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- popoli resistenti - sudan - 20-02-24 - n. 891
Sudan. Fermare la guerra, riprendere la rivoluzione!
Fathi El-Fadl * | morningstaronline.co.uk
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
29/01/2024
Articolo segnalato dal Partito Comunista Sudanese su solidnet.org
Lunedì 18 Dicembre, quando il generale delle Forze Armate Sudanesi (SAF) ha ordinato alle sue truppe di lasciare Wad Madani, ha consegnato la seconda più grande città sudanese alle milizie delle Forze di Supporto Rapido (RSF) in avanzata.
Wad Madani era stata un rifugio sicuro per centinaia di migliaia di persone sfollate da Khartoum, la capitale, e da altre città e villaggi. Tuttavia, conoscendo e avendo sperimentato la brutalità delle milizie dell'RSF, la maggior parte di queste persone ha iniziato il suo secondo viaggio fuggendo a sud e a est dalla città.
Dal 15 aprile 2023, gli ex alleati e principali sostenitori del precedente regime, guidato da Omar al-Bashir, sono impegnati in una guerra aspra e catastrofica. Entrambe le parti sono accusate di aver commesso gravi crimini, tra cui uccisioni e carcerazioni a sfondo etnico, torture e violenze sessuali.
Il SAF, guidato dal comitato di sicurezza di al-Bashir e controllato dai Fratelli Musulmani, è accusato di aver bombardato indiscriminatamente aree civili a Khartoum, Niala e altre città, uccidendo centinaia di civili innocenti. Nel frattempo, le milizie della RSF continuano a commettere crimini efferati che comprendono l'occupazione forzata di case civili, stupri, omicidi e furti di proprietà.
Basti pensare che entrambe le parti hanno commesso crimini contro l'umanità non solo nella capitale e nella regione di El Gezira, ma anche nel Darfur e nel Kordofan. Oltre 15.000 persone dell'etnia africana Masalit sono state uccise dalle milizie della RSF a El Geneina, la capitale del Darfur occidentale.
Si stima che finora oltre 20.000 civili abbiano perso la vita a causa degli scontri militari tra le due fazioni in Sudan. Più di 7,7 milioni di persone sono state sfollate sia all'interno che all'esterno del Paese.
Secondo l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM), ci sono stati 1.678.000 movimenti transfrontalieri verso i Paesi vicini.
Le sofferenze del popolo sudanese continuano, mentre le organizzazioni internazionali e regionali restano a guardare. Le timide dichiarazioni di condanna pronunciate dai loro funzionari non servono a fermare l'uccisione di persone innocenti.
Sia i colloqui di Gedda che quelli del blocco regionale dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) non hanno portato a nulla. Anzi, l'intervento straniero e il sostegno alle varie fazioni in lotta stanno aumentando. La Turchia sta sostituendo l'Egitto nell'appoggio ai generali del SAF, mentre gli Emirati Arabi Uniti e la Russia (attraverso il gruppo militare Wagner) continuano a sostenere l'RSF.
Senza questo sostegno e intervento diretto, la guerra sarebbe finita nei primi mesi.
La brutalità della guerra è accompagnata da azioni dirette da parte di entrambi i belligeranti per limitare i diritti e gli spostamenti della popolazione. Le iniziative dei comitati di emergenza, dei comitati di resistenza e di altre organizzazioni civili per contribuire a ridurre le sofferenze della popolazione nella capitale e in altre città sotto il controllo delle milizie del SAF o dell'RSF vengono affrontate con detenzioni, torture e persino omicidi.
I governi de facto mantengono il loro potere e la loro autorità con la canna del fucile.
Centinaia di attivisti sono in carcere e decine di membri effettivi dei comitati di resistenza sono scomparsi.
In un contesto in cui gli attori internazionali e regionali cercano di garantire i propri interessi in Sudan e di assicurarsi che vengano portati a termine, cercando ambiti e organizzazioni civili favorevoli per facilitare la creazione di un nuovo assetto politico nel Paese - proprio come è accaduto durante i colloqui di Addis Abeba lo scorso novembre - la RSF ha emesso un decreto che istituisce il proprio "comitato per le relazioni politiche".
L'intenzione dietro questa mossa è chiara... l'RSF sta cercando di presentarsi come un'entità politica in buona fede con un proprio programma articolato, allo scopo di legittimare la sua presenza forzata nel mondo politico, in linea con gli obiettivi dei suoi sponsor internazionali e regionali.
