www.resistenze.org - popoli resistenti - stati uniti - 05-11-04

da www.politicalaffairs.net

I lavoratori della Wal-Mart del mondo si uniscono [1]


Di Wadi’h Halabi - PCUSA

Se c’è una “Corporation” che da sola può spingere all’unita internazionale dei lavoratori, questa è la Wal-Mart. Questa ed altre – come la  Target, la Nike, la francese Carrefour, ecc. – alimentano la miseria, la disuguaglianza e la competizione tra i lavoratori di tutto il mondo, ma il loro comportamento antisociale produce una resistenza altrettanto globalizzata. Per essere efficace tale resistenza richiede iniziative molto coordinate e la direzione dei partiti operai e dei sindacati di tutto il mondo.

La “Wal-martizzazione” è un aspetto della “globalizzazione” capitalista che non può essere capita fuori del contesto dei problemi dell’attuale fase del capitalismo, della “sovrapproduzione” e della conseguente disoccupazione di massa. Rivestono particolare interesse il tentativo di “Wal-martizzare” la Cina, il lavoro di resistenza dei sindacati cinesi e gli sviluppi potenziali per mettere fine alle pratiche della Wal-Mart presenti in quel paese.

Natura della crisi

La crescita della Wal-Mart è strettamente legata al ciclo delle crisi economiche insito nel capitalismo. In ogni economia, per evitare le crisi si deve mantenere un sostanziale equilibrio tra la produzione e la domanda sia dei produttori che dei consumatori. Ma il capitalismo non può impedire che piccoli squilibri degenerino in squilibri maggiori. Seguono le crisi che Marx ed Engels definirono “crisi di sovrapproduzione”. La “sovrapproduzione” produce uno squilibrio perché la produzione in eccesso non può essere venduta. E ciò avviene non perché le merci prodotte non siano necessarie ai bisogni umani, ma perché non generano profitti. È la fame, infatti, che accompagna la “sovrapproduzione”di cibo. I capitalisti percepiscono l’impossibilità di vendere i loro prodotti in maniera remunerativa come  “sovrapproduzione” perché producono solo per arricchire se stessi. Ne derivano perdite economiche, e con queste, tagli ai salari, chiusura delle fabbriche e disoccupazione. Dalla fine della II Guerra Mondiale, gli indici economici degli anni 1973-75, 1980-82, 1989-92, 1997-98 e 2001, segnalarono l’aggravarsi degli squilibri nel mondo dell’economia capitalista che lo sviluppo tecnologico ed dei monopoli hanno avuto l’effetto di amplificare, non di correggere. La Wal-Mart  è una figlia dei monopoli, della “sovrapproduzione”, della povertà e della disoccupazione ad essa associate e, a sua volta, porta in sé uno squilibrio ancora maggiore e cioè altra povertà e disoccupazione.

Wall Street all’origine di Wal-Mart

In che modo Wal-Mart è una figlia dei monopoli? Cinquant’anni fa Wal-Mart non esisteva ancora. La vendita al dettaglio era già largamente monopolizzata da giganti come Sears e A&P. Oggi, Wal-Mart eclissa Sears, mentre la lotta della A&P è del tutto irrilevante. Non è dunque la Wal-Mart un trionfo della competizione, un tributo alla vitalità dell’economia degli Stati Uniti? No. Sotto Wal-Mart c’è Wall Street, il capitale monopolistico.

Per capire questo processo ci si può riferire alla miracolosa rinascita dell’industria giapponese dopo la II Guerra Mondiale. Dieci anni dopo la guerra, Wall Street  decise il trasferimento di tecnologie verso il Giappone e investì silenziosamente, sia direttamente sia attraverso massicci prestiti, per ricostruire quel sistema industriale. Il suo immediato interesse era quello di bloccare l’avanzata del socialismo in Asia. Il pezzo cruciale del puzzle era però che l’industria giapponese non sarebbe potuta sopravvivere senza l’accesso al mercato americano. Con tutto il parlare di “libertà di mercato” quello americano era e rimane strettamente protetto da quote, tariffe, sanzioni e da altre innumerevoli misure protezionistiche. Ma il mercato americano fu selettivamente aperto all’industria giapponese. Dopo tutto Wall Street doveva trarre profitti dalle “royalty” sui trasferimenti tecnologici, dalla proprietà diretta degli interessi azionari e dal pagamento degli interessi sui prestiti. In più, ai finanzieri, che distribuirono razzismo e sciovinismo nazionalistico a piene mani, l’import asiatico servì a distruggere la base dei sindacati dell’United Steel Workers, dell’United Auto Workers e di tanti altri sindacati operai. Il lavoro ne fu, quindi, indebolito e deprezzato.

