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da Jugoistrijan

Il cammino della Slovenia "indipendente" nell'Unione Europea


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a "La Voce del Popolo", Fiume - Rijeka, 3 luglio 2004

a cura di Claudio Moscarda

La capodistriana "Istrabenz" vende la sua quota
Distributori in mano austriaca
La società orientata verso il settore turistico

CAPODISTRIA – La holding capodistriana "Istrabenz" ha venduto al partner austriaco OMV la quota relativa al settore della commercializzazione dei derivati del petrolio. In pratica le stazioni di servizio sono ora in mano austriaca. Il costo dell’operazione si aggira attorno ai 23 miliardi di talleri (all’incirca 95 milioni di euro). La società capodistriana deteneva esattamente la metà delle quote, mentre l’altra era già in mano austriaca dopo l’accordo di dodici anni fa. La rete commerciale comprende 228 distributori, dei quali 105 in Slovenia e altri punti vendita sul mercato della Croazia, Bosnia Erzegovina e del nord Italia. Lo scorso anno sono state vendute all’incirca 900 mila tonnellate di benzina e derivati. Nel siglare il contratto, le due parti hanno comunque rilevato che la collaborazione continuerà soprattutto nel settore tecnologico e logistico e nella commercializzazione delle bombole gas. Per l’"Istrabenz" un cambio di rotta che permetterà di continuare a investire ancor di più nelle altre sfere d’interesse e particolarmente nel settore turistico. La società è proprietaria, infatti, di case alberghiere a Portorose, Postumia e anche Abbazia per cui l’orientamento futuro dovrebbe essere proprio questo. Per contro la stessa OMV sembra intenzionata ad allargare l’attività proprio sui mercati dell’ex Jugoslavia. Acquisito l’intero pacchetto relativo alle stazioni di servizio, gli austriaci, che controllavano un quarto dell’azienda, hanno venduto a soggetti sloveni, alcuni dei quali già partner della società capodistriana, la loro fetta nell’"Istrabenz".
Grave crisi finanziaria dell'ospedale costiero

I sindacati chiedono garanzie
ISOLA - La situazione dell'Ospedale di Isola è grave, tanto grave da metterne a rischio il normale funzionamento. È l'allarme lanciato dai quattro sindacati che rappresentano il personale medico e paramedico del nosocomio. Nella conferenza stampa indetta per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica hanno parlato di condizioni insostenibili, di paventati licenziamenti e di informazioni che indicherebbero una riduzione e in alcuni casi addirittura la soppressione di determinate prestazioni sanitarie. Che i conti dell'Ospedale fossero in rosso lo si sapeva da tempo e gli ultimi dati lo confermano: 120 milioni di deficit in tre mesi, per un debito complessivo che supera il miliardo e 200 milioni di talleri. Il risultato è che ora i fornitori minacciano di sospendere le forniture di medicinali e materiale sanitario e di far causa all'Istituto per farsi pagare gli arretrati. Situazione che naturalmente si riflette anche sul lavoro nelle corsie. Ciò che si lamenta è soprattutto la mancanza di dialogo da parte dei vertici e la sistematica violazione del contratto collettivo di lavoro. A parità di lavoro il personale di Isola viene retribuito molto di meno rispetto ai colleghi di altri enti ospedalieri del Paese, non ricevono alcun tipo di supplemento né tantomeno vengono loro riconosciute le moltissime ore di straordinari che si accumulano di mese in mese, soprattutto durante i mesi estivi quando gli interventi aumentano sensibilmente. I sindacati puntano il dito contro la dirigenza e in primo luogo contro l'ex-direttore, Tomaž Gantar, colpevole di non aver fatto abbastanza per assicurare all'Ospedale i mezzi finanziari necessari, neppure quelli che avrebbero dovuto coprire prestazioni già effettuate. Ma sul banco degli imputati si ritrova anche il ministero della salute, per la scarsa attenzione dimostrata e la lentezza con cui ha gestito questa crisi che rischia di risolversi in un disastro. I dipendenti temono che la caduta della frontiere e la vicinanza del Policlinico triestino convincano il dicastero a chiudere definitivamente le porte dell'Ospedale di Isola. Affinché non si arrivi a tanto i sindacati hanno avanzato precise richieste: al nuovo facente funzione di direttore Mirko Miklavčič un dettagliato e realistico piano di sviluppo, a Lubiana invece un attivo coinvolgimento nella ricerca di soluzioni, nonché una chiara posizione sul futuro dell'ospedale.