gran parte delle persona
che lavorano in tali organizzazioni pensano che il Kosovo sia ora libero e che
i suoi popoli stiano convivendo in pace
ed armonia, essi sono sorpresi quando li informo che in Kosovo le minoranze
etniche stanno tuttora fuggendo, volevo che fossero testimoni oculari di ciò
che sta accadendo laggiù.
I delegati hanno ricevuto ospitalità nelle comunità zingare, a sud di Pristina.
Ogni famiglia dava accoglienza a due o più rappresentanti. Essi sono entrati
così in contatto, trascorrendovi tempo e conoscendole, con persone coinvolte
nella violenza del fuoco incrociato tra serbi ed albanesi, che avevano patito
le conseguenze dei pesanti bombardamenti delle forze NATO guidate dagli USA,
sperimentando la discriminazione da parte delle forze K-FOR, la Polizia U.N.,
le organizzazioni internazionali non-governative (NGO), e delle politiche
adottate dai paesi dell’Europa occidentale. I delegati erano atterriti dai
racconti che sentivano, e indignati nel constatare le condizioni nelle quali
gli zingari del Kosovo sopravvivevano.
Dall’arrivo dei “peace-keepers” NATO in Kosovo, più di 300,000 componenti a
minoranze etniche sono state “epurate” dalla regione dagli estremisti albanesi.
E’ più di un anno che l’Amministrazione U.N. ad interim in Kosovo (UNMIK) o
l’Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa (OSCE) hanno rilasciato affermazioni circa gli abusi dei
diritti umani subiti dalle minoranze in Kosovo. Sorprendentemente, alcune NGO
come Medici Senza Frontiere (vincitore del Premio Nobel per la Pace), la Croce
Rossa Internazionale, Oxfam, e molte altre organizzazioni hanno trascurato le
minoranze etniche in Kosovo, non rivolgendo attenzione alle loro problematiche.
Gli unici enti a divulgare notizie sugli abusi dei diritti umani in Kosovo sono
Amnesty International e Human Rights Watch.
La mia domanda è: se i cosiddetti “bombardamenti umanitari” avevano come
finalità l’arresto della “epurazione etnica”, perché le medesime potenze
occidentali sono così restie, avverse a d intervenire a favore della
popolazione zingara e delle altre minoranze kossovare che stanno soffrendo
un’effettiva epurazione etnica?
Tale epurazione etnica, per ciò che concerne gli zingari e a partire
dall’arrivo del 12 giugno 1999 dei peace-keepers dell’ONU ha avuto come
conseguenza il dileguarsi dal Kosovo dell’oltre il 75% di questa popolazione
(oltre 100,000 zingari). Eppure i media e la comunità “umanitaria”
internazionale restano in silenzio. Gli USA e i media occidentali non hanno
catturato sui loro schermi radar nessuno di questi eventi, o hanno più
precisamente e di buon grado ignorato tali orrori. (vedere il nostro rapporto
The Current Plight of the Roma in Kosovo [L’Attuale Condizione degli Zingari in
Kosovo], disponibile dalla Voice of Roma, P.O. Box 514, Sebastopol, CA 95473.)
La maggioranza degli zingari rimasti in Kosovo (25,000 su una popolazione che
prima della guerra era di 150,000) sono profughi interni, pur non possedendone
lo status officiale. Questi zingari sono invece etichettati come “profughi
interni, apolidi” (IDPs), che, rispetto ai profughi ufficiali, vedono
ulteriormente ridotti i loro diritti, segregati, limitati in campi con servizi
ed attrezzature scarsissime. Alcuni zingari vivono in enclaves controllate dai
serbi. Nessun altro gruppo etnico si trova nei campi IDPs, soltanto gli
zingari. Perché è così? Soltanto gli zingari non hanno una patria, una nazione
sicura come porto di salvezza. I serbi sono fuggiti in Serbia, i bosniaci in
Bosnia, i Turchi in Turchia e i gli slavi mussulmani in Macedonia o in Europa
occidentale.
I più poveri fra i poveri, stanziati nei campi IDP, gli zingari affrontano un
considerevole livello di discriminazione e oppressione, che minaccia le loro
stesse vite mutilando e paralizzandone la cultura. Per darvi appena un’idea,
l’ONU fornisce a ciascuno zingaro nei campi IDP una razione mensile di otto
chili (17 libbre) di farina, due cipolle, due pomodori, mezzo chilo (una
libbra) di formaggio, ed un po’ di frutta (solitamente marcia). Oltre a questo,
vi sono soltanto tre litri di olio da cucina per famiglia, indifferentemente
dal numero di elementi che la compongono; e non è possibile disporre di altre
forniture (interviste a profughi in campi IDP del Kosovo e Macedonia). Se
queste popolazioni stanno combattendo per sopravvivere fisicamente, cosa
accadrà alla loro cultura?
Un altro esempio che potrei fornire riguarda la richiesta da parte di un
delegato VOR che domandava di poter accedere all’acqua potabile e per cucinare
in un campo di zingari. Il rappresentante ONU replicò. “Oh, gli zingari sanno
come avere cura di se stessi. Sono nomadi; hanno vissuto le loro vite così.” Se
gli zingari devono fronteggiare un tale abbandono, rigetto da coloro i quali la
loro sopravvivenza fisica dipende, come riusciranno a sopravvivere sia
fisicamente che culturalmente?
Questo stereotipo radicato, che gli zingari siano vagabondi, girovaghi barbari
e selvaggi, e che conseguentemente non abbiano le stesse necessità dei membri
delle società “civilizzate” è contraddetta dai dati di fatto. In Kosovo, gli
zingari hanno vissuto in case per oltre settecento anni, e la maggioranza di
loro non ha mai visto una carovana di girovaghi. L’effetto di tali stereotipi è
quello di disumanizzare gli zingari e distruggere la loro infrastruttura
culturale.
Nel Kosovo “libero” di oggi, nessuno zingaro può spostarsi liberamente; i suoi
figli non possono andare a scuola e non hanno il permesso di parlare la loro
lingua madre. A causa dell’abbandono forzato delle loro case e del confino
coatto nei campi, gran parte degli zingari ancora in Kosovo non hanno potuto
vedere i componenti delle famiglie vicine da più di tre anni. Ciò implica, fra
le altre cose, che i matrimoni non possono contrarsi secondo le regole sociali
degli zingari. Cosa accade ad una società nella quale è impossibile formare
nuove famiglie?
Come possiamo cambiare la situazione degli zingari, ovunque possa accadere loro
di trovarsi? Qual è la nostra responsabilità verso un popolo che è stato così
ingiuriato ed ignorato per secoli?
Traduzione a cura di Enrico Vigna ( SOS Yugoslavia)