Naturalmente Wal-Mart crebbe in circostanze storiche diverse. La minaccia ai profitti della “sovrapproduzione” non è così decisiva come quella di una rivoluzione socialista. Ma l’impronta caratteristica di Wall Street è riconoscibile su tutta la Wal-Mart. Oggi Wal-Mart erode le basi dell’United Food and Commercial Workers (il Sindacati degli alimentaristi e del commercio) dei Teamsters (camionisti) e di altre “Unions” e sfida anche l’enorme Federazione Sindacale di Tutta la Cina e lo stesso Stato cinese.

Sam Walton aprì la prima Wal-Mart nel 1962 nella piccola Rogers in Arkansas, pagando la maggior parte delle sue impiegate 60 centesimi all’ora quando la paga minima era di 1,15 dollari. Verso la fine degli anni ’60, Walton era un commerciante al dettaglio con una dozzina di negozi nelle piccole città della regione. Le vendite erano meno dell’1% di quelle di Sears o di Kmart. La storia della Compagnia mostra che in quei tempi Walton era alla disperata ricerca di capitali per espandersi. Li trovò prima come prestiti della Republic National Bank di Dallas, corrispondente delle banche di Wall Street e a queste subordinata. Ancora più significativamente, nel 1969 la Massachussets Mutual Insurance ed in particolare la White, Weld & Co, investirono nella Wall Mart.  Wall Street mise allora i suoi denti sulla piccola Wal-Mart.

Nel libro Empire of High Finance del1957, Victor Perlo identifica la White, Weld & Co come una delle prime cinque banche di investimento negli Stati Uniti dei primi anni ’50, parte di “un gruppo di Coporations [con] importanti legami con la First Boston Corp. e le sue banche associate, tra le quali quelle dei Rockfeller”. Successivamente la White, Weld & Co divenne sussidiaria della Merry Lynch, ora nell’orbita dei Rockfeller.

Oltre alle sue attività di investimento la White, Weld & Co ha una storia nella promozione di iniziative della classe dirigente contro il lavoro interno e in favore di un’espansione imperialista all’estero. Come dice Thomas Reifer, studioso dell’Università della California, la White, Weld & Co aiutò finanziariamente quelli che furono chiamati i campi di addestramento militare di Plattsburg per favorire l’ingresso degli Stati Uniti nella I Guerra Mondiale. Francis Weld fu un membro dell’American Citizens Commitee a Londra, legato alla National Security League, che lavorava per controllare il potere dei sindacati in patria ed assicurare agli Stati Uniti la partecipazione alla guerra e l’espansione oltreoceano.

Non dovrebbe sorprendere che l’antisindacale Wal-Mart mantenga oggi un gruppo di lavoro al Pentagono, con sinistre implicazioni per le dozzine di paesi dove opera.

Wall Street fu, quindi, il supporter di Wal-Mart fin quasi dalla sua nascita. Per essere più sicura Wall Street investì anche in ogni altra impresa di vendita al dettaglio negli Stati Uniti, ma Sam Walton poté mostrare la sua superiorità nel mantenere bassi i costi della distribuzione.

Walton costruì una struttura molto centralizzata, con una considerevole libertà di espressione dei manager fino a quando si arriva ad una decisione. Walton fornisce ai manager e anche ai lavoratori tutte le informazioni tempestive - sia sulle “prestazioni” dei loro negozi, che sulla Wal-Mart complessivamente - che permettono loro di sviluppare un approccio ben informato alla soluzione del problema di diminuire i prezzi e di far crescere i margini di profitto.

