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Nell'anniversario della "rivoluzione di velluto", la sinistra slovacca denuncia il tradimento del popolo

Peoples Dispatch | peoplesdispatch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

19/11/2020

Ogni anno in Slovacchia si tengono raduni in occasione dell'anniversario della "rivoluzione di velluto" che segnò la transizione dal comunismo. Quest'anno, la sinistra insieme ad altri settori hanno protestato contro il governo e le politiche degli ultimi trent'anni.

Proteste antigovernative nella capitale slovacca Bratislava il 17 novembre.

Il 17 novembre in Slovacchia è festa nazionale in quanto marca l'anniversario della "rivoluzione di velluto" del 1989 che portò all'uscita della Cecoslovacchia dal campo comunista. Quest'anno la ricorrenza ha visto molti attivisti politici, inclusi i militanti della sinistra, scendere in piazza contro il governo conservatore in carica guidato dal primo ministro Igor Matovik del partito di centro-destra "Gente Comune e Personalità Indipendenti".

Alle manifestazioni nella capitale slovacca Bratislava si sono uniti attivisti di partiti che vanno dall'estrema sinistra, compreso il partito comunista, ai socialdemocratici e ai gruppi di estrema destra.

I settori della sinistra hanno protestato contro le pessime condizioni di vita degli slovacchi, derivanti dai continui attacchi neoliberali dei governi post-comunisti del Paese. I gruppi di destra che hanno partecipato alla protesta hanno cercato soprattutto di incanalare contro il governo la rabbia e l'ansia delle persone per il COVID-19 e le relative restrizioni.

Anche i militanti del Partito Comunista della Slovacchia (KSS) hanno denunciato la transizione del 1989 come un colpo di stato che ha tradito il popolo slovacco e ha aiutato i governi successivi a vendere i beni, la sovranità e la sicurezza sociale della nazione. Direzione-Socialdemocrazia (SMER), un importante partito di opposizione, protestava contro le politiche antipopolari del governo.

D'altra parte, anche gli ultras di destra dello SK Slovan Bratislava Football Club e del neonazista Partito Popolare Slovacchia Nostra (LSNS) sono scesi in piazza con un'agenda molto diversa. Protestavano contro le restrizioni COVID-19 imposte dal governo.

Jozef Hrdlička, presidente del KSS, ha dichiarato: "Durante gli eventi del novembre 1989 e successivi, comunisti onesti e impegnati avvertirono l'opinione pubblica del paese del cambiamento che stava per avvenire. Nonostante nel novembre 1989 la stragrande maggioranza dei cittadini cecoslovacchi vedesse la possibilità di migliorare il socialismo, ciò che ne scaturì fu la sua liquidazione e il ripristino del capitalismo. Oggi, credo che pochi dubitino dei moniti lanciati dai comunisti".

Dopo il novembre 1989, ha aggiunto, l'economia nazionale slovacca è stata depredata e l'agricoltura devastata. "Abbiamo perso la nostra autosufficienza e sicurezza alimentare. I cittadini slovacchi sono diventati schiavi moderni delle società multinazionali, il cui valore prodotto viene drenato dal nostro paese. La realtà odierna parla ancora di disoccupazione, bassi salari, basse pensioni di anzianità, aumento dei prezzi di beni e servizi e persino di uno stile di vita basato sul debito e un inutile consenso. La sanità, l'istruzione e la nostra cultura sono da molto tempo in ginocchio. La grande corruzione sistemica e il clientelismo sono diventati parte del funzionamento delle aziende".

"La realtà odierna è anche un enorme debito arretrato. Siamo diventati parte dell'Unione Europea che altro non è se non uno strumento delle multinazionali e delle élite oligarchiche per un sofisticato controllo delle nazioni europee. Siamo diventati parte dell'organizzazione della NATO, la cui natura criminale è evidente. Abbiamo perso la nostra sovranità nazionale e statale, mentre il nostro sviluppo è direttamente influenzato dall'estero", ha affermato Hrdlička.

I quadri del Socialisti.sk [sinistra extra-parlamentare, ndt], che si sono astenuti dai comizi di Bratislava, hanno invece organizzato una campagna innovativa. Iskra.sk ha riferito che i militanti di Socialisti hanno piazzato striscioni in diverse città del Paese con le promesse fatte da Václav Havel (noto leader della rivoluzione di velluto, diventato presidente della Cecoslovacchia e della Repubblica Ceca), poi rivelatesi menzogne.

Socialisti.sk ha dichiarato di voler "rianimare la memoria del popolo slovacco in modo tale da non dimenticare che a cavallo tra il 1989 e il 1990 si voleva democratizzare il socialismo e non scambiare la sicurezza sociale per il capitalismo selvaggio".


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