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Comunisti Catalani: il nostro cammino è l'indipendenza della classe operaia

Comunisti Catalani - PCPE | partido-comunistas.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/09/2017

Comunisti Catalani – Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE) da mesi analizza l'attuale rapporto tra Catalogna e Spagna e il "processo": chi lo porta avanti, verso dove va e se ha qualcosa di positivo per la classe operaia e il popolo lavoratore.

Questo documento vuole trasmettere al popolo alcune delle più importanti conclusioni scaturite da un intenso dibattito interno. Le seguenti riflessioni si inquadrano nella nostra campagna "Il nostro cammino: l'indipendenza della classe operaia", con cui vogliamo dare il nostro contributo affinché la classe operaia avanzi verso la propria indipendenza politica per conquistare un mondo fatto a sua misura, dalla classe e per la classe operaia.

Spagna e Catalogna, alcuni concetti per rendere possibile un'analisi per la classe operaia

Per poter capire la situazione in cui si trova la relazione tra Catalogna e Spagna e qual è la proposta del Partito Comunista, dobbiamo dare uno sguardo allo sviluppo storico della nazione catalana e delle diverse classi sociali che fanno parte di essa.

Le classi sociali sono un collettivo umano che si raggruppa sotto gli stessi interessi economici in funzione del posto che occupano in determinati rapporti di produzione, che nell'epoca attuale si circoscrivono all'interno del sistema capitalista. Pertanto, agiscono in un conflitto di interessi contrapposti, nel quadro di una lotta di classe, in un senso o nell'altro, provocando cambiamenti sociali a beneficio di una classe sociale o dell'altra.

La Spagna pre-capitalista non aveva nulla a che vedere con l'idea che il franchismo cercò di trasmettere. L'idea di una nazione spagnola coesa e immutabile creata da re cattolici è una grande menzogna. La Spagna feudale pre-capitalista, come molti Stati vicini, era un conglomerato di popoli con culture e lingue proprie.

La nazione è una comunità umana stabile con una base ideologica, territoriale, economica e psicologica/culturale in comune, nasce dallo sviluppo capitalista, concretamente in Spagna nel XIX secolo. E' la comparsa di una necessità materiale, ossia, un mercato nazionale per la borghesia, ciò che da impulso a una confluenza linguistica e psicologica/culturale di un popolo. Con una conseguente volontà politica della borghesia in ascesa, si promosse un'unità di leggi mercantili, dazi che proteggessero questo mercato e puntellassero il dominio borghese. Tutto questo accelerò la fusione di diversi popoli e culture nel consolidamento degli Stati-nazione.

La dialettica (lo studio del cambiamento) nella questione spagnola

Le nazioni non sono qualcosa di eterno o immutabile, ma un prodotto storico determinato, con una nascita, evoluzione e scomparsa in funzione dello sviluppo delle società e, fondamentalmente, dello sviluppo economico a partire dall'attività e della lotta delle classi, che muove tutto il resto.

La Spagna possiede alcune particolarità in questa legge storica se la compariamo con il resto degli Stati europei occidentali, i suoi più immediati vicini e uno degli spazi principali dove più si è sviluppato il capitalismo.

La Spagna ha avuto alcune difficoltà nel sedimentare il progresso capitalista di fronte alle reminiscenze delle forme feudali. Agli inizi del XIX secolo le vestigia del feudalismo erano ancora forti in gran parte del territorio e nella capitale, nei centri di potere. La borghesia centralista, molto legata a rapporti redditieri e poco produttivi non portava le stesse dinamiche rispetto a una borghesia catalana più avanzata nel processo di industrializzazione. Le relazioni di produzione capitaliste più sviluppate entrarono dalla periferia e si svilupparono fondamentalmente in Catalogna e nel Paese Basco.

Come abbiamo detto, le dinamiche capitaliste generano Stati-nazione, ma nel caso spagnolo lo sviluppo capitalista era molto territorializzato e nella periferia c'era un maggior sviluppo delle forze produttive, cosa che provocò la comparsa di progetti nazionali al margine di quello spagnolo.

