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Okuyan: "Questo paese non ha altra scelta che lottare!"

Intervista del portale soL news a Kemal Okuyan, primo segretario del CC del Partito Comunista di Turchia (TKP), sui risultati del referendum del 16 aprile in Turchia

ICP | tkp.org.tr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

17/04/2017

Quali sono le tue prime considerazioni sui risultati del referendum?

Non abbiamo il risultato matematico. Hanno fatto quello che sanno fare meglio e hanno rubato questo risultato. Non abbiamo nessun risultato. Tuttavia, la nostra logica, la nostra mente e coscienza ci dicono che matematicamente i "No" hanno vinto. Ma ci sono anche altri risultati che ci mostrano un'altra realtà. Nonostante la repressione, lo sfruttamento delle risorse pubbliche e le frodi si può vedere ovviamente che in realtà la gente che appoggiava l'AKP è un 40% del popolo e più importante di questo, la resistenza nelle grandi città non è diminuita, ma aumentata. Se prima era a Smirne che non aveva appoggio e ora è a Istanbul, Ankara, Adana, Mersin, Diyarbak, Aydin, Eskisehir, ecc. Con questi risultati non puoi cambiare la costituzione, pensi solo di poterlo fare.

Prima di questo parliamo delle manipolazioni. In realtà hanno davvero avuto un così grande impatto sulle elezioni?

Ovviamente lo hanno avuto, se le consideriamo nell'insieme. Come non riconoscere come "manipolazione" il fatto che tutte le risorse pubbliche siano servite per il Sì? O le bugie dei media? O le minacce, il terrore? Ridurre il numero dei partiti che hanno il diritto di partecipare alle elezioni e mediante questo cambiamento, ridurre la quantità degli osservatori del processo elettorale non è una manipolazione di per sé? Possiamo aggiungere quello che è stato fatto il giorno del referendum. I voti persi, i voti senza vidimazione, i video di migliaia di votanti del 'Sì' che hanno violato la legge sulla segretezza del voto pubblicizzando la decisione per il 'Sì', entrando contemporaneamente nelle cabine elettorali 2-3 persone alla volta, gli interventi illegali della polizia, i voti manipolati e alla fine la dichiarazione del Comitato Supremo Elettorale che accetta i voti senza vidimazione. Questo referendum non può essere accettato in generale.

Che cosa possiamo fare contro tutto questo?

Il popolo deve reagire. Tuttavia c'è il CHP (Partito Repubblicano del Popolo) a fare da barriera alla reazione popolare, un partito in cui il popolo ha ancora speranza. Erdogan può ringraziare un'altra volta Kılıçdaroğlu, leader del CHP

Che cosa può realmente fare il CHP?

Il CHP non può fare niente. Ma solo noi lo sappiamo. La base di massa del CHP continua a sperarci e attende. Mentre il CHP ogni volta compie con successo la sua missione: placare l'ira e l'energia accumulata. Parlavamo prima del referendum, della tendenza che esiste tra i quadri del CHP che avrebbe voluto come risultato il successo del 'Sì' con uno stretto margine. Anche Kılıçdaroğlu appartiene a costoro.

Come puoi esserne tanto sicuro?

In primo luogo, Kılıçdaroğlu non era preparato per il 'No.' Non avrebbe saputo che cosa fare nel caso in cui il risultato fosse stato il 'No.' Il governo non l'avrebbe accettato, ci sarebbe stata molta tensione ecc. Durante tutta la campagna del referendum, Kılıçdaroğlu non ha fatto che parlare di "negoziazione." Niente che riguardi il "potere". Secondo e più importante, questo risultato è quello auspicato dalla maggioranza dei monopoli internazionali. I grandi padroni vogliono il sistema presidenziale. Sappiamo già che i centri imperialisti stanno spingendo verso un sistema che rafforzi il potere esecutivo. Quella che li disturba è l'esagerazione di Erdogan. Il 'Sì', che vince per uno stretto margine, da una parte avrebbe immobilizzato Erdogan, e dall'altra avrebbe dato forza un "programma" con ampi spazi di manovra per il capitale. Hanno ottenuto quanto speravano. La missione personale di Kılıçdaroğlu è questa.