Ma Walton si concentrò  specialmente sul costo del lavoro, mettendo i  sindacati fuori della porta. John Tate, un professionista dell’antitrust, giocò un ruolo centrale nell’ascesa della Wal-Mart. Nella storia della Wal-Mart, il giornalista del Wall Street Journal, Bob Ortega scrive che per John Tate “l’antitrust non era un lavoro; egli contrastò i sindacati con passione.” Seguendo la storia di Ortega, nel 1970 ad un seminario di lotta ai sindacati organizzato da Tate “deposero molte istituzioni che avrebbero voluto seguire la cultura della Wal-Mart.”

La formula chiave fu quella di scommettere con dirigenti ed lavoratori a tempo indeterminato sulla loro capacità di sfruttare i subalterni, in parte attraverso la partecipazione azionaria e in parte con la disciplina. In questo modo i dirigenti dei magazzini vendita, per raggiungere il bonus, hanno un interesse ad impedire ai lavoratori di avere delle pause. Gli addetti agli acquisti  hanno un interesse simile a tagliare i prezzi o a ridurre i termini di consegna. Inoltre – attraverso la propaganda e l’azionariato – è stato fatto credere ad uno strato di lavoratori di avere un interesse nel mantenere bassi i prezzi, anche se ciò significa supersfruttamento dei lavoratori precari dei fornitori e dei subappaltatori. In un certo modo, dunque, Wal-Mart realizza uno spaventoso schema piramidale di sfruttamento.

La spinta della sovrapproduzione

Come abbiamo detto sopra, nel 1973 i problemi dei capitalisti con la “sovrapproduzione” volsero al peggio il mercato. I margini di profitto crollarono, le perdite aumentarono, le retribuzioni diminuirono, i costi di circolazione furono tagliati. Era arrivato il tempo della Wal-Mart.

Wall Street iniziò ad incanalare le sue risorse nell’espansione della Compagnia, con prestiti ed investimenti in tecnologia e pubblicità. Il network satellitario della Compagnia divenne secondo solo a quello del Pentagono. Ed anche i suoi debiti salirono. Nel gennaio 2003 l’esposizione della Wal-Mart ammontava a 55,3 miliardi di dollari, con un debito a lungo termine di 15,6 miliardi di dollari – maggiore di quello di molti paesi di media grandezza.

Dalla metà degli anni ’70, la stampa dei monopoli sostenne Wal-Mart come la Compagnia che non  poteva sbagliare nel contenimento dei prezzi. Ma, nonostante la sempre maggior evidenza della sistematica discriminazione e della violazione delle leggi sul lavoro, i suoi prezzi non sempre erano i più bassi.

In meno di 30 anni Wal-Mart salì dal niente in cima alla lista di Fortune delle 500 maggiori Corporations del mondo, con più di 1,3 milioni di dipendenti. Se però, state cercando lavoro, Wal-Mart impiega quest’anno solo 700 mila dipendenti e ne perderà molti altri per dimissioni, licenziamenti e turnover non reintegrato. E salario e condizioni di lavoro saranno così scarse che avrete bisogno di un secondo o di un terzo lavoro e dell’assistenza pubblica per mettere un tetto sulla vostra testa o per pagare un avvocato divorzista.

Nel 2003 il fatturato di Wal-Mart raggiunse i 258 miliardi di dollari, 45 miliardi più che la Exxon Mobile. Ma i profitti di quest’ultima (n.2 della lista di Fortune) di 21,5 miliardi di dollari, surclassano di 9 miliardi quelli di Wal-Mart. Oltre 200 tra le 500 Compagnie di Fortune hanno maggiori margini di profitto nelle vendite. E il “supporto” di Wall Street per chi arriva dopo diventa sempre più caro, come possono attestare le Compagnie giapponesi.

