www.resistenze.org - popoli resistenti - uruguay - 10-02-09 - n. 260

da Oltre confine - Newsletter settimanale del Dipartimento Esteri del PdCI
 
Uruguay, una battaglia civile contro l'impunità della casta dei militari”
 
di Marco Zoboli, dip. Esteri PdCI
 
E' stata superata la soglia delle 200.000 firme da parte del comitato promotore per l'abrogazione della "Ley de caducidad de pretension punitiva", l'obiettivo minimo per consentire l'attuazione del referendum l'ottobre prossimo in coincidenza delle elezioni presidenziali è di 250.000 firme, il 10% del corpo elettorale uruguayano.
 
Negli anni della dittatura e della dottrina che ha portato l’America Latina ad essere il terreno di applicazione del famigerato Plan Condor, il paese ha subito una delle repressioni più di massa del continente, sebbene il fenomeno dei desaparecidos è stato un fenomeno più marginale rispetto le dittature argentine e cilene. Il modello applicato in Uruguay è molto più similare a quello brasiliano, con arresti di massa e torture come regola di detenzione.
 
La dittatura si è contraddistinta però per un’alta capacità di coordinamento con gli altri paesi del filo nero, non a caso il più alto numero di desaparecidos è relativo a quei compagni e a quelle avanguardie che avevano riparato all’estero, soprattutto in Argentina, ma la lunga mano della repressione ha colpito anche in Europa; eliminando compagni e avversari politici a Roma, Parigi… Il Frente Amplio nel suo recente congresso ha indicato il compagno Mujica come candidato alle prossime presidenziali, candidatura che ha sancito una decisa e forte svolta a sinistra. Mujica proviene dalle fila dei Tupamaros, sotto la dittatura è stato internato e torturato per cinque anni, la lotta alla legge sull’impunità esce rafforzata dal congresso, anche perché dopo questi cinque anni di governo, il Frente Amplio ha gettato le basi per un’ulteriore spinta a sinistra che non può avvenire se non sotto il segno di una democrazia reale, che è tale nella misura in cui la casta dell’esercito viene ridimensionata come influenza e come minaccia perpetua allo Stato.
 
Dopo la dittatura l’esercito ha mantenuto una sorta di “democrazia tutelata” nel paese, una pressione costante e perpetua fatta da continue minacce e retta dall’arroganza di una casta che vanta il diritto all’impunità per i crimini commessi.
 
Noi crediamo che non ci possa essere un reale processo di cambiamento se non viene abolita quest’infame legge, la sua abolizione non è solo importante come atto di giustizia reale e storico, ma è fondamentale per aprire nuove finestre verso un futuro in cui il popolo uruguayano è protagonista e libero da condizionamenti e minacce.
 
Parafrasando Mao, “il potere passa per la canna del fucile”, possiamo dire che non si potrà mai avviare un vero processo rivoluzionario se non si gettano le basi per una profonda riforma dell’esercito che conduca la canna del fucile a trasformarsi da oggetto di minaccia a strumento di difesa del popolo; molti altri paesi latinoamericani hanno avviato riforme che vanno in questo senso, l’esempio più avanzato è sicuramente quello della nascita delle Forze Armate Bolivariane in Venezuela.
 
La casta dell’esercito ha anche recentemente manifestato il proprio fastidio e la propria indisponibilità a collaborare, tuttora molti dei duecento desaparecidos rimangono tali nonostante si sappiano nomi e cognomi degli ufficiali responsabili dei crimini; si conoscono i nomi dei piloti che hanno condotto i due voli carichi degli oppositori sequestrati dai “condor” in Argentina, così come i luoghi di tortura, e i nomi dei carcerieri. Tuttora nulla viene ammesso tranne ciò che è già risaputo, le ricerche continuano…
 
Noi ci auguriamo che questa campagna, che secondo alcune stime dovrebbe raccogliere ampliamente il quorum raggiungendo il 16% del corpo elettorale, sia di auspicio per il vittorioso traguardo che attende il popolo uruguayano a ottobre; Mujica presidente nel nuovo corso del Frente Amplio e di un paese che entra definitivamente nel processo democratico e progressista di un continente che parla di Nuestra America e che costruisce un nuovo socialismo, endogeno, ma socialismo nel pieno dell’autonomia che si è conquistato nella vittoriosa lotta contro il colonialismo e liberismo selvaggio.