www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 28-12-17 - n. 656

Gli "eurodemocratici" bombardamenti dei nazisti ucraini sul Donbass

Fabrizio Poggi | nuovaunita.info

dicembre 2017

Insieme all'appoggio della chiesa ucraina, quello dei dirigenti PD che non fanno mancare la propria amichevole simpatia ai "democratici" e delle massime autorità parlamentari che accordano loro il sostegno ufficiale della Repubblica italiana, come nel caso del protocollo sottoscritto la primavera scorsa tra la Presidente della Camera Laura Boldrini e il nazista speaker della rada ucraina Andrej Parubij

Lo scorso 11 dicembre, alla presenza di varie autorità di governo e della cerchia presidenziale, è stata scoperta a Mosca, nella centralissima via Tverskaja, una lapide sulla facciata dell'edificio in cui, dal 1970 al 1974 e poi dal 1994 al 2002, visse Aleksander Solzenitsin, "primo uomo", ha notato sarcasticamente il sito web Balalaika, "ad aver chiesto al Senato Usa di portare un attacco atomico contro la propria patria". Per il 2018 è prevista l'inaugurazione persino di un monumento nel centro della capitale russa, dopo che il suo "Arcipelago Gulag" è stato inserito nel programma obbligatorio minimo di letteratura nelle scuole.

Crediamo non sia necessario ricordare ai lettori di "nuova unità" chi fosse Solzenitsin, uno dei maggiori "eroi" della democrazia occidentale antisovietica e osannato fustigatore dei "crimini del regime sovietico", ben ripagato nel 1970 col Nobel per la letteratura, al pari di Boris Pasternak, Josif Brodskij o, in ultimo, la bielorussa Svetlana Aleksievic. Forse deluso dal fatto che Washingthon non avesse esaudito il suo appello nucleare, a fine anni '70, Solzenitsin, durante il suo "esilio" dorato nel Vermont, scriveva che gli Usa non erano più un "alleato onesto nella liberazione russa", dato che non consideravano i russi una "nazione oppressa dal comunismo" e, al contrario, vedevano nella Russia, ma non nel comunismo, come avrebbe voluto lui, l"oppressore mondiale". D'altronde, quella inaugurata a Solzenitsin, non è la prima targa dedicata in Russia a protagonisti della lotta, armata e non, contro l'ordinamento sovietico.

In fondo, c'è poco da stupirsi: basta ricordare che ad esempio il canale Spunik, in tema di foibe, accettando come dato di fatto l'esclusiva narrazione delle destre e senza minimamente parlare di cosa il fascismo abbia rappresentato per le popolazioni slovene e croate, ha potuto scrivere che "di fronte all'eccidio di oltre diecimila esseri umani e all'esodo di massa di trecentocinquantamila si deve tenere desta la memoria per non permettere che la barbarie torni a dominare". C'è poco da stupirsi: basta ricordare che l'argomento più "profondo" portato dalla direttrice di Russia Today ("il verbo" anche di molta italica sinistra), Margarita Simonjan, in occasione delle rievocazioni per il centenario della Rivoluzione d'Ottobre, è stato che "nel mio organismo si sia formata una resistente allergia a giustificare Stalin".

Se dunque questa è la via seguita a Mosca, come non considerare quantomeno di facciata, al di là degli interessi geopolitici del Cremlino, le prese di posizione russe nei confronti della situazione ucraina?

Una situazione in cui non fa quasi più notizia l'aggressione armata contro la popolazione civile del Donbass, nonostante i quotidiani bombardamenti sulle città delle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk, persino su scuole e ospedali pediatrici e i continui tentativi dell'esercito ucraino e dei battaglioni neonazisti di sfondare il fronte lungo la linea di separazione tra le forze. Una situazione in cui, però, la stessa popolazione ucraina è falcidiata dalle "riforme" - aumenti stratosferici di prezzi dei prodotti alimentari e di tasse e tariffe sulle fonti primarie di sopravvivenza, come gas e acqua - imposte da FMI e Banca Mondiale dopo il golpe del febbraio 2014.