Quando la borghesia spagnola cerca di creare un quadro nazionale unico in tutto lo Stato trova che ci sono mercati nazionali creati, con borghesie proprie, con interessi propri e con uno sviluppo nazionale molto avanzato. La creazione di uno Stato-nazione con un'unica lingua, cultura e quadro economico cozza frontalmente con l'esistenza di altri quadri nazionali consolidati. Il progetto di costruire la Spagna come uno Stato-nazione si è materializzato in modo peculiare, differente e non completamente risolto comparandolo con altri casi del quadro europeo.

Catalogna: nazione e progetto borghese in conflitto con il progetto di Stato-nazione spagnolo

Il processo di creazione della nazione catalana proviene da una borghesia che rispondeva solo ai suoi interessi di creare un mercato economico determinato. Così, ad esempio, vediamo come già agli inizi del XIX secolo, nel quadro della Renaixenca, si rafforza e recupera la lingua e cultura catalana che venivano da un periodo di decadenza.

Al consolidarsi del capitalismo in Spagna, gli interessi della borghesia centrale contrastano per decenni con quelli delle borghesie periferiche. Dalla fine del XIX secolo, con l'apparizione del catalanismo politico e durante tutto il XX secolo, lo scontro nazionale è una caratteristica propria del tentativo di costruzione dello Stato-nazione spagnolo. Sotto lo scontro nazionale, c'è un sigillo di classe dello scontro di interessi tra le differenti borghesie. Questo conflitto si svolge in un quadro di unità e lotta, trascinando dietro di sé gli strati popolari che sinceramente e legittimamente cercavano di difendere il loro patrimonio culturale e la loro identità.

In questa relazione di unità e lotta, le borghesie, da un lato, hanno lottato tra loro per difendere i rispettivi interessi: questioni commerciali e produttive (il corridoio del mediterraneo/centrale è l'ultimo esempio), di ripartizione del bilancio statale, dell'azionariato delle grandi compagnie, ecc., ma dall'altro lato, entrambe le borghesie condividevano un interesse comune basato sulle loro condizioni di classe dominante e sfruttatrice della classe operaia. Entrambe le borghesie sono state molto unite quando si è trattato di schiacciare la maggioranza operaia e popolare. In nessun momento della sua storia, la borghesia catalana ha aspirato all'indipendenza. Durante tutto il XX secolo abbiamo molteplici esempi di collaborazione tra borghesie o tra i loro rappresentanti politici. L'unità contro il popolo lavoratore durante la Guerra Civile, l'appoggio maggioritario borghese al franchismo, l'aver plasmato i patti costituzionali o l'appoggio mostrato alla maggior parte delle leggi e dei governi della transizione certificano questa tesi.

Da diversi anni, questa politica di unità e lotta si è polarizzata come la politica del "peix al cove", o in maniera dispregiativa, come quella della "puta i la Ramoneta".

Dove siamo adesso?

Nel XXI secolo, tuttavia, le cose sembrano procedere differentemente. La crisi politica e istituzionale sembra dare dei piani di rottura. Cosa è cambiato?

Secondo le posizioni spagnoliste, ciò che è cambiato è che certi dirigenti che prima erano capaci e responsabili sono impazziti senza sapere perché e hanno trascinato il popolo catalano dietro il loro delirio grazie alla strumentalizzazione dei mezzi di comunicazione. Anche se l'uso di parte dei mezzi di comunicazione catalani è un fatto ovvio (ugualmente a quelli spagnoli), spiegare un fenomeno sociale di questa portata con la pazzia di alcuni politici è assolutamente ridicolo.

