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Dichiarazione dell'Ufficio Politico del PCTE: Vicini per produrre, confinati per vivere

Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE) | pcte.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

26/10/2020

Il 25 ottobre è stato annunciato e pubblicato nel BOE (Bollettino Ufficiale di Stato, ndt) il Decreto Reale 926/2020, che dichiara nuovamente lo stato d'emergenza per tutto il paese con l'obiettivo di "contenere la propagazione delle infezioni causate dal SARS-CoV-2". Di fronte a questa situazione, l'Ufficio Politico del Comitato Centrale del PCTE realizza le seguenti valutazioni.

La situazione economica e sanitaria del nostro paese è gravissima. I contagi crescono, il sistema sanitario pubblico è sull'orlo del collasso e si stanno producendo più di 100 morti al giorno. Allo stesso tempo i dati economici sono ogni giorno più preoccupanti e si sta producendo una distruzione massiccia di forze produttive - nella forma di chiusura di imprese e licenziamenti - che si trasformerà in un vero tsunami quando terminerà la vigenza dell'ERTE straordinaria, a gennaio.

L'annuncio del nuovo stato d'emergenza giunge dopo vari mesi in cui i vari gestori del capitalismo spagnolo, a livello statale, autonomo e municipale, hanno spinto la popolazione a consumare, a spostarsi e a vivere come se il virus fosse sparito. Nessuno può negare che il precipitoso allentamento di giugno è stato dovuto alla pressione delle associazioni imprenditoriali, in particolar modo quelle del settore turistico, e che sono state le autorità statali, autonome e municipali quelle che più hanno contribuito a generare una sensazione di falsa sicurezza della quale ora vogliono incolpare la popolazione. Ci sono colpevoli e sono loro.

Mentre questo accadeva, e nonostante la magniloquenza delle parole e messaggi di sostegno al personale sanitario, non sono state adottate le misure necessarie per far fronte a una seconda ondata della pandemia, che era praticamente annunciata dal mese di aprile. Nè il governo centrale, nè quelli delle Comunità Autonome hanno adottato le misure necessarie per ridurre l'impatto del virus dopo l'estate. Non è stata rafforzata la sanità pubblica, nè si è adeguatamente preparato l'inizio dell'anno scolastico e nemmeno è stato previsto uno scenario come quello che si verifica adesso.

In tutti questi mesi, la principale preoccupazione dei vari governi capitalisti del nostro paese è stata quella di cercare di mantenere la produzione a ogni costo e sostenere il consumo della popolazione come meccanismo essenziale per garantire la sussistenza, principalmente, delle grandi imprese.

Nelle ultime settimane, mentre si emettevano messaggi sempre più allarmanti sulle cifre dei contagi e morti, le misure di confinamento e le restrizioni orarie adottate dai vari governi hanno avuto sempre come eccezione gli spostamenti per motivi lavorativi, esprimendo così molto chiaramente che, nel dilemma tra salute e produzione, la priorità è la seconda.

Hanno cercato di occultare il carattere di classe dei confinamenti, così come l'inefficacia di molte delle misure presumibilmente sociali adottate e annunciate con grande clamore negli ultimi mesi, sotto il mantello di numerosi falsi dibattiti in cui hanno voluto intrappolare la popolazione. Le dispute tra le amministrazioni, la riluttanza a prendere decisioni che fossero impopolari e potessero avere dei costi elettorali a medio e lungo periodo e il dibattito sull'attendibilità o meno dei dati e delle misure sanitarie, sono state amplificate al punto da nascondere il vero problema che affronta la maggioranza lavoratrice di questo paese: una crisi economica senza precedenti che si sta traducendo in una brutale battuta d'arresto nelle condizioni generali di vita e di lavoro della classe.

I dati parlano da soli. Il 31 gennaio finirà il periodo di proroga dell'ERTE straordinaria, ma già si conoscono casi di imprese che sono disposte a restituire gli aiuti statali con l'unico obiettivo di poter procedere a licenziamenti di massa. La distruzione delle forze produttive che avviene in ogni crisi capitalista sarà visibile con maggiore chiarezza nei prossimi mesi, una volta che l'ingente iniezione di risorse pubbliche ai capitalisti si ridurrà di fronte al rischio di fallimento di un apparato statale che affronta cifre di debito pubblico praticamente sconosciute.