Una situazione in cui gli interessi di colossi occidentali dettano la tabella di marcia del "parlamento": sarebbe sufficiente ricordare anche il solo esempio dell'eliminazione, da parte della Rada, della moratoria sulla privatizzazione dei terreni agricoli, una manovra a favore dei grandi monopoli agroalimentari internazionali, come Cargill, Monsanto, Dupont, AgroGeneration ecc. Una situazione che vede la diretta e personale partecipazione di figure di spicco della "democrazia" a stelle e strisce nell'economia ucraina: l'esempio più lampante è quello della famiglia dell'ex vice presidente yankee, Joe Biden, il cui figlio, Hunter, subito dopo quella che in Occidente è chiamata "rivoluzione della dignità" (traduzione ucraina del vocabolo tedesco "putsch") del febbraio 2014 è divenuto membro del Consiglio direttivo della maggiore impresa ucraina del gas, la Burisma Holdings, impegnata nell'estrazione di gas naturale, sviluppo del gas di scisto, realizzazione di terminali e condutture per la ricezione di gas liquefatto. In questo senso, il già citato sito web Balalaika, ricordava ironicamente qualche tempo fa l'impresa compiuta da quella Victoria-fuck-the-UE-Nuland, incaricata speciale del Dipartimento di stato, che aveva concluso l'affare più redditizio dell'intera storia americana, nel senso che se Peter Minuit nel 1626 aveva acquistato dai nativi l'isola di Manhattan in cambio di specchietti e perline, lei, nel 2014 a Kiev, ha consentito agli USA di comprare un'intera nazione con un pacchetto di biscotti distribuiti ai manifestanti di majdan.

Un'intera nazione comprata e controllata, anche imponendo, nei diversi governi succedutisi dopo il golpe del 2014, la presenza di ministri stranieri, presi a prestito da varie ex Repubbliche sovietiche, ma tutti rigorosamente svezzati a Washington. Un controllo che, se durante la presidenza Obama, ha visto l'imposizione di ogni singolo passo dell'amministrazione ucraina da parte di Biden, Nuland, o gli ambasciatori Geoffrey Pyatt e Mary Jovanovic, appare oggi un po' più "discreto", pur se non cessa il sostegno diretto, in armi, soldi e istruttori, non solo da parte USA, ma anche di Canada, Germania, Gran Bretagna, Georgia, ai neonazisti di "Azov" e "Ajdar". E se qualche pubblicazione statunitense scrive ora che, "appoggiando Petro Porošenko, l'Occidente non ha sostenuto il giusto leader in Ucraina", è probabilmente vero che oggi oltreoceano si vedrebbe bene l'assunzione al soglio golpista, al posto di Porošenko, di personaggi quali l'ex matrona del gas ed ex primo ministro, la martire occidentale Julija Timošenko. E non si cessa di sponsorizzare nemmeno l'ex governatore di Odessa, quel Mikhail Saakašvili che nel 2008, da presidente della Georgia, tentò l'avventura bellica contro la Russia in Ossetia meridionale e che è tuttora ricercato a Tbilisi per appropriazione di 5 milioni di $ di fondi statali e depistaggio nella morte dell'ex primo ministro Zurab Zhvania: la vicenda del suo arresto a Kiev, a inizio dicembre, apparentemente sconfitto nella guerra tra bande oligarchiche, e della sua immediata scarcerazione, su evidente ordine di Washington, pare emblematica.

Emblematica di una situazione in cui sempre più ucraini chiedono l'impeachment di Petro Porošenko, poco importa se a favore o meno del ricercato Saakašvili: di motivi ne hanno comunque a bizzeffe. Il centro di analisi ucraino Texty.org.ua ha classificato il paese, sulla base del livello salariale medio, al netto delle tasse, come il più povero d'Europa: con 190 euro al mese, l'Ucraina è davanti a Moldavia (216 euro), Albania (347), Russia (474), Slovacchia (722), Polonia (748). Secondo The World Factbook della CIA, l'Ucraina occupa il 221° posto, su 235 paesi esaminati, per tasso di crescita media (0,41%) della popolazione; il 189° per tasso di natalità e il 5° (14,4 ogni mille abitanti) per tasso di mortalità; il 150° (72,1 anni) per aspettativa di vita alla nascita, con un tasso di disoccupazione che nel 2016 era del 9,3%, senza considerare, ancora secondo la CIA, "il forte numero di sottoccupati o non registrarti nelle liste di disoccupazione".

