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La situazione a Timor Est
Le ragioni delle dimissioni del primo ministro Mari Alkatiri e le manovre dell’imperialismo
 
di Txente Rekondo
 
27 giugno 2006
 
Le manovre cospirative e gli sforzi per provocare un cambiamento di regime pare abbiano dato i loro frutti a Timor Est. Le dimissioni del primo ministro Mari Alkatiri, immediatamente accettate dal presidente Xanana Gusmao, sono state accolte con malcelata allegria dagli attori stranieri e dalle forze più conservatrici dell’isola.
 
Appare quanto meno curioso il fatto che la cosiddetta “comunità internazionale” accetti le pressioni di alcune minoranze per sbarazzarsi di governi eletti in base ai parametri democratici che essa stessa ha difeso e rivendicato. L’indiscutibile e travolgente trionfo del FRETILIN (il movimento progressista e antimperialista che, per decenni, ha guidato la lotta di liberazione nazionale, nota del traduttore) ha fatto sì che Alkatiri fosse eletto primo ministro. La sua politica progressista e di difesa degli interessi del popolo si è scontrata con gli interessi della potentissima Chiesa Cattolica, dell’Australia, del FMI e della Banca Mondiale.
 
Non bisogna neppure dimenticare il ruolo dei nuovi ricchi che hanno dato forma ad una nuova classe sociale, desiderosa di poter beneficiare dei fondi di questi organismi, anche a costo di indebitare il popolo e di adottare una politica che in altri casi si è dimostrata una “condanna perpetua” per quei popoli che cercano di progredire, continuando ad essere padroni del proprio destino.
 
I presunti errori del governo presieduto da Alkatiri sono serviti da pretesto per orchestrare tutta una campagna contro il dirigente timorense, a cui i potenti agenti prima menzionati non perdonano le linee della sua politica sociale ed economica (di qui gli slogan “comunista” e “straniero” lanciati dai manifestanti all’indirizzo di Alkatiri).
 
Vari tentativi
 
La campagna contro Alkatiri non è una novità, dal momento che già nel dicembre del 2001 furono organizzate proteste contro di lui, e nell’aprile dell’anno scorso, la Chiesa stessa si pose alla testa di nuove manifestazioni. Inoltre, alcune fonti della regione hanno segnalato che negli ultimi mesi si sarebbero registrati addirittura tre tentativi di colpo di stato contro il governo eletto democraticamente. Così nell’aprile dello scorso anno il comandante delle Forze di Difesa del paese fu sollecitato a promuovere un golpe, ma rifiutò di effettuarlo. Qualche tempo dopo, lo stesso comandante ricevette la visita di due leader locali e di due cittadini stranieri che gli sottoposero la medesima sollecitazione, a cui reagì con un ulteriore rifiuto a mettersi alla testa del colpo di stato. Uno dei suoi collaboratori, il tenente colonnello Falur Rate Laek, alcuni giorni più tardi ricevette anch’egli la visita di costoro, animati dalle stesse intenzioni. E anche in questo caso i militari opposero un rifiuto.
 
Ciononostante i golpisti hanno perseverato nei loro tentativi di dividere e far scontrare le forze armate, orchestrando una campagna che individuava nel primo ministro l’obiettivo finale. Queste manovre sono riuscite infine a dividere le forze di polizia, che si sono contrapposte in seguito all’esercito, ottenendo così che il caos e gli scontri si susseguissero per settimane nella capitale di Timor Est.
 
Tutti gli argomenti utilizzati in queste settimane (liste di assassinati, distribuzione di armi da parte di Alkatiri) si sono rivelati privi di fondamento, soprattutto quando si è trattato di presentare prove evidenti. Ma in seguito agli ultimi avvenimenti, sembrerebbe che le forze conservatrici e i gruppi di pressione stranieri abbiano raggiunto il loro obiettivo, costringendo il primo ministro a rinunciare al suo mandato. In tal modo egli ha comunque potuto dimostrare la propria maturità politica, preferendo rinunciare al mandato per garantire la stabilità politica per il suo popolo, piuttosto che continuare fino alle estreme conseguenze ad assolvere al mandato popolare ricevuto.
 
L’Australia
 
Non è difficile osservare dietro a questi movimenti gli interessi australiani che, con il pretesto dell’invio di forze di pace, sono riusciti ad assicurare la loro presenza militare nell’isola, a scalzare il maggiore oppositore della loro politica energetica e coloniale, e ad assicurare in tal modo l’accesso alle ricchezze energetiche di cui dispone Timor Est.
 
Un ex generale portoghese, che fu alla testa delle truppe delle Nazioni Unite a Timor Est, ha rilevato che: “l’Australia ha provocato la crisi per controllare questo paese e le sue ricchezze”. Sydney intende impadronirsi delle riserve di gas e petrolio delle acque timorensi e per questo ha cercato di garantirsi “la presenza militare sul terreno e il controllo del sistema politico del paese”.
 
Le differenze tra Mari Alkatiri e Xanana Gusmao non erano nuove. Mentre il primo si pronunciava per un regime parlamentare, l’altro ne preferiva uno presidenzialista. E probabilmente, dopo essere stato sconfitto democraticamente, non ha sprecato l’opportunità di sferrare un colpo definitivo al suo rivale politico del momento. Non conviene neppure perdere di vista il “laureato” Jose Ramos Horta che dall’inizio della crisi si è alleato con i settori reazionari della Chiesa e le classi conservatrici del paese. Questo personaggio, la cui ideologia si distanzia ogni giorno di più da quella che difendono il FRETILIN e il fino ad ora primo ministro, si consulta tutti i giorni con il ministro degli esteri australiano, il che dimostra fino a dove possono spingersi le sue intenzioni.
 
Se il cambiamento provocato di regime raggiungesse i suoi obiettivi non è difficile indovinare il futuro che aspetta Timor Est, che aprirà le porte agli “aiuti” della Banca Mondiale e del FMI, di cui si impadroniranno le nuove classi alte mentre il paese rimarrà vincolato a un prestito che condizionerà tutto il suo futuro. Allo stesso tempo, la direzione politica del paese si mostrerà disposta a rinegoziare con l’Australia un accordo sulle risorse energetiche che andrà unicamente a beneficio del governo di Sidney e dei portafogli di un’elite politica locale che avrà imboccato definitivamente la strada della sottomissione e della corruzione. Mentre la Chiesa Cattolica imporrà i suoi criteri in materia educativa e sociale.
 
In quel momento la popolazione civile vedrà come le sue penurie alimentari andranno aumentando e le possibilità di uscire dall’attuale crisi economica e sociale si allontaneranno di giorno in giorno. E la situazione di Timor Est scomparirà dai mezzi di comunicazione, come, del resto, già avveniva nel passato.
 
TXENTE REKONDO – Gabinete Vasco de Analisis Internacional (GAIN)
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare