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- popoli resistenti - svizzera - 22-07-08 - n. 237
da Sindacato SISA - http://www.sisa-info.ch
Posizione del SISA in risposta alle proposte avanzate dal “Gruppo Operativo Giovani-Violenza-Educazione” del Cantone Ticino (giugno 2008)
Disagio giovanile, securitarismo e repressione
A seguito del tragico fatto di sangue avvenuto a Locarno durante il Carnevale 2008, e che ha visto protagonisti giovani, fra cui dei minorenni, il Cantone ha istituito uno speciale gruppo di lavoro composto fra gli altri da docenti ufficiali all’esercito, magistrati intransigenti, ecc. Non vogliamo mettere in dubbio la loro competenza, ma ci pare che questo gruppo aveva fin da subito una connotazione non propriamente dialogante con l’universo giovanile.
Estremismo o equilibrio?
Preso atto del rapporto pubblicato dal “Gruppo operativo giovani-violenza-educazione” non possiamo fare altro che dirci scioccati dalle proposte in esso contenute, e questo anche perché nel 2004 proposte simili erano state avanzate da un movimento politico molto schierato a destra chiamato “Sensogiovane.ch”: allora le autorità non si erano dette propense ad adottare quelle misure, oggi invece, quasi si trattasse di un copia-incolla, il “Gruppo operativo giovani-violenzaeducazione” pare abbia preso ampiamente spunto da quel documento intollerante e repressivo. Inutile dire che da un gruppo di lavoro pubblico, composto da persone competenti, ci si poteva attendere un lavoro maggiormente equilibrato e una saggezza superiore rispetto a quella di un movimento politico estremista.
C’è da rabbrividire quando si sente parlare di punizioni esemplari o tolleranza zero; parole che riportano alla mente i periodi più bui della storia recente. In uno stato di diritto non esistono “punizione esemplari”, esiste solo la certezza del diritto e dunque sanzioni proporzionate e con una funzione “educativa” (con forti dubbi che il sistema giuridico attuale sia in grado di esserlo!). Si tratta di termini usati da persone che non vogliono riconoscere la realtà e sono distaccati dalle problematiche delle larghe masse giovanili.
E i giovani… dove sono?
Il SISA, come unico sindacato studentesco esistente a livello cantonale è stato evidentemente escluso da ogni tipo di coinvolgimento. Ci risulta che lo stesso trattamento sia stato riservato pure ai comitati studenteschi democraticamente eletti dalle assemblee di ciascuna sede scolastica. Non possiamo quindi non chiederci dove siano i veri protagonisti, o per meglio dire “le vittime” di queste “misure”: insomma, dove sono i giovani? Chi li ha interpellati? Sono state fatte assemblee nelle scuole? Sono stati perlomeno informati che c’era in ballo un tale progetto? La risposta è, come sempre, no!
Come al solito i giovani sono l’ultima ruota del carro e viene data loro voce solo quando fa comodo oppure, mostrandosi aperti, ospitando nella commissione due liceali nominati dal Consiglio Cantonale dei Giovani, senza però un reale mandato della base. Possiamo quindi legittimamente domandarci quale posizione difendessero questi due liceali all’interno di quel consesso a nome della gioventù di questo Cantone? Mistero! Rappresentanza significa anche avere una linea politicorivendicativa da far valere dialetticamente durante le discussioni; ad esempio di fronte a quel magistrato che solo pochi anni fa chiedeva che fosse inviato l’esercito per debellare il fenomeno – anche lì spesso giovanile – della marijuana…
Proposte severe, inutili e a volte anche un po’ ridicole!
Fra le varie misure proposte dal Gruppo operativo commissionato dal governo ticinese troviamo anche quella di istituire il coprifuoco per i giovani, senza minimamente capire che il disagio giovanile non è dovuto agli orari in cui si torna a casa. Sarebbe ridicolo poi vietare ai ragazzi un sano divertimento serale o in certi casi anche notturno, dove l’assenza di un adulto accompagnatore può anche rappresentare, nonostante tutto, un’esperienza di crescita. O vogliamo creare dei mondi ovattati in cui far crescere i ragazzi? Peraltro, come sottolineato dal presidente della Conferenza Cantonale dei Genitori, nel lontano 1850 a Bellinzona la legge puniva nientemeno che con l’arresto i ragazzi che bighellonavano dopo le ore 20.00 sulla pubblica via. Il Gruppo Operativo si presenta insomma piuttosto reazionario andando a ripescare norme vecchie di un secolo e mezzo. Come sempre si vuole agire sugli effetti e non sulle cause, si vuole cercare di curare malattie che dovrebbero essere prevenute. Invece che dare più diritti alla gioventù, i cui eccessi andrebbero anche analizzati in modo ben più globale, se ne vuole dare di maggiori all’apparato di repressione sociale del nostro paese.
Si vogliono, ad esempio, sanzionare, pecuniariamente e non solo, le famiglie dei ragazzi etichettati come “casi difficili”, che, guarda caso, sono prevalentemente di bassa estrazione sociale. Sanzionare, con multe o tagli dei sussidi, chi già vive con difficoltà è il modo migliore per entrare in un circolo vizioso che porta a una maggior precarietà, un maggior disagio e dunque una maggiore violenza.
