Successo politico del referendum in Ungheria contro la privatizzazione degli ospedali pubblici
Il 5 dicembre scorso si é tenuto in Ungheria un referendum nazionale contro la
privatizzazione degli ospedali e delle ambulanze pubblici. Le forze sociali
hanno ricorso al referendum dopo che il governo di coalizione
socialista-liberale aveva fatto passare in parlamento la legge 43/2003,
rendendo legittimo la svendita delle istituzioni sanitarie statali e
municipali, giustificandola con la mancanza di mezzi finanziari disponibili a
garantire il funzionamento e il necessario sviluppo dei servizi sanitari.
Una volta la legge approvata, venne sospesa dalla Corte Costituzionale per
motivi di procedura formale, senza che tale sospensione toccasse il contenuto
della normativa stessa. Così, su iniziativa di diverse organizzazioni politiche
e sociali ungheresi, tra cui il Partito Operaio (Munkaspart), il Movimento di
Democrazia in Società (TDM) e del Fronte della Gioventù di Sinistra,
organizzazioni membri del Foro Sociale Ungherese, nel dicembre 2003 é stata
lanciata una campagna di raccolta di 200 mila firme, necessarie per indire il
referendum abrogativo della legge sulla privatizzazione ospedaliera. Grazie
all’impegno degli attivisti del Partito Operaio e del Foro Sociale Ungherese,
nel giro di poche settimane sono state raccolte più di 300 mila firme, e dopo
l’approvazione doverosa del parlamento, il presidente della repubblica ha
indetto il referendum per il 5 dicembre del 2004.
La campagna elettorale é stata caratterizzata dall’esclusione della voce dei
promotori del referendum dagli organi di stampa liberale e socialdemocratica,
dai canali nazionali della televisione di servizio pubblico, mentre l’esecutivo
era intervenuto direttamente, con la partecipazione personale del primo
ministro ungherese, il ministro delle finanze e quello della sanità, violando
elementari principi plebiscitari e di democrazia diretta, seminando confusione
e ripensamenti tra gli elettori, consigliando loro di accettare la
privatizzazione per il loro bene, oppure di non recarsi alle urne, presentando
il referendum, come se si trattasse di elezioni politiche.
Sulla scheda di voto figurava la seguente domanda: "É d’accordo Lei, che
le istituzioni di servizio pubblico sanitario, gli ospedali rimangano in
proprietà dello stato e dei comuni, e che di conseguenza l’Assemblea Nazionale
abroghi la legge che ne contraddice?” Il 65 per cento dei votanti aveva
risposto di Sì a questa domanda, riecheggiando la volontà della stragrande
maggioranza della popolazione magiara, interessata a salvaguardare
l’universalità, la gratuità e l’eguaglianza dei servizi sanitari, ereditati
dall’epoca del socialismo reale. Si era recato alle urne circa il 37 percento
degli aventi diritto al voto. La legge elettorale ungherese prevede, che il
referendum debba rimanere senza effetto giuridico, qualora i „sì” o i „no” non
superassero la soglia del 25 per cento dei voti.
A causa della scarsa partecipazione al voto, dovuta principalmente
all’atteggiamento del governo, é mancato appena l’uno per cento per superare la
soglia. Di conseguenza il referendum non ha potuto obbligare il parlamento
perché questo abrogasse la legge. (La legge peraltro continua a rimanere
sospesa.) Ma ciò che non é coercitivo sul piano giuridico, può esserlo sul
piano politico. Il governo infatti non potrà non prendere atto della volontà di
circa due milioni di cittadini, senza mettere ulteriormente a repentaglio la
propria popolarità.
