Tabaré
di Andrea Necciai
“Festeggiate uruguayani, festeggiate… la vittoria è solo
vostra!”.
A Montevideo, una folla in tripudio ha accolto la storica vittoria del Frente
Amplio alle elezioni presidenziali di novembre, giunta dopo quasi 130 anni di
“duopolio” dei partiti tradizionali “Blanco” e “Colorado”, dai risvolti più o
meno autoritari.
Il primo presidente “rosso” della storia dell’Uruguay si chiama Tabaré Vazquez,
medico oncologo di 64 anni, già noto per aver rivestito in passato la carica di
sindaco di Montevideo. Il suo è stato un vero e proprio trionfo (quasi un
plebiscito popolare), con la maggior parte delle preferenze incamerate già al
primo turno e una distanza di più di 10 punti dal suo principale avversario, il
candidato “blanco” Jorge Larranaga.
Cresciuto alla Teja, uno dei quartieri più poveri della capitale, Tabaré
Vazquez proviene da una famiglia umile. I suoi genitori, morti entrambi
prematuramente di malattia, riuscirono con non pochi sacrifici a farlo studiare
e laureare in medicina.
Nel giro di pochi anni, la sua fin lì brillante carriera di medico lo
incoraggia ad aprire una clinica nel quartiere d’origine, la prima e l’unica
“per gente non ricca”. Da qui ha inizio una lunga militanza politica e civile,
in cui Tabaré si cimenta con passione e dedizione fino a confluire nel Frente
Amplio: il variegato movimento politico che raggruppa diverse anime della
sinistra social-comunista.
Nei primi anni ’70 il Frente è ancora guidato dal suo fondatore, il leggendario
Libero Seregni, un ex generale d’artiglieria in pensione con una spiccata
inclinazione per i movimenti popolari. All’inizio degli anni 90, alla morte
dell’anziano militare gli subentra lo stesso Vazquez, appena in tempo per
candidarsi alle presidenziali del 1994. In quell’occasione il neo segretario
incassa ben 300.000 voti, ma non sono sufficienti a garantirgli la vittoria. La
spunta infatti il “colorado” Sanguinetti, di origini piemontesi, primo
presidente eletto democraticamente dopo gli anni tragici della dittatura
militare.
Vanno decisamente meglio per il Frente le consultazioni del 1999. Vazquez
raggiunge i 900.000 consensi ma ancora una volta, pur essendo il candidato più
votato, viene scavalcato al secondo turno da “blancos” e “colorados”, costretti
all’apparentamento per far fronte al rischio di una clamorosa vittoria delle
sinistre.
Nel frattempo, mentre il Paese precipita in una drammatica crisi economica -
trascinato nel baratro dal crack finanziario della vicina Argentina -, il
governo si vede costretto ad adottare impopolari misure d’emergenza nel
tentativo di contenere il deficit galoppante. Ma il collasso finanziario è alle
porte: nel 2002, in sole tre settimane, l’Uruguay perde la metà delle sue
riserve in divisa e ciò alimenta sempre più i timori di un crollo imminente del
sistema bancario.
La prima vittima della crisi è il popolo uruguagio, colpito da un processo di
impoverimento senza precedenti che fa schizzare la disoccupazione al 15% e
precipitare un abitante su tre al di sotto della soglia di povertà. A tutto ciò
si devono aggiungere i guasti provocati dall’adozione delle solite politiche di
marca liberista - quelle “suggerite” dal FMI, ormai una costante dei paesi
latinoamericani -, messe in atto dagli ultimi governi in carica con ondate di
privatizzazioni nel settore pubblico e di tagli al welfare.
Le ragioni della svolta “a sinistra” di quest’autunno elettorale nascono
appunto da questi trascorsi storici. Approfittando del generale clima di
malcontento e sfiducia verso una classe dirigente delegittimata dai fallimenti
in campo economico e sociale, la coalizione progressista di Vazquez ha
raggiunto la piena maturità politica, ma soprattutto - crediamo - ha ritrovato
quella forza morale capace di risvegliare le coscienze di tutta una popolazione
nei momenti d’emergenza.
Gli “argentini col valium”, come recentemente lo scrittore uruguayano Eduardo
Galeano ha definito i suoi concittadini (per la loro scarsa propensione alla
protesta, anche di fronte a condizioni di vita tanto esasperanti), si sono
finalmente dati una scossa, decretando - a suon di voti contrari - la fine del
regime secolare blanco-colorado.
“Festeggiate uruguayani, festeggiate… la vittoria è solo vostra!”.
già pubblicato da "latinoamerica e dintorni" dicembre 2004