Va notato che l'RSF, come da sua stessa carta costitutiva, è una forza militare e quindi le è preclusa la possibilità di impegnarsi in attività politiche ed economiche. È necessario che all'RSF sia impedito di assumere qualsiasi ruolo politico in futuro e che la sua dirigenza, come quella del SAF, siano perseguite e rese responsabili per i crimini che commessi ininterrottamente dal 1989.
La posizione delle forze democratiche e rivoluzionarie di massa, compresa quella del Partito Comunista Sudanese (PCS), è che l'RSF e tutte le altre milizie in Sudan siano smobilitate e disarmate.
Di fronte al fallimento, o alla paralisi, degli sforzi internazionali e regionali per raggiungere un cessate il fuoco duraturo, è necessario proporre e far avanzare nuove idee e nuove forze per alleviare le sofferenze del popolo e fermare la guerra.
Il primo passo in questa direzione è la creazione di un fronte popolare il più ampio possibile che coinvolga i rappresentanti dei comitati di resistenza, dei sindacati, dei partiti politici e delle organizzazioni della società civile. In effetti, questi sforzi sono già iniziati. Sono in corso incontri tra i comitati di resistenza e i sindacati.
Il mese scorso, i rappresentanti del PCS e dei comitati di resistenza si sono incontrati e hanno individuato e articolato idee per un programma comune. Occorre inoltre intensificare gli sforzi per organizzare e coinvolgere le organizzazioni dei lavoratori e dei contadini.
Pertanto, il nucleo dell'ampio fronte popolare è già presente. Le principali linee generali del suo programma sono in fase di discussione e sviluppo. L'alleanza progressista Forces for Radical Change (FRC) ha pubblicato il suo programma in cui chiede un'alleanza popolare per fermare la guerra e riconquistare la rivoluzione.
Questa alleanza si basa sulle esperienze ricche e rivoluzionarie della lotta del nostro popolo. L'obiettivo è sconfiggere gli attuali gruppi di fatto al potere e stabilire un'autorità alternativa democratica e civile. I suoi obiettivi e compiti includono i seguenti:
- Fermare la guerra in Sudan attraverso la conquista e la rappresentanza della maggioranza della popolazione nelle sedi internazionali e regionali. Dopo il raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo, deve essere istituita un'autorità civile che apra e sorvegli i corridoi sicuri per far arrivare senza ostacoli gli aiuti umanitari a chi ne ha bisogno e che aiuti e faciliti il ritorno sicuro di coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case, città e villaggi durante i combattimenti.
- Ripristinare e sostenere il ruolo dello Stato nell'istruzione e nell'assistenza sanitaria, nonché il ripristino delle varie agenzie governative.
- Istituire una magistratura indipendente e sottoporre a processi equi tutti coloro che hanno commesso crimini contro il popolo. Consegnare al-Bashir e la sua cricca alla Corte penale internazionale (CPI).
- Redigere una nuova costituzione che difenda e promuova i valori democratici.
- Garantire la rappresentanza femminile a tutti i livelli, compresi il parlamento e il governo.
- Raggiungere la pace in tutte le regioni del Paese.
- Riconsiderare tutti gli accordi e i trattati con altri Paesi, nonché con le istituzioni internazionali e regionali, per difendere e garantire la sovranità nazionale del Sudan e il controllo sulle risorse naturali del Paese.
- La fine della guerra e la ripresa della rivoluzione possono essere raggiunte solo attraverso la mobilitazione di massa del popolo e garantendo la sua partecipazione attiva e libera in tutte le istituzioni decisionali.
La democrazia, la pace e la giustizia potranno essere raggiunte e potranno prevalere in un nuovo Sudan attraverso la dura lotta del popolo sudanese, organizzando le masse per preparare e realizzare uno sciopero politico generale e una campagna di disobbedienza civile, con il sostegno e la solidarietà delle forze democratiche, patriottiche e rivoluzionarie del Paese.
*) Fathi El-Fadl è membro delle Forze per il cambiamento radicale in Sudan, organizzazione che si oppone all'attuale guerra civile, e vicepresidente del Centro internazionale per i diritti sindacali (ICTUR). In precedenza, negli anni 1970-80, è stato un leader studentesco in Sudan e membro di spicco dell'Unione internazionale degli studenti. Risiede a Khartoum ed è quindi un testimone del conflitto in corso.
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