Il Foro Sociale Ungherese considera il risultato del referendum un importante
successo politico e morale della popolazione, che ha voluto difendere
l’importante conquista sociale degli ospedali pubblici. Abbiamo ricevuto
espressioni di solidarietà con la nostra lotta da tutto il mondo: da ambienti
medici degli Stati Uniti all’India, dal Gruppo di Sinistra del Parlamento
Europeo alle reti di sanità presenti nel Foro Sociale Europeo. Il Foro Sociale
Ungherese ha acquisito un’importante esperienza nel corso dell’iniziativa
referendaria: l’esigenza dell’unità, e il dovere della ricerca di intese per
raggiungere gli obiettivi comuni. Non c’é dubbio, che da soli non saremmo stati
in grado di mobilitare tre milioni di elettori a difendere il loro proprio
interesse. Abbiamo scelto la via delle intese senza preclusioni ideologiche e politiche,
partendo dalla necessità di difendere l’interesse collettivo: il diritto umano
e sociale alla salute. Non abbiamo chiesto a nessuno per quale partito votava,
quale fosse la sua scelta ideologica, ci siamo semplicemente mossi con tutti
quelli che erano contrari alla privatizzazione degli ospedali.
In questa mobilitazione nazionale il Foro Sociale Ungherese si é trovato
insieme alla Camera dei Medici (MOK), al Sindacato Democratico degli Impiegati
della Salute (EDDSZ), al Partito Operaio extraparlamentare, comunista, al
maggior partito di opposizione di centro destra (FIDESZ), insieme perfino con
la Conferenza Episcopale Ungherese e con altre comunità religiose. Non abbiamo
avuto timore di questo arco di forze politiche e sociali di ispirazione così
diversa, schieratesi attorno alla nostra iniziativa referendaria. Al contrario,
avremmo voluto, che questa unità di azione si allargasse il più possibile, con
il risultato di impedire la svendita degli ospedali. (Purtroppo anche questo
arco di forze risultò insufficiente ad attingere l’obiettivo, abrogare la
legge.)
Durante la campagna elettorale il Foro Sociale Ungherese é stato oggetto di
continui attacchi sia da parte del governo di orientamento neoliberista, che da
parte di gruppuscoli neostaliniani. Questi ultimi considerarono la nostra
azione referendaria di cedimento alla destra, e di alleanza con forze
nazionalistiche e fasciste. Uno di questi gruppi, purtroppo era stato
Attac-Ungheria, e la sua fondazione, che – nonostante il nostro invito di agire
insieme - si é rifiutato di partecipare
sia nella raccolta delle firme, che nella campagna elettorale. Il loro
vicepresidente, il filosofo Miklos Gaspar Tamas, aveva addirittura invitato la
gente ad astenersi dal voto! (Il suo appello era stato largamente diffuso sulla
stampa liberale, mentre il nostro appello elettorale non é stato neppure
menzionato.)
Dal canto suo il Foro Sociale Ungherese non si accontentò del rifiuto alla
privatizzazione, ma partendo dalla necessità di difendere il bene comune, presentò
varie iniziative di sviluppo riguardanti la sanità e il soddisfacimento dei
bisogni a più alti livelli. Insieme ai sindacati e alla Camera dei Medici
abbiamo lanciato un nuovo programma di sviluppo sanitario, imperniato su una
differente distribuzione dei beni, sul controllo democratico dei fondi mutui,
su un nuovo contratto sociale con lo stato, mediante la partecipazione di
sindacati, organizzazioni professionali e movimenti sociali.
Ed ora che fare? Cercheremo di portare avanti la nostra lotta su scala europea:
unendoci a tutti quelli che si propongono di bloccare la direttiva Bolkenstein,
e l’entrata in vigore del trattato costituzionale europeo. Mentre la prima –
conformemente agli accordi GATS - sollecita la privatizzazione dei servizi
pubblici, la seconda eleva addirittura a rango politico-ideologico l’espansione
del libero mercato anche alla sfera dei servizi pubblici. Certo, il risultato
del nostro impegno non é scontato, ma neppure ai nostri avversari sarà facile
far passare le privatizzazioni contrarie agli interessi generali degli europei.
Ne é un esempio il referendum ungherese del 5 dicembre scorso. Ce ne saranno
altri esempi di referendum sulla costituzione in Spagna, Francia, e altrove.
Uniti potremo fare anche di più nell’interesse dell’Europa Sociale dei Popoli.
1 gennaio 2005
Endre Simo, rappresentante del Gruppo di Coordinamento del Foro Sociale
Ungherese