Si rilasseranno un po'? Intendo dire, se è questo ciò che volevano...

No, perché le contraddizioni all'interno del sistema imperialista sono molto gravi e la Turchia si trova a un punto cruciale. Erdogan da una parte prolunga la sua vita politica approfittando di queste contraddizioni; ma d'altra parte queste stesse preparano la sua morte. Questa congiuntura non produce stabilità. Neanche le dinamiche interne producono stabilità. La Turchia non può sostenere Erdogan culturalmente, ideologicamente, politicamente, economicamente... C'è un altro fatto che continua a presentarsi ed è che neanche la classe operaia della Turchia può sostenere Erdogan e la sua mentalità. Non importa quello che dice Kılıçdaroğlu...

Che cosa succederà allora?

In primo luogo, a partire da ieri sono cambiati alcuni paradigmi nella politica capitalista. Un partito al governo che dopo Smirne ha perso altre due città importanti, Istanbul e Ankara. Se i risultati fossero stati peggiori, Erdogan non avrebbe avuto altra scelta che correre alla guida dell'AKP di nuovo. Nel CHP sono esistiti sempre problemi. Personalmente non ho conosciuto nessuno che non abbia problemi col CHP. La discussione nel CHP sono infinite. Inoltre, Aksener si presenta come un attore nuovo nella politica capitalista. Ogni volta che Erdogan e l'AKP hanno delle difficoltà, Aksener rosicchia pezzi dall'AKP. Il gruppo capeggiato da Aksener rappresenta già il MHP (Partito del Movimento Nazionalista). Richiamerebbe anche l'attenzione degli insoddisfatti del CHP. Sappiamo già che ci sono preparativi e contatti per costruire un nuovo "centro". L'altro partito nel parlamento, il Partito Democratico Popolare (HDP), ha dimostrato nonostante tutta la repressione, di consolidare con successo la sua base.

Dobbiamo aspettarci una ripresa o una disintegrazione in politica?

Per una ripresa, è necessario prima disintegrarsi. Ma in questo momento la Turchia è un paese la cui insicurezza aumenta giorno per giorno, per questo motivo è impossibile classificarlo sulla base di questi episodi. Specialmente in questo mondo! Ecco perché abbiamo sostenuto che il referendum da solo non sarebbe in grado di determinare tutto in una volta.

Ecco dove stavo cercando di arrivare. Il TKP disse "non importa il risultato, continuiamo a lottare". Possiamo attribuire un significato nuovo a questa affermazione dopo il risultato?

Il TKP ha detto così perché se il "no"avesse vinto, sarebbe stato un risultato che avrebbe potuto dare esiti positivi, senza però essere una soluzione definitiva. Neanche esiste una grande organizzazione che possa proteggere i voti dal 'No.' Sappiamo che matematicamente più della metà degli elettori hanno detto 'No', ma il governo ha compiuto brogli e le reazioni della gente che "non Si arrende" sono state molto preziose, ma molto deboli. Dicevamo che "Il Sì non porterà la fine del mondo." È arrivata la fine del mondo? Dobbiamo lasciare tutto e andarcene? Non c'è modo! Le organizzazioni del TKP stanno chiamando il popolo affinché sviluppi la lotta. Ma in un contesto differente.

Quale è questo contesto?

Il TKP è un partito che difende l'illuminismo, la laicità e la Repubblica contro il fondamentalismo religioso. Senza esitazioni e fin dall'inizio ... E oggi in Turchia la maggioranza dei voti "no" è incentrata sul laicismo, sebbene non tutti. Tuttavia, un fatto è chiaro: lo stallo in Turchia non può essere risolto attraverso la polarizzazione tra secolarismo e fondamentalismo religioso. Il secolarismo da solo non può respingere il fondamentalismo religioso e viceversa. Quello che vogliono è riconciliare questi due poli e rafforzare l'area transitoria nel mezzo. Questo significherebbe effettivamente il trionfo del fondamentalismo religioso. Proprio come 'l'Islam moderato' è una fabbricazione imperialista, non c'è niente come un illuminismo moderato o un secolarismo moderato. Ma questo è il desiderio della borghesia, che sarebbe la sconfitta del nostro popolo. Solo la polarizzazione di classe può risolvere questa crisi. Anche il laicismo ne ha bisogno. Soprattutto, il TKP è il partito della classe operaia e lotta per la sua emancipazione, che significa l'emancipazione del popolo. Non mettiamo il laicismo contro la lotta di classe. Quello che diciamo è che: in questo mondo borghese, in questo ordine capitalista, dimenticatevi il laicismo perché troverete solo la sua caricatura.