Secondo le posizioni indipendentiste lo Stato Spagnolo è giunto ad un punto di disprezzo della volontà e identità dei catalani così grave che centinaia di migliaia di persone hanno detto basta e la questione è deflagrata. Sebbene sia certo che la logica centralista dello Stato ha colpito certi investimenti o ha assestato un attacco contro la lingua e la cultura, si deve ammettere che la situazione della Catalogna rispetto alla Spagna è passata per fasi peggiori nel corso del XX secolo.

Dall'altro lato, analizzando le preoccupazioni dei catalani nelle inchieste del CEO, possiamo trarre la conclusione che la cosa principale non è la relazione Catalogna-Spagna ma la summa di problemi socio-lavorativi come la disoccupazione, la precarietà, l'istruzione, la sanità, le pensioni, ecc. Al contrario, intorno a queste preoccupazioni causate dall'esistenza del capitalismo e basate sull'antagonismo tra la classe operaia e la borghesia, non ci sono state mobilitazioni così numerose come quelle dell'11 settembre. Il discorso che cerca di assicurare che il processo indipendentista sia provocato da un genuino malessere maggioritario della cittadinanza catalana è parziale e finisce per gettare sabbia negli occhi della classe operaia, ponendo paradigmi e conclusioni che la fanno sentire più vicina ai suoi sfruttatori che ai suoi fratelli di classe dei popoli di Spagna.

Nessuna delle due versioni svela la realtà degli interessi in gioco in questo conflitto perché buona parte della chiave sta nell'appoggio popolare che ogni banda è capace di raggruppare. Essendo la classe operaia e i settori più deboli l'ampia maggioranza della società, la chiave degli ideologi spagnolisti e indipendentisti è generare un discorso che cerca di passare gli interessi di uno o l'altro lato come gli interessi reali dell'insieme della società. Siccome questo non si basa nella realtà, come vedremo in seguito, entrambi i discorsi necessitano di alte dosi di manipolazione.

Cosa si nasconde allora dietro il processo indipendentista?

La radice del conflitto è il lucro o interesse economico, un interesse di classe che, più o meno legittimo, dobbiamo saper separare e analizzare. In caso contrario ci faranno passare interessi estranei come nostri e finiremo per partecipare a lotte nelle quali non abbiamo alcuna speranza di miglioramento dei nostri problemi reali come classe operaia.

Il processo indipendentista cresce su problematiche politiche: annullamento dello Statuto votato dai catalani, attacchi alla lingua e alla cultura, bassi investimenti in certi settori, ecc. Ma il "processo" come lo intendiamo oggi, come processo indipendentista (non per il patto fiscale o altre iniziative) scoppia nel 2011-2012, nei momenti più duri della crisi economica, e con alcuni fattori che vanno molto al di là di queste problematiche reali.

L'elemento chiave per comprendere il processo indipendentista sono le conseguenze del naturale sviluppo del sistema capitalista. Le leggi economiche di questo sistema, basate sull'accumulazione di capitale, sulla produzione, conducono inesorabilmente a certe conseguenze: concentrazione del capitale in sempre meno mani, impoverimento relativo, e a volte assoluto, del resto della popolazione in cui non si concentra il capitale e crescita dei monopoli che dominano rami della produzione e anche paesi interi.

In definitiva, il sistema capitalista si basa sullo sfruttamento massivo di una maggioranza sociale, la classe operaia, da parte di una minoranza parassitaria, la borghesia, che si arricchisce a scapito del plusvalore, il lavoro non remunerato ai primi.