Pratiche parallele, in casa ed all’estero

L’apparente opulenza mantiene gli Stati Uniti in un mondo separato da quello della terribile povertà del Bangladesh o del Kenia e le differenze sono realmente enormi. Ma fin d’ora emergono sorprendenti parallelismi nei trattamenti di lavoro della Wal-Mart in patria e all’estero che riguardano sia i lavoratori direttamente impiegati che i dipendenti dei fornitori e dei subappaltori.

I lavoratori sono bloccati nei magazzini tutta la notte. Bob Ortega, nella sua  storia, “In Sam We Trust”, della Wal-Mart, riporta che un lavoratore del turno di notte, mentre ricostruiva le scorte, ebbe un collasso, ma “né i suoi compagni, né il personale paramedico chiamato poterono aprire le porte del magazzino, finché la polizia non andò a casa di un dirigente a prendere le chiavi”. Il lavoratore morì. “Durante la causa legale intentata dalla sua famiglia si scoprì che la Wal-Mart, nel turno di notte, chiudeva manualmente le porte e le uscite di sicurezza – per prevenire i furti”. Dopo un’inchiesta federale sulla salute e la sicurezza, Wal-Mart accettò di cambiare la pratica della chiusura notturna delle uscite e pagò una modesta ammenda di 6600 dollari.

Ciò accadde nel 1992, ma Wal-Mart non cambiò il suo comportamento. Nel gennaio del 2004, un carrello elettronico schiacciò la caviglia di un lavoratore del turno di notte. Il New York Times riportò che la pratica del blocco delle uscite è ancora in atto “in circa il 10% dei suoi magazzini…”. A detta del People’s Weekly Word “La multinazionale sostiene che la chiusura delle uscite aumenta la produttività, impedisce i furti e protegge i dipendenti dal (cosiddetto) crimine della zona”.
Forse non c’è una pratica più vile, in America e nel resto del mondo,  della “costrizione” al lavoro notturno che danneggia straordinariamente la salute ed il tessuto sociale. Un rapporto del 2004 estremamente sfavorevole alla “Wal-Martizzazione” della Oxfam (maketradefair.com) rivela l’esteso uso del lavoro notturno – e della chiusura delle uscite – per raggiungere le quote o i termini di consegna della “squadra”.

Bob Ortega riferisce che nel Dicembre 1992, l’intervista di Brian Ross della NBC a David Glass, presidente della Wal-Mart, mise in luce l’uso del lavoro notturno e “bloccato” dei bambini nella fabbrica di vestiti a Saraka nel Bangladesh. Ross mostrò a Glass “le fotografie in bianco e nero dei corpi di 25 bambini morti, bloccati durante un incendio che colpì la fabbrica due anni prima. Meno di un anno prima la Wal-Mart vi aveva trasferito la produzione. “Glass rispose delicatamente, “Si, vi sono cose tragiche che accadono in tutto il mondo””.

A proposito del lavoro minorile (di bambini), nel gennaio 2004 il New York Times riportò che un rapporto interno della Wal-Mart trovò “estese violazioni delle leggi sul lavoro minorile [americane] e stabilì i regolamenti per il tempo necessario alla colazione ed al pranzo”. Nel luglio del 2000, in una settimana di controlli su 25.000 dipendenti furono rilevati 1371 casi di ritardi al lavoro di minori durante l’orario scolastico o per troppe ore al giorno. Secondo il rapporto del febbraio 2004, sulle pratiche della Wal-Mart,  di Gorge Miller rappresentante della California, non furono serviti 60.767 pranzi e “saltarono” 15.705 intervalli per la colazione. Si noti che queste migliaia di violazioni furono registrate in una sola settimana su una piccola frazione dei dipendenti della Wal-Mart. Oxfam reitera la documentazione sulle violazioni delle leggi sul lavoro minorile e del diritto alle pause in tutto il mondo.

Sempre il membro del Congresso Miller, stima che “ogni 200 persone della Wal-Mart costano ai contribuenti federali 420.000 dollari all’anno” per cure mediche, assistenza domiciliare, buoni alimentari e per altre necessità, perché i salari dei lavoratori della Wal-Mart sono