www.resistenze.org - popoli resistenti - ungheria - 08-11-05

Il 21° congresso del Munkaspart

 

Il 4 giugno 2005 si sono tenuti a Budapest i lavori del 21° Congresso del Munkaspart (Partito Operaio Ungherese), organizzato a porte chiuse data la difficoltà della situazione generale e la delicatezza della discussione interna, che ha caratterizzato la vita del partito nell’ultimo anno e mezzo. Il Munkaspart è erede diretto, pur se minoritario, di quello che è stato il Partito Socialista Operaio Ungherese, al potere fino al 1989 e successivamente trasformatosi in Partito Socialista Ungherese. Alle elezioni del maggio 1994, vinte dai socialisti in alleanza coi liberali dopo la terapia d’urto liberista imposta dal governo Antall, il Munkaspart ha ottenuto 110.000 voti, pari al 3,2% dei consensi, risultato non trascurabile se si considerano le enormi difficoltà iniziali, l’isolamento politico e le continue e violente campagne anticomuniste. E’ stato il governo socialista a preparare l’ingresso dell’Ungheria nella NATO, avvenuto nel marzo 1999, e la prosecuzione delle riforme verso il “libero mercato” e la svendita del patrimonio pubblico. Tanto che alle successive elezioni del maggio 1998, segnate da una bassa affluenza alle urne, si è imposta di nuovo la destra liberista, mentre il Partito Operaio ha ottenuto il 4 % e 180.000 voti, sfiorando l’ingresso in Parlamento. Alle elezioni dell’aprile 2002, invece, in un contesto di forte bipolarizzazione del quadro politico, ha vinto inaspettatamente, pur se di stretta misura, l’asse socialisti – liberali, mentre il Munkaspart, che al secondo turno nei collegi uninominali ha sostenuto i candidati socialisti, ha ottenuto un risultato deludente rispetto alle aspettative: 2,2% e 120.000 voti. Il governo social-liberale, dopo aver sostenuto Bush nell’avventura irachena, ha condotto il paese all’integrazione nell’Unione Europea dal 1 maggio 2004. DATO EUROPEE. Abbiamo intervistato, in esclusiva per L’Ernesto, il compagno Gyula Thurmer, confermato Segretario Generale del partito al termine dei lavori del 21° Congresso.

 

Con la fine dell’Ungheria socialista nel 1990-1991 abbiamo assistito non solamente ad una sorta di “transizione verso il capitalismo” ma alla graduale integrazione del paese all’interno delle strutture economiche e militari di quello che era il blocco occidentale (NATO ed Unione Europea).


Nonostante un numero sempre maggiore di persone si senta insoddisfatto delle circumstances dell’Ungheria, la classe capitalistica al governo si è dimostrata in grado di dirigere il paese. Nessun dubbio, di conseguenza, sul fatto che l’Ungheria rimarrà sotto circumstances capitalistiche in un foreseeable futuro. Negli anni recenti, però, un numero sempre maggiore di persone ha provato direttamente le contraddizioni proprie del sistema capitalistico, trovandosi di fronte alle conseguenze dello sfruttamento capitalistico, a partire dalla disoccupazione, soprattutto giovanile, e dalla povertà di massa, e si è resa conto che i partiti rappresentati nel Parlamento nazionale li hanno deceived. Per questo non intendono votare né il Partito Socialista (MSZP) né la Lega dei Giovani Democratici – Partito Civico Ungherese (FIDESZ). In Ungheria vi sono più scioperi, dimostrazioni ed altre forme di protesta rispetto a qualche anno fa. L’Ungheria non è più un paese bonificato dalla lotta di classe.

 

Andiamo con ordine. Dopo tre anni di governo socialista ed a poco più di un anno dall’ingresso nell’UE, quale bilancio possiamo trarre?


Alle elezioni politiche del 2002 il Partito Socialista ha vinto, pur se con una maggioranza risicata, promettendo una vita migliore per gli strati (slices) poveri della società ungherese. I socialisti non sono stati, però, in grado di realizzare pienamente la loro politica. La situazione economica in Europa, inclusa la Germania (aspetto questo importante per l’Ungheria), volge al peggio. Come conseguenza, le entrate del governo ungherese sono fallen ed il programma di giustizia sociale è fallito. L’ingresso dell’Ungheria nell’Unione Europea, poi, non ha portato ad alcun miglioramento nella vita della gente comune, mentre stanno crescendo l’incertezza e l’insoddisfazione. Nel 2004 la coalizione di governo formata da socialisti e Lega dei Liberi Democratici (SZDSZ) ha tentato di modificare la situazione a proprio favore cambiando il primo ministro. Medgyssey è stato sostituito  con Gyurcsany, già attivista del Movimento dei Giovani Comunisti ed oggi uno degli uomini più ricchi del paese. Alla luce degli avvenimenti recenti, però, possiamo tranquillamente affermare che la crisi del governo social-liberale continua.

 

E’ giusto definire il quadro politico ungherese una sorta di “alternanza senza alternativa”?


Sostanzialmente sì. La classe capitalistica al governo detiene il potere con l’aiuto sostanziale della grande parte del quadro politico ungherese: da una parte, il blocco social-liberale guidato dal Partito Socialista e, dall’altra, il blocco conservatore guidato dalla FIDESZ. Entrambi i blocchi perseguono il medesimo obiettivo, vale a dire il rafforzamento del sistema capitalistico in Ungheria, senza consentire il dispiegamento della lotta di classe, in modo tale da realizzare gli interessi del capitale multinazionale e del grande capitale ungherese. Sulla questione di fondo del capitalismo e della contraddizione tra capitale e lavoro non vi sono differenze tra i due blocchi. Detto questo, non è possibile affermare che entrambi sono sullo stesso piano, anche se entrambi sono utili al capitale. Possiamo, dunque, limitarci ad affermare che i socialisti sono meno peggio degli altri.

