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Crimini inumani nel Corno d'Africa
 
L'ONU e i 250 mila morti somali
 
Thomas C. Mountain | counterpunch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
07/05/2013
 
L'ONU ha annunciato che nel 2010-2012, a causa del periodo di siccità nel Grande Corno d'Africa, almeno 250.000 somali sono morti di fame.
 
La maggior parte di coloro che sono morti di fame erano sfollati interni, principalmente a causa dell'invasione militare e dell'occupazione del sud della Somalia da parte dell'esercito etiopico sostenuto dalle Nazioni Unite e dalle "forze di pace" dell'Unione Africana, attualmente forti di circa 25 mila unità.
 
L' ultima volta che ho scritto sulla fame in Somalia ho parlato di un piano di stanziamenti dell'ONU che destina 10 centesimi al giorno in aiuti alimentari per sfamare ogni rifugiato somalo. E' stato chiamato "ammanco di bilancio", traducibile in "vogliamo aiutarvi ma semplicemente non abbiamo i soldi".
 
Eppure, durante questo periodo di carestia di massa del popolo somalo, le Nazioni Unite ed i loro padroni occidentali hanno speso oltre 1 miliardo di dollari per finanziare la loro missione militare "di pace" in quel che resta del paese.
 
Un miliardo di dollari per la guerra e 250 mila somali lasciati a morire di fame?
 
Forse sapere che al vertice della più grande "Ong" per gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite in Somalia, l'UNICEF, c'è Anthony "Tony" Lake, ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e già direttore della CIA, può aiutarci a capire perché questo è accaduto.
 
Tony Lake è colui che in modo infame dichiarò di essere"rammaricato" di non poter fare nulla pur sapendo degli eccidi di massa e di quanto stava accadendo in Ruanda in qualità di osservatore e braccio destro di Bill Clinton nel 1994.
 
Dalla CIA all'UNICEF: dovremmo stupirci di trovare la fame di massa sotto la sua opera in Somalia?
 
Oggi, mentre la macchina di propaganda dei media occidentali parla di "pace e di democrazia in Somalia per la prima volta in una generazione", ci si dimentica che furono gli stessi somali a portare la pace a Mogadiscio nel 2006, solo per vedere l'invasione etiope supportata dall'ONU mandare tutto in fumo.
 
I notiziari dei canali televisivi possono tirare in ballo alcuni Somali resi docili vomitare la retorica del "sono i somali a comandare", ma dietro le telecamere ci sono le "forze di pace" armate fino ai denti e sostenute dall'ONU e dalle dittature bancarie occidentali.
 
Il fatto è che nessun potere, non importa quanto forte sia, può portare dal di fuori la pace in Somalia. Solo il popolo somalo, lasciato solo a risolvere i propri problemi può farlo. Nel 2006, l'Unione delle Corti islamiche ci riuscì e fu la prima volta in 15 anni, ma non ebbe esito a causa dell'intervento armato ordinato dagli Stati Uniti e dai loro tirapiedi nelle Nazioni Unite. Questo conflitto armato finanziato dall'esterno e diretto continua a spingere centinaia di migliaia di somali fuori dalle loro case e terre, lasciandoli morire di fame con il compenso di 10 centesimi al giorno delle Nazioni Unite.
 
E nel frattempo altre armi arrivano dall'occidente in Somalia con la Pax americana che esige che ogni restrizione su di esse venga rimossa, il tutto in nome della "guerra al terrore", in realtà una "guerra del terrore", una guerra al popolo somalo la cui sfortuna principale è di vivere nel bel mezzo del Corno d'Africa, a cavallo della "Porta delle Lacrime", Baab Al Mandeb, dove l'Oceano Indiano incontra il Mar Rosso e da cui dipendono le più grandi economie del mondo per il trasporto via mare delle loro merci.
 
E quasi diventato doloroso continuare a scrivere di questi enormi e disumani crimini commessi dalle Nazioni Unite nel Corno d'Africa. Ma quando l'ONU invia i suoi mezzibusti a dire al mondo che più di un quarto di milione di somali sono morti in questi ultimi due anni, morti in massa di fame, quale altre scelta si ha se non quella di alzare ancora una volta la voce in segno di protesta per evitare che si girino gli occhi dall'altra parte e si pensi che non è una cosa che ci riguarda?
 
Thomas C. Mountain è il giornalista indipendente più noto in Africa, vive e scrive in Eritrea dal 2006.
 

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