La creazione del blocco oligarchico-borghese spagnolo

La borghesia storica catalana ha concentrato il suo capitale durante tutto il XX secolo, creando importanti monopoli che hanno dominato sempre più il mercato, in principio nel resto dello Stato e dopo a livello internazionale. Parallelamente, la borghesia spagnola ha seguito un processo simile, condividendo zone di mercato con la borghesia catalana. Le leggi dell'economia operarono e alla fine del XX secolo e inizi del XXI, al calore dell'impulso economico e delle grandi privatizzazioni dei monopoli pubblici, si è compiuto un processo di fusione di capitali nella forma di condivisione azionaria delle grandi compagnie. Questo processo si è realizzato attraverso l'integrazione dei monopoli spagnoli nel sistema capitalista-imperialista internazionale e l'omologazione delle forme di dominio con i paesi dell'Unione Europea. L'interrelazione di capitali oggi è profonda, e la maggioranza delle grandi oligarchie nate in una o l'altra sponda dell'Ebro condividono azioni delle principali banche e compagnie dell'IBEX35. Questo ha creato una tal comunione di interessi tra le differenti borghesie dello Stato spagnolo che rende imprescindibile parlare di un blocco oligarchico-borghese spagnolo.

Nella contraddizione di unità e lotta che governava le relazioni inter-borghesi nel XX secolo, ha predominato infine l'unità dei settori monopolistici. Il blocco oligarchico-borghese non è né catalano, né basco, né madrileno, è un blocco di carattere spagnolo mentre la sua base di accumulazione e dominio non è nazionale, ma nel quadro statale. Questo si riflette direttamente nell'ambito politico visto che la nazione catalana ha smesso di esser un progetto utile per la classe dominante in Catalogna. I suoi rappresentanti storici (CiU) sono stati spodestati. Questo è un elemento che differenzia la situazione nel XXI secolo, elemento che in nessun caso si invertirà. L'oligarchia in Catalogna non tornerà mai più a difendere, mantenere o promuovere la nazione catalana.

Il blocco oligarchico-borghese può avere interessi nel "processo" ma non nell'indipendenza, ponendo la classe operaia in battaglie facili da reindirizzare e che non si basano sulla difesa indipendente dei propri interessi.

Il ruolo dei settori intermedi nel conflitto tra il mondo del capitale e quello del lavoro

Tra l'oligarchia e la classe operaia c'è una classe che soffre le tensioni contraddittorie del sistema, la piccola borghesia. La piccola borghesia è quella classe sociale che è proprietaria di piccoli affari e che aspira a farli crescere o, almeno, a mantenere la sua piccola parte di proprietà nel mercato. Pur essendo una classe molto numerosa, il sistema tende a lasciarle sempre meno spazio. Il poco margine di profitto che apportano gli affari della piccola borghesia rendono difficile la competizione con i grandi monopoli, i quali, aumentano la loro forza in un sistema che tende alla concentrazione dei capitali.

Il sogno di salire nella scala sociale si avvera in pochissime occasioni, mentre sono maggioritari i casi nei quali gli affari della piccola e media borghesia hanno grandi difficoltà a sopravvivere e incluso, non poche volte, devono chiudere. Questo fenomeno lo chiamiamo processo di proletarizzazione, essendo una costante del capitalismo che accelera specialmente in momenti di crisi come quello che viviamo.

L'elemento chiave che spiega l'impulso del processo indipendentista è stato il processo di proletarizzazione accelerato vissuto da ampi strati della piccola e media borghesia catalana nei momenti più duri della crisi economica. Inoltre, la scomparsa di un mercato nazionale catalano, profondamente inter-relazionato con quello della Spagna ha radicalizzato questi strati che vedono "il loro mondo" – o contesto di sussistenza – scomparire.

Pertanto, la proposta politica di questa classe è stata segnata da due elementi:

1) Dal fatto che la grande borghesia si è fusa con quella del resto dello Stato e si è convertita in borghesia spagnola, perdendo il quadro nazionale e non rappresentando più gli interessi del territorio sul quale si sostenta il mercato della piccola e media borghesia.

2) E soprattutto, la minaccia massiva di proletarizzazione l'ha portata a sollevare una proposta di scontro radicalizzato contro le conseguenze del capitalismo monopolista attuale, ma non contro il capitalismo come sistema, giacché desiderano un capitalismo che non tenda alla concentrazione di capitali, senza grandi corporazioni e basato sul regime di piccole proprietà come le loro.