E se questo riguarda gli ucraini in prima battuta, i golpisti di Kiev stanno riscuotendo avvertimenti anche da vicini governi nazionalisti, preoccupati per le vessazioni cui sono sottoposte le minoranze che popolano i territori ucraini di confine: è il caso, soprattutto, di polacchi e ungheresi. Difficilmente, nel loro caso, la situazione evolverà in qualcosa che ricordi, anche solo lontanamente, quella delle Repubbliche popolari. Ma non c'è dubbio che, se così dovesse essere, la chiesa ucraina sarebbe pronta ad adottare nei loro confronti la stessa linea oggi predicata per il Donbass, con i preti che benedicono l'intitolazione di piazze e strade a "eroi" del collaborazionismo filonazista, o che, in diretta tv, pontificano che non è giusto definire "assassini" i soldati che bombardano la popolazione civile del Donbass, dato che la chiesa distingue tra "guerra difensiva e di aggressione" e oggi "il popolo ucraino sta conducendo una giusta guerra difensiva. I nostri soldati fermano l'aggressore; frenano il male e sono costruttori di pace".

Una "guerra difensiva", in cui le forze ucraine fanno addirittura ricorso a proiettili al fosforo contro gli obiettivi civili. Già in passato, il patriarca Filaret aveva sentenziato che dio permette di attaccare "l'aggressore dell'est", con l'obiettivo di illuminare gli atei, "perché là i senzadio sono in maggioranza"; e ancor prima, il metropolita Mikhail Zinkevič aveva ammonito i fedeli che "ogni candela acquistata nelle chiese del patriarcato di Mosca, è una pallottola per uccidere i vostri figli". Quello stesso Zinkevič che pochi mesi fa, nel benedire una chiesa, aveva definito "uomini dalla vita santa" i membri dell'OUN-UPA inquadrati nel battaglione "Nachtigall" o nella divisione SS "Galizia".

Evidentemente, la chiesa ucraina può bellamente ignorare l'ennesimo rapporto dell'Alto commissario ONU per i diritti umani, sulle torture inflitte dagli sgherri di Kiev a chiunque, nel Donbass, sia anche solo sospettato di operare per DNR e LNR. Può ignorare il fatto che sempre più cecchini, georgiani o lituani, sono pronti a testimoniare in giudizio sulle somme ricevute (si parla di 5.000 $) per sparare nel febbraio del 2014 a majdan Nezaležnosti (piazza Indipendenza) sia sui manifestanti che sugli agenti di polizia colpevolmente lasciati disarmati, in base al piano della CIA per accreditare la versione di un massacro operato dal governo Janukovič. Può ignorare il fatto che si stia facendo strada una verità ben più tragica sull'eccidio del 2 maggio 2014 alla Casa dei sindacati di Odessa, in cui, secondo la criminale versione della Procura ucraina, fu il "forte vento" a provocare l'incendio che costò la vita a 48 antifascisti, mentre ora, le testimonianze di parenti e conoscenti delle vittime, portano quel numero a quasi 400 persone, morte o tra le fiamme appiccate dalle bottiglie incendiarie lanciate dai neonazisti, o finite a colpi di spranga e di pistola, o decedute successivamente per le ferite riportate.

La chiesa ucraina può ignorare questi fatti; così come possono ignorarli quegli esponenti del PD che, dal nord al sud Italia, non fanno mancare la propria amichevole simpatia ai "democratici" fautori della "euroindipendenza" ucraina; così come possono ignorarli quelle massime autorità parlamentari che accordano loro il sostegno ufficiale della Repubblica italiana, come nel caso del protocollo sottoscritto la primavera scorsa tra la Presidente della Camera Laura Boldrini e il nazista speaker della rada ucraina Andrej Parubij.

La "eurodemocrazia" ha bisogno delle croci frecciate e uncinate che oggi dominano a est delle Alpi.


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