Le misure adottate pensando a una crisi profonda e breve si stanno dimostrando inutili, come avvertivamo già ad aprile. Così come il Piano E è stato incapace di far sorgere verdi germogli nella precedente crisi, la massiccia iniezione di denaro pubblico alle imprese si dimostra incapace di evitare le conseguenze derivate dalla dimensione di una crisi capitalista che non è stata provocata dalla pandemia, che è stata accelerata e aggravata dalla pandemia, ma il cui scoppio era in gestazione negli ultimi anni. La pandemia ha anticipato lo scoppio della crisi capitalista, ma le cause della crisi non sono nella pandemia, ma nella base stessa di un sistema capitalista che necessita di un sempre maggiore sfruttamento dei lavoratori e lavoratrici per continuare a sopravvivere.

Le misure adottate dal Governo nel campo lavorativo, annunciate come grandi esempi di una politica destinata a proteggere tutti gli strati sociali, stanno servendo ad elevare ancor di più il livello di sfruttamento della nostra classe. La ERTE straordinaria, il telelavoro e l'annunciata regolarizzazione di settori come i riders, insieme a misure come il reddito minimo vitale, vanno configurando uno scenario in cui, per garantire ai padroni maggiori quote di plusvalore, si generalizza il lavoro a domanda in funzione delle necessità e interessi dell'impresa.

Il fatto che queste misure siano promosse da un Governo socialdemocratico non altera l'essenza antioperaia delle stesse. Ma sta servendo in modo che i vertici delle principali organizzazioni sindacali, abituati a decenni di politiche di concertazione sociale, stanno agendo come complici di questo processo di peggioramento delle condizioni di vita e lavoro della nostra classe e che, al contempo, la loro attitudine sta aiutando a contenere la risposta sociale di fronte ad una crisi sociale le cui conseguenze saranno pagate dalla maggioranza lavoratrice.

E proprio la frustazione delle illusioni generate dalla socialdemocrazia sta aprendo il passo ad una crescita delle posizioni più reazionarie tra la classe e il popolo. In un contesto generale nel quale il capitalismo in decomposizione tende alla reazione, la frustrazione può facilmente andare alla deriva verso il fascismo. La crescente incidenza di VOX negli ambienti operai e popolari, e il suo utilizzo da parte di gruppi apertamenti fascisti come fronte di massa per introdursi in terreni da cui fino ad ora erano banditi, è un'espressione di questa situazione.

Il fallimento della mozione di censura [sfiducia, ndr] della scorsa settimana non altera questa valutazione. La mozione di censura è fallita nel Congresso, ma ha proiettato ancora di più i suoi promotori tra i settori che vedono sgretolarsi le promesse della socialdemocrazia. Mentre il resto dei partiti capitalisti si divertono a lodare i benefici del parlamentarismo borghese, nei quartieri delle nostre città agiscono con sempre maggiore impunità le bande di fascisti che, al grido di "comunista", aggrediscono chiunque non condivide il loro discorso ultrareazionario.

La mozione di censura è servita a constatare che, nel Congresso, non c'è opposizione reale alle misure destinate a salvare il capitalismo spagnolo dalla sua crisi. Quello che c'è, è il clamore e l'istrionismo volti a generare l'apparenza di una discussione politica e che si basano sulla maggiore o minore velocità e sulla maggiore o minore profondità delle misure da inserire nel nuovo piano di salvataggio del capitalismo spagnolo. In parlamento non c'è speranza per la nostra classe e il nostro popolo.