Tutto questo ha portato la piccola borghesia a sviluppare una proposta politica con un certo grado di conflitto contro la classe oligarchica ma senza generare un movimento di rottura o indipendente da essa.

Chi rappresenta la Repubblica Catalana?

La pietra angolare è l'intento di portare indietro la ruota della storia, cercando di invertire l'inesorabile sviluppo del capitalismo, proteggendo gli interessi dei piccoli affari di fronte ai grandi monopoli. E' una proposta reazionaria e utopica, dal momento che il sistema capitalista si sviluppa con leggi indipendenti dalla volontà umana che vanno in avanti e non all'indietro.

Dall'altro lato, è una proposta di contenuto popolare visto che una parte del popolo cerca di conquistare fette della torta di potere dell'oligarchia. Non essendo lo Stato spagnolo disposto a difendere questa proposta, il progetto della piccola e media borghesia catalana fa un balzo in avanti, proponendo una indipendenza contro-natura con il fine di garantire un micro-mondo capitalista dove le leggi agiscono in modo differente rispetto al resto dei paesi del mondo.

L'immagine utopica della Repubblica Catalana dell'ANC e dell'indipendentismo non è solo una creazione della piccola e media borghesia. E' anche una proposta di profondo carico ideologico che funge da canto di sirena per la classe lavoratrice. L'utopia di una Catalogna indipendente con un capitalismo dalle caratteristiche controllabili, cerca di vendere alla classe operaia un falso progetto nel quale il suo sfruttamento si vedrebbe ridotto (non eliminato) e la sua qualità di vita aumenterebbe.

Il fatto di pensare che una Catalogna indipendente tratterebbe meglio i suoi lavoratori, o che lo Stato capitalista tenderebbe a distribuire meglio la ricchezza, oltre ad esser una illusione è una idea con un certo carico di xenofobia, visto che sostiene che la miseria della classe operaia deriva da una malvagità intrinseca di alcuni borghesi spagnoli che invece non hanno i borghesi catalani. Si deve metter in chiaro che la borghesia, quale che sia la sua nazionalità, è guidata dalla legge della massima estrazione di plusvalore, ossia, tende a sfruttare al massimo possibile la classe operaia. Si deve rompere con l'idea che conseguendo una Catalogna indipendente la classe operaia vivrà meglio. La nostra classe migliorerà le sue condizioni di vita solo quando lotterà contro la classe dominante e la farà cadere.

E' praticabile il "processo"?

Ma le visioni utopiche, lontane dalla realtà, non si hanno solo su una ipotetica Repubblica Catalana, si hanno sullo stesso processo indipendentista.

Uno Stato è la materializzazione del potere di una classe sociale. Nel caso spagnolo, il potere dell'oligarchia sulla classe operaia e i settori popolari, indipendentemente dal partito politico che c'è alla Moncloa. Per parlare della rottura di uno Stato per crearne un altro è necessario parlare delle relazioni di potere. L'oligarchia spagnola mai accetterà un indebolimento del suo raggio d'azione, ancor meno nel quadro della Catalogna che è uno dei pilastri economici dello Stato. Nemmeno a livello geo-strategico ci sono attori internazionali particolarmente interessati alla frammentazione dello Stato per indebolire i monopoli spagnoli.

In questa situazione di dominio assoluto di tutte le leve del potere l'oligarchia non ha nessun motivo di negoziare una possibile indipendenza. I principali partiti politici spagnoli, fedeli difensori dello status quo, si attengono a questo copione, incapaci di dare una soluzione politica a ciò che sta succedendo. L'indipendentismo è rimasto senza margini di manovra. Appaiono da qui due discorsi idealisti:

Quel discorso che si appella all'inevitabile indipendenza in caso si dia una nuova manifestazione di democrazia e cittadinanza, sia con un referendum o con nuove mobilitazioni popolari.

