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Guerre e petrolio nelle terre del Sudan

Carlos Lopes Pereira | odiario.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

08/05/2016

Progredisce il processo per porre fine alla guerra civile che devasta il Sudan del Sud da quasi due anni e mezzo.

Il leader dei ribelli, Riek Machar, ha annunciato che tornerà il prossimo 18 (aprile, ndt) a Juba, la capitale, per formare un governo di unità nazionale con il presidente Salva Kiir.

Il ritorno del capo della ribellione, che ha vissuto in esilio tra Nairobi e Adis Abeba, si iscrive nell'accordo di pace siglato ad Agosto del 2015, in base al quale Machar è stato (ri)nominato, nel febbraio di quest'anno, vice-presidente del Sudan del Sud, carica che occupava già, a fianco di Kiir, prima dell'inizio della guerra.

Il processo prevede l'applicazione di un cessate il fuoco e la divisione del potere, tra Kiir e Machar, per un periodo transitorio di 30 mesi, finito il quale si realizzeranno le elezioni. Nelle settimane scorse, la missione dell'ONU nel Sudan del Sud (Unmiss) ha annunciato che erano arrivati a Juba più di 800 soldati e poliziotti della fazione ribelle, di un totale di 1.370 previsti. La Unmiss, che, con un bilancio annuale di più di 1.000 milioni di dollari, dispone di un dispositivo militare e poliziesco di 12.500 effettivi, oltre a 2.500 funzionari civili. Nel paese, vivono nei campi dell'ONU circa 100.000 rifugiati.

L'implementazione dell'accordo di pace, raggiunto su pressione degli Stati Uniti e suoi alleati dell'Africa dell'Est - Etiopia, Kenia, Uganda - è accompagnato da una commissione guidata da Festus Mogae, ex presidente del Botswana.

La guerra, iniziata nel Dicembre del 2013, ha causato circa 50.000 morti e quasi due milioni e mezzo di sfollati e rifugiati, mezzo milione nei paesi loro vicini. Le due parti sono state accusate dalle organizzazioni internazionali di aver commesso nel corso del conflitto armato le maggiori atrocità, incluso crimini di guerra e crimini contro l'Umanità.

Una relazione dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, divulgata a Marzo, riferisce di bambini utilizzati come soldati dai belligeranti delle due parti e parla di massacri, di civili bruciati vivi, di violenze sessuali su larga scala. "Si tratta di una delle più orribili situazioni di questo genere in tutto il mondo, come l'utilizzo massiccio della violenza come strumento di terrore e come arma di guerra", ha riassunto l'alto commissario, il giordano Zeid Ra'ad Al Hussein.

II più giovane Stato africano, il Sudan del Sud ha proclamato l'indipendenza nel 2011, dopo decenni di conflitto con il Sudan, dal quale si è separato. Due anni e mezzo dopo, è sorta una sanguinosa guerra civile, motivata da divergenze politiche tra i suoi principali dirigenti, che hanno acutizzato le rivalità etniche tra la maggioranza Dinka di Salva Kiir e i Nuer del suo vice-presidente.

Incuneato tra Sudan, Etiopia, Kenia, Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centro Africana, il Sudan del Sud, con una popolazione di 12 milioni di abitanti, di maggioranza cristiana, è un paese con enormi potenzialità economiche. Attraversato dal Nilo, possiede anche potenzialità agricole, petrolio e risorse minerarie (uranio, bauxite, rame, diamanti, oro).

Il petrolio, sfruttato dalle compagnie straniere, incluso quelle statunitensi e cinesi, è la maggior fonte di ricchezza non solo del governo di Djuba, sponsorizzato dagli USA, ma anche del regime di Cartum, cui principale partner economico è la Cina. Il petrolio estratto nel Sudan del Sud è trasportato attraverso oleodotti che attraversano il territorio del Sudan fino al Mar Rosso, dai cui porti è esportato e i profitti raccolti da questo passaggio sono essenziali per l'economia sudanese. Da 350 mila barili al giorno prima dell'inizio della guerra civile, la produzione petrolifera nel Sudan del Sud è scesa di circa il 40% con il conflitto.

Referendum in Darfur

Nel vicino Darfur, nell'Ovest del Sudan, si è svolto un referendum (11-13 aprile, ndt) sul suo stato amministrativo, non si conoscono ancora i risultati. Gli elettori dovevano decidere se vogliono mantenere la struttura attuale del Darfur, diviso in cinque stati o se preferiscono la creazione di una sola regione.**

La prima opzione è appoggiata dal regime di Cartum, del presidente Omar el-Béchir, con cui le potenze occidentali non simpatizzano. Dal 2009 il Tribunale Penale Internazionale, con sede all'Aja, cerca di catturare e perseguire il dirigente sudanese, che è accusato di crimini di guerra, crimini contro l'Umanità e genocidio - ugualmente commesse anche dalle truppe governative in Sudan.

Secondo le stime delle Nazioni Unite, nella regione, ricca di petrolio, uranio e rame, il conflitto che oppone dal 2003 gruppi armati al potere centrale, ha provocato un totale di 300.000 morti e 2 milioni e mezzo di sfollati.

*Giornalista

** Ndt. I risultati sono stati annunciati il 23 aprile 2016: per il mantenimento dell'attuale struttura del Darfur diviso in 5 stati ha votato il 97,72% (3.081.976 ) mentre solo il 2,28% (71.920) per una singola regione. Ha partecipato al voto il 72.9% degli aventi diritto.

Questo testo è stato pubblicato nell'Avante (giornale del Partito Comunista Portoghese - PCP) n°2.211 del 14 aprile del 2016


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