Dopo tutto questo, nonostante l’amicizia e la voglia di collaborare unitariamente che esiste da parte nostra, suona molto stonato il comunicato stampa del Consiglio Cantonale dei Giovani che qualifica le proposte di questo Gruppo Operativo nientemeno che come “costruttive e molto interessanti”. Lo stesso parlamentino dei giovani non smette di stupire e a spada tratta difende l’idea di creare figure giovanili nelle scuole quali referenti per le situazioni di violenza. Se di primo acchito può ritenersi qualcosa di positivo perché si resta in un ambiente “comunitario”, è pur vero che qui si tratta di creare degli allievi-spia con il compito di essere delatori dei propri coetanei, non proprio una bel messaggio educativo, anche perché non è compito dell’allievo fare la spia, quanto alla scuola di offrire le giuste persone qualificate di accompagnamento pedagogico e sociale per i casi che necessitano non repressione, ma aiuto. Naturalmente i vertici del Consiglio Cantonale dei Giovani ritengono che l’intervento dell’autorità è a volte necessario: come sindacato studentesco invece difenderemo l’inviolabilità della scuola e l’estensione di quella che si chiama “libertà accademica” e non accetteremo che le forze di polizia possono entrare a svolgere attività di polizia all’interno degli istituti.
I fiöö dal dì d’incöö
Se possiamo essere concordi nel condannare l’edonismo e l’individualismo diffusi oggi (ma forse anche ieri) nelle giovani generazioni, non possiamo dimenticare che è proprio il sistema socioeconomico della competizione sfrenata, del neoliberismo portato a modello culturale, della ricerca del massimo arricchimento in cui questi ragazzi e le loro famiglie vivono ad esserne la causa fondante. Una causa che ci si guarda bene dal prendere realmente in considerazione, limitandosi, anche con un po’ di quel moralismo immancabile nella “politichetta” ticinese, a piagnucolare di giovani senza valori e privi di principi. Diceva pochi anni fa il regista Marco Tullio Giordana, realizzatore di pellicole proprio sui giovani: “Oggi la scena perpetrata dai giovani di ieri inietta ai giovani di oggi pesanti dosi di cinismo. Non sono i ragazzi i colpevoli, sono gli adulti, quelli che hanno fabbricato una società dove il consumismo è la prima regola, la norma che castra ogni ribellione e ogni idea”.
Bisogna peraltro stare attenti al concetto stesso di “valore”, o di mancanza di valori nelle nuove generazioni. Quali sono, infatti, i valori ritenuti condivisi che uno Stato (che non dimentichiamo ha sempre un carattere classista!) può arrivare ad imporre alla società? E’ una domanda molto delicata, a cui in passato hanno saputo rispondere i regimi totalitari, ma che nella cultura democratica pone perlomeno dei dubbi: l’ingerenza eccessiva dello Stato (che la sociologia ci insegna non essere un’entità neutrale) nella vita delle famiglie e dell’educazione può avere infatti effetti perversi, che si fa finta di non vedere, mentre in tutta l’Unione Europea (ma anche in Svizzera) le politiche liberticide e securitarie dal sapore nostalgico stanno drammaticamente prendendo piede nel nome dell’ordine, dell’obbedienza (fatta passare per disciplina) e del conformismo sociale e culturale. Comunque sia, lo diceva anche Fabrizio De André: “verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte!”…
Per concludere…
E’ mai possibile, insomma, che non passi in mente a nessuno dei membri del Gruppo Operativo in questione che se vi è violenza vi è anche un disagio sociale serio che va risolto? Questo disagio esiste perché i diritti fondamentali dei giovani come quello allo studio, alla formazione, ad un posto di tirocinio e di lavoro sicuri sono rimessi in discussione alla stessa maniera con cui sono omologati, istituzionalizzati e commercializzati (dunque: controllati) i diritti culturali e sociali. Ma esiste anche perché le difficoltà economiche di molte famiglie tendono sempre di più a determinare in modo negativo la vita quotidiana dei ragazzi.
Abbiamo dunque bisogno di ben altre cose in questo panorama sociale! Innanzitutto occorrono scuole in cui si investa anziché tagliare; ma pure smetterla con le riforme scolastiche calate dall’alto senza considerare i diretti interessati e dettate più da ragioni di tipo economico che non per motivi di carattere pedagogico; dire finalmente basta a scuole con livelli A e B dove la selezione la fa da padrona, dove l’attitudine diventa in realtà sinonimo di discriminazione e dove l’aspetto sociale di esclusione o di marginalizzazione è sempre più presente. Occorre adoperarsi per delle condizioni di lavoro stabili e non precarie, attuando non solo aumenti di stipendio e dei salari minimi, ma obbligando se necessario i padroni a dedicarsi alla formazione di un certo numero di apprendisti in base alla forza economica dell'azienda, previo naturalmente un netto miglioramento dell'operatività degli ispettori di tirocinio che ne devono controllare il livello educativo e professionale. Insomma si tratta di assicurare un futuro post-tirocinio ma non solo. Già, perché per molti giovani il problema è proprio il futuro. Un futuro sempre più ostico e opaco in una società nella quale i valori sociali, formativi e culturali sono sempre più sottoposti alle esigenze di redditività piuttosto che alla crescita dell’individuo.
SINDACATO SISA
IL COMITATO CENTRALE
Giulio Micheli, coordinatore
Bellinzona, 22 giugno – 13 luglio 2008