Dici che senza una politica di classe, il laicismo non può avere la meglio sul fondamentalismo. Allora la Turchia non può risolvere questo problema in tempi brevi?

No, non può. Ma nei paesi come la Turchia è un po' complicato parlare di "breve termine". L'imperialismo è in crisi. Il capitalismo è sull'orlo di una crisi economica molto grave in Turchia. In questa congiuntura, la classe operaia non dovrebbe aspettare a braccia conserte. In questo momento essere disorganizzati è impossibile. Insistiamo nel nostro appello. Il popolo deve essere unito e le persone laiche deve smettere di avere l'irresponsabilità di dire "non ci interessiamo dello sfruttamento e dell'ingiustizia che continuano fino a che loro (AKP) non mettono becco nell'alcol che beviamo, nella lunghezza della gonna che portiamo". Non c'è un'altra soluzione che lottare!

La gente che ha detto 'No', può compiere questa trasformazione?

Il referendum è già passato. Il risultato è illegittimo, questo è un fatto indiscutibile. Ma ora la gente deve concentrarsi sulla vita reale. Questo paese non è unito, né nelle fabbriche, né negli uffici, né nelle università, né nei quartieri. Ovviamente non possono proteggere i loro voti. Cantare la marcia di Smirne non è sufficiente. Quelli che non hanno problemi col sistema, ma vogliono che il laicismo rimanga, non hanno il diritto di lamentarsi. Ma una percentuale importante di questi elettori non appartiene alla classe operaia. Possiamo cominciare a capire che la classe borghese ha messo dinamite nelle fondamenta del laicismo e che quello che chiamiamo imperialismo è il sistema dei monopoli. Senza organizzazione non possiamo occuparci di questo.

Dobbiamo solo rivolgerci a quelli che hanno detto 'No'?

Al principio, si. È anche il modo di raggiungere la classe operaia nelle masse dell'AKP. Se perdiamo l'energia del 'No', se la fiducia che hanno queste persone diminuisce e la gente si sente sconfitta, non potremo fare niente in questo paese. Non possiamo convincere la gente. E l'unica maniera per iniettare energia al "No" è dipingerlo col colore della classe operaia. Questo non è un calcolo matematico, bensì un processo politico. Con l'organizzazione di un decimo degli elettori del 'No', tutto cambierebbe. Nessuno potrebbe impedirlo, soprattutto né il governo, né l'Agenzia di Notizie, né il Comitato Supremo Elettorale potrebbero frodarlo.

Questo tipo di organizzazione ti pare possibile?

Non esiste un'altra maniera. Il TKP fa tutto quello che può. Il socialismo è una necessità come l'acqua, l'aria. Le condizioni sono mature per spiegarlo, per capirlo. Anche l'idea della Repubblica ha bisogno del socialismo. La Turchia non può sopportare Erdogan e il capitalismo non può sopportare la Repubblica. E allora?

Che vuoi dire per concludere?

Prima e nel giorno del referendum molte persone hanno lavorato per il "No" con grande sincerità e auto-sacrificio. Queste persone sono l'onore di questo paese. Nessuno dovrebbe rimpiangere che tutti quegli sforzi siano andati perduti. Nulla è inutile. Ieri è stata imparata una lezione molto importante. Se non sei organizzato, non sei niente. Se facciamo nostri gli insegnamenti di questa lezione, non c'è nulla di cui essere pessimisti.


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