Quel discorso che sostiene che quando lo Stato impedirà il referendum e applicherà con più fermezza la via giudiziaria, gli Stati europei, con un gran "spirito democratico", interverranno nel conflitto.

Nessuno di questi discorsi ha una base reale, dato che il potere del capitale si basa sulla forza e non sulla democrazia. Gli Stati capitalisti rispondono agli interessi economici dei loro monopoli, non sono guidati dalla difesa dei diritti umani. Gli USA invasero l'Iraq per ottenere risorse naturali, non per qualche preoccupazione per la democrazia. Nessuno Stato d'Europa ha alzato la voce contro la recente oppressione dispiegata in Turchia giacché questo è un alleato chiave per chiudere la porta a milioni di vittime rifugiate.

Poco a poco si va visualizzando l'unico orizzonte realista per l'indipendentismo e tutti i difensori del diritto all'autodeterminazione, orizzonte che da tempo noi comunisti annunciamo: che non sarà possibile alcun processo di autodeterminazione e pertanto nemmeno di indipendenza, senza distruggere il potere statale dell'oligarchia. Non si può spodestare l'oligarchia dal potere in maniera pacifica, posto che è sempre disposta a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per mantenere il suo regime di interessi. Per rovesciare il potere dell'oligarchia si richiede, così come la storia dimostra, un processo rivoluzionario.

E' l'indipendentismo disposto a portare avanti un processo rivoluzionario? La risposta a questa domanda è certamente no. L'indipendentismo oggi non ha né forza né capacità di resistenza per affrontare un conflitto reale con lo Stato. E questo non avviene per una codardia intrinseca dei catalani, ma per le condizioni di classe del "processo". La piccola borghesia non è una classe rivoluzionaria e pertanto i movimenti politici che sviluppano non hanno nessuna caratteristica (ideologica, politica e organizzativa) rivoluzionaria. E in fondo la classe operaia intuisce che questa non è la sua lotta, e nessun funzionario è disposto a giocarsi il posto di lavoro per andare a votare sull'indipendenza. In definitiva, il processo indipendentista è destinato al fallimento a causa della classe sociale che lo fomenta, dirige e gli dà forma.

Al Governo spagnolo, per vincere questo impulso basta controllare i suoi settori più proto-fascisti e aspettare che il "processo" si consumi per limiti propri. Con questo passaggio ci sarà solo una combinazione di frustrazione e nessuna offerta di briciole economiche in modo che l'indipendentismo sarà incapace di mantenere la Generalitat. Senza benzina iniettata dalla Generalitat e i suoi mezzi di comunicazione, l'indipendentismo calerà, sicuramente, a un controllabile 30%.

La classe operaia deve riprendere il suo cammino

Abbiamo parlato del conflitto che si mantiene tra la grande oligarchia, rappresentata dai principali partiti spagnoli e lo Stato, e la piccola e media borghesia catalana, rappresentate dai partiti indipendentisti e la Generalitat. Ma in questo "processo" che ruolo gioca la classe operaia? La classe operaia non ha avuto alcun ruolo da protagonista in questo "processo", ma ne ha mantenuto uno sussidiario, essendo utilizzata come carne da cannone per i due processi in conflitto.

Nel 2008 scoppiava una delle maggiori crisi capitaliste che si ricordano e rapidamente questa colpiva la Spagna. Dopo un periodo di contenimento basato sull'iniezione massiccia di denaro da parte dello Stato in certi settori dell'economia (come quello edilizio con il Plan E), la virulenza della crisi esplose.

Con una rapidità incredibile il capitalismo distrusse milioni di posti di lavoro. Lo Stato agì, come sempre, a beneficio della classe dominante, promulgando leggi e riforme lavorative che facilitassero il licenziamento e svalutassero la manodopera. Nel mentre, redistribuiva il bilancio per trasferire migliaia di milioni dal salario indiretto del lavoro alle rendite del capitale. Le conseguenze le ha subite la classe operaia, con fortissimi tagli ai settori pubblici: istruzione e sanità.