L'unica speranza per la maggioranza lavoratrice del nostro paese risiede nello sviluppo delle proprie forze e della propria organizzazione. La speranza risiede nella maggiore capacità dell'insieme dei lavoratori e lavoratrici e dei settori popolari per formulare la propria alternativa, che necessariamente deve passare da una rottura con il sistema capitalista e con tutti i partiti che lo difendono, indipendentemente da come si presentano o che dicano di parlare a nome di questo o quel settore sociale. Non è il discorso quello che determina il carattere di una forza politica, ma le sue azioni, e tutti i partiti parlamentari sono oggi concentrati nel proporre quali siano le loro ricette per salvare il sistema capitalista nel nostro paese.

L'approvazione dello stato d'emergenza, unita all'introduzione del coprifuoco e della possibilità di proibire gli spostamenti tra Comunità Autonome, utilizza la situazione sanitaria che hanno aiutato a creare le forze politiche borghesi per tagliare le libertà pubbliche e i diritti democratici del popolo. La pretesa del Governo di estenderlo fino al 9 maggio fa pensare che sarà utilizzato flessibilmente nei prossimi mesi in funzione degli interessi dei vari settori capitalisti del paese, limitando o ampliando le libertà di movimento a secondo se sia necessario frenare o accelerare la produzione e il consumo.

Allo stesso tempo, lo stato d'emergenza offre ai vari livelli territoriali dello Stato capitalista un potente strumento per limitare e reprimere le proteste e le mobilitazioni che si possono sviluppare come conseguenza dell'incidenza della crisi nelle famiglie lavoratrici, ora che nelle prossime settimane ci saranno migliaia di licenziamenti, nuovi tagli sociali e salariali e un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita.

Così come dicevamo a marzo, nessun Governo capitalista difenderà l'integrità e la vita della maggioranza lavoratrice. Così come stiamo avvisando da quando è scoppiata la crisi, non vogliamo pagare la loro crisi con la nostra salute e con i nostri diritti.

Loro si sono dedicati a proteggere gli interessi del padronato, ma è il momento di proteggere gli interessi della maggioranza lavoratrice. Sappiamo che nè questo Governo, nè la sua opposizione adotteranno misure reali in difesa della vita e della salute della maggioranza lavoratrice, ma il nostro dovere è proporre a essa un'alternativa. Per questo, consideriamo essenziale insistere sulle misure principali che già abbiamo espresso il 16 marzo, con ancora più forza.

Se ci condannano a produrre, a rischiare la vita per la produzione, è necessario fermare la produzione, mantenendo esclusivamente attivi i settori strategici, cui imprese devono esser poste sotto controllo per garantire i servizi minimi e la salute e la sicurezza degli stabilimenti, mentre si deve requisire immediatamente e senza indennizzo tutto il sistema sanitario privato esistente nel paese. Allo stesso tempo, è necessario proibire effettivamente ogni licenziamento, ogni sfratto e ogni taglio alle somminstrazioni di base, in modo che nessuna famiglia lavoratrice si veda colpita nè nei loro redditi nè nelle loro condizioni di vita.

Ci diranno che queste misure implicheranno la distruzione dell'economia e genereranno più povertà. Non è vero. E' il sistema capitalista che è fallito. Sono le varie forme di gestione capitalista quelle che sono incapaci di far fronte a una pandemia e a una crisi gravissima. Il capitalismo accumula tante contraddizioni da esser incapace a sopportare un mese di paralisi della produzione.

Arginare il virus, anche senza vaccino, è possibile, l'unico impedimento che abbiamo sono le relazioni di produzione basate sulla proprietà privata.

Per tutto questo, l'Ufficio Politico del PCTE chiama alla lotta e alla resistenza contro tutte le misure antioperaie che si stanno attuando e che saranno realizzate, all'organizzazione nei luoghi di lavoro, nei quartieri e nei luoghi di studio, alla lotta senza tregua contro i discorsi reazionari e al conflitto organizzato contro le bande fasciste.

Il capitalismo spagnolo e i suoi gestori hanno dimostrato abbondantemente il loro fallimento. E' il momento di mettere sul tavolo gli interessi della maggioranza lavoratrice. E' il momento di costruire un paese per la classe operaia.

Non pagheremo la loro crisi nè con la nostra salute nè con i nostri diritti.
O loro o noi.

Madrid, 26 ottobre 2020

Ufficio Politico del Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE)


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