 

In questo contesto difficile non temete una ripresa prepotente delle forze dell’estrema destra come avvenuto in diversi paesi europei anche di recente?


La povertà, l’ingiustizia sociale, lo sfruttamento, l’irresponsabile behaviour dei governi capitalisti hanno rafforzato – così come avviene negli altri paesi d’Europa – l’estremismo di destra, con relativi sentimenti antisemiti e anti-rom. Il Partito Operaio Ungherese continuerà anche in futuro la propria lotta contro questo estremismo, ma ritiene altrettanto necessario che i partiti rappresentati in parlamento tentino di eliminare le ragioni di fondo che favoriscono questo fenomeno, a partire dalla povertà, invece di limitarsi a declamare slogan. Noi ribadiamo che, oggi, non esiste un pericolo di deriva fascista in Ungheria, al di là della propaganda del governo social-liberale.

 

Ci hai raccontato di una ripresa della lotta di classe, terreno fertile per rilanciare anche il conflitto sociale. Qual’è stata l’attività del Munkaspart su questo fondamentale terreno?


Nel 2004 abbiamo promosso un referendum, che ha avuto luogo il 5 dicembre, contro la privatizzazione del sistema ospedaliero, raccogliendo più di 300.000 firme. E’ stato il primo referendum promosso e realizzato con successo da una forza politica in Ungheria, dal momento che tutti gli appuntamenti precedenti sono stati promossi direttamente dal governo su argomenti quali l’adesione a NATO ed Unione Europea. E’ stato il primo referendum, altresì, organizzato su una importante questione sociale e più di 1.900.000 elettori hanno votato contro la privatizzazione degli ospedali. Questo è stato per noi una grande successo sul piano politico.

 

Un partito in buona salute, che sembra aver riassorbito la delusione del 2002…


Possiamo affermare con soddisfazione che l’attività degli ultimi due anni dimostra la correttezza delle Risoluzioni adottate dal nostro 20° Congresso e che i nostri iscritti e militanti hanno superato le conseguenze negative del fallimento elettorale del 2002. Sono state riorganizzate la maggior parte delle strutture sul territorio ed il partito ha imparato a sopravvivere con meno disponibilità finanziarie. Nel 2003 abbiamo sostenuto i socialisti e preso in considerazione la molto risicata maggioranza ed oggi possiamo affermare che essi non sarebbero in grado di vincere senza di noi. Forse anche per questo si augurano che il Munkaspart possa scomparire travolto dalle difficoltà, in modo tale da ottenere automaticamente e gratuitamente il sostegno dei nostri elettori alle elezioni del 2006. Per fortuna il partito non è stato liquidato ed ha recuperato la volontà di lottare, come ha dimostrato il referendum del 2004.

 

Da quanto sappiamo, c’è chi non si è limitato semplicemente ad augurarsi la scomparsa del Minkaspart.


Se partiamo dal presupposto che non si sono determinati grandi cambiamenti nella struttura del potere, il ruolo del Munkaspart può rivelarsi centrale per le elezioni del 2006. Per questo le forze del capitalismo hanno lanciato un attacco contro di noi nel corso del 2004, con il chiaro obiettivo di blow-up il partito e liquidarne l’unità politica ed organizzativa. Essi non si sono fatti scrupolo di utilizzare alcuni componenti del nostro partito, per tentare di modificare la composizione del gruppo dirigente centrale e la linea politica del Munkaspart. L’obiettivo di costoro era indebolire progressivamente l’autonomia del partito e costringerlo ad un’alleanza organica con i socialisti. I componenti di questa frazione hanno causato seri danni al partito e per questo sono stati espulsi nel corso del Comitato Centrale nel marzo 2005, decisione confermata dal 21° Congresso. Nonostante l’espulsione, costoro continuano il lavoro contro il partito nei tribunali.

 

Quali, in estrema sintesi, le scelte operate dal 21° Congresso?


Abbiamo ribadito la natura marxista, internazionalista e comunista del nostro partito, con l’obiettivo di lottare a fianco dei lavoratori ungheresi contro la globalizzazione che tende a liquidare le nazioni e contro il capitalismo, confermando l’opzione strategica a del socialismo. Per questo il Congresso ha deciso di modificare il nome del partito in “Partito Comunista Operaio Ungherese” (aggiungendo “comunista”) e di sottoporre questa decisione ad una consultazione tra gli iscritti da tenersi in settembre. Abbiamo, inoltre, confermato la scelta di preservare il principio del centralismo democratico come metodo migliore per favorire una discussione interna senza cristallizzazioni, garantendo nel contempo organizzazione e disciplina.

Sul piano politico, infine, abbiamo deciso di presentarci con il nostro simbolo alle elezioni politiche del 2006.

 

Avete anche confermato la scelta di aderire alla Sinistra Europea.


Sostanzialmente sì, dal momento che noi siamo propensi a favorire lo sviluppo di relazioni con altri partiti comunisti, inclusi quelli degli attuali paesi socialisti, anche se chiederemo al Presidium del Partito della Sinistra Europea di impegnarsi a fondo per rafforzare gli elementi comunisti nell’elaborazione della linea politica di questo nuovo soggetto.

 


(a cura di Marcello Graziosi)