Di fronte all'aggressione del padronato e il Governo (sia catalano che spagnolo) alla classe operaia, questa ha reagito con lotte difensive. Si convocarono tre scioperi generali e centinaia di conflitti con un forte protagonismo operaio scoppiarono in tutto il territorio. Il Governo di Artur Mas era sul filo del rasoio.

La classe operaia ha affrontato queste battaglie senza direzione politica del suo Partito, il partito proprio e genuino della classe operaia, il Partito Comunista. L'immensa debolezza del Partito Comunista ha dato a queste lotte un carattere spontaneista di cui la piccola borghesia ha saputo approfittare. La piccola borghesia entra nella scena politica, davanti al forte processo di proletarizzazione, con due sue proposte, il 15M e il processo indipendentista. Entrò in uno dei peggiori momenti della crisi, canalizzando il malcontento sociale e dando una direzione politica basata sui suoi interessi e non su quelli della classe operaia. Da un lato si promuoveva il discorso che il problema era la gestione corrotta del sistema capitalista e che si dovevano cambiare i gestori con altri più efficaci e legittimi. Dall'altro lato si promuoveva il discorso per il quale tutti i mali della classe operaia provenivano dalla Spagna e la soluzione passava dall'indipendenza. Due versioni di uno stesso fatto, approfittando del malcontento della classe operaia per indirizzarlo verso lotte contro alcune delle conseguenze del capitalismo per cercare una riforma di esso, ma svuotandolo di ogni contenuto anti-sistema di sfruttamento capitalistico in sé. La classe operaia ha smesso di essere un soggetto protagonista delle lotte per passare ad esser un soggetto passivo arruolatosi sotto una bandiera non sua.

Convergenza Democratica ha saputo approfittare e promuovere questo cambiamento. Artur Mas passò in poco tempo dall'avere un piede e mezzo fuori dalla Generalitat ad esser uno dei presidenti con maggior grado di appoggio popolare. La lotta radicale operaia fu sconfitta proprio nel momento in cui il sistema era più in difficoltà. La sconfitta della classe operaia ha agevolato l'uscita dalla crisi del sistema capitalista così come desiderava, basandosi sull'incremento del grado di sfruttamento della classe operaia. Con la crisi il capitale si è concentrato, i ricchi sono più ricchi e i lavoratori sono più poveri. Oggi abbiamo molti meno diritti che nel 2008.

Il cammino indipendente della classe operaia

Cosa deve fare la classe operaia in questa situazione? La classe operaia deve apprendere dalle sue esperienze e pertanto deve organizzarsi per creare un movimento con orientamento chiaramente operaio dove si difendono i suoi interessi al di sopra di quelli dei padroni.

Per farlo è necessario affilare gli strumenti principali con cui storicamente ha lottato la classe operaia, i sindacati con orientamento di classe e il Partito Comunista. E' con l'organizzazione operaia e le lotte operaie che la nostra classe prende coscienza di classe come tale e diviene un soggetto indipendente capace di sbarazzarsi di ogni influenza borghese, combattendo per i suoi interessi e non per quelli altrui, con l'orizzonte di una società di lavoratori liberi dallo sfruttamento. La lotta del popolo catalano per decidere il suo futuro, per acquisire il diritto democratico dell'autodeterminazione, sarà una realtà nella società socialista-comunista.

Il nostro cammino è quello dell'indipendenza della classe operaia, l'unico cammino che permetterà la libertà della Catalogna come nazione.

Né lo spagnolismo difensore dello status quo né l'indipendentismo con proposte utopiche irrealizzabili, servono gli interessi della classe operaia, hanno entrambi un sigillo di classe estraneo ad essa. Mentre la nostra classe si divide in funzione del nazionalismo che difende PP o PDECat (e a volte anche ERC), questi si mettono d'accordo al Congresso dei deputati per approvare leggi e riforme lesive contro la nostra classe. L'ultimo caso che abbiamo è il decreto contro i portuali.

Ci sono posizioni ben intenzionate di parte della sinistra che formulano l'indipendentismo come qualcosa di funzionale alla lotta della classe operaia. Secondo queste posizioni, una rottura con lo Stato spagnolo aprirà una ventaglio di opportunità per far guadagnare posizioni alla nostra classe. Nel caso che la rottura con la Spagna fosse possibile senza distruggere tutto il potere dei monopoli questa tesi sarebbe giusta. Ma siccome non è così, questa tesi porta la classe operaia a mettersi dietro la piccola e media borghesia in un processo che, sicuramente, fallirà. Questa tesi sostiene che la classe operaia deve desistere proprio nel momento in cui più necessita il contrario. Questa tesi ha contribuito a portarci alla sconfitta in questa crisi e a future sconfitte finché resta vivo il "processo".

La condizione di altissima improbabilità – quasi impossibilità – dell'indipendenza della Catalogna dentro il capitalismo è ciò che invalida questa tesi e la converte in qualcosa di sommamente pericoloso per la nostra classe.

Le condizioni di concentrazione del capitale in Spagna rendono impraticabile qualsiasi processo di rottura. Capitalismo e autodeterminazione, nel caso concreto della Catalogna, sono divenuti concetti assolutamente irriconciliabili. Solo in un processo rivoluzionario nel quadro spagnolo, ossia statale, in cui la classe oligarchica sia definitivamente sostituita al potere dalla classe sfruttata, la classe operaia, ci saranno le condizioni materiali per dare un reale diritto all'autodeterminazione della Catalogna.

La classe operaia della Catalogna, con tutta quella della Spagna, ha riposto il massimo interesse nell'unità contro il coeso blocco oligarchico-borghese che utilizza lo Stato come strumento garante del suo dominio di classe.

In conclusione e coerenza con quanto esposto, Comunisti Catalani – PCPE fanno i seguenti appelli alla classe operaia e i settori popolari.

1. A rafforzare la lotta operaia. Rafforzare il sindacalismo di classe e conflittuale e le file del Partito Comunista. Lottare contro la penetrazione delle idee di altre classi sociali dentro la nostra classe come sono quelle di matrice socialdemocratica e di ogni tipo di nazionalismo.

2. A lottare per l'unità di tutta la classe operaia, organizzandosi in un progetto comune per distruggere un nemico comune, il blocco oligarchico-borghese. Finirla con ogni tipo di incitamenti e pregiudizi tra i popoli che cercano di dividerci come classe. A coltivare il rispetto e la fraternità tra tutti i popoli e nazioni della Spagna.

3. A difendere il diritto all'autodeterminazione come diritto proprio della Catalogna come nazione. Questo vuol dire difendere il fatto che la Catalogna possa divenire ciò che desiderano i catalani, arrivando all'indipendenza se è ciò che vuole maggioritariamente.

4. A non unirsi alle lotte estranee, che siano promosse dalle forze della Generalitat che da quelle dello Stato spagnolo. Qualsiasi unione a questo orientamento indebolisce il punto 1. In questo senso la nostra classe non si può unire al processo partecipativo del 1° Ottobre né agli atti di boicottaggio che si realizzeranno. Il 1° Ottobre non ci sarà un referendum di autodeterminazione visto che la Generalitat non ha la capacità di implementare il prevedibile risultato. La volontà non lo trasforma in realtà. Sommarsi al processo partecipativo, al di là di una rivendicazione al voto, è un avallo alle forze indipendentiste per trarre beneficio dal conflitto e affrontare in condizioni migliori le elezioni autonome e continuare a prolungare l'agonia della classe operaia.

5. Condannare qualsiasi soluzione reazionaria da parte dello Stato, soprattutto se si produce contro le masse o contro la lingua e la cultura catalana. Rifiutare anche, nel caso, la repressione contro gli attori sociali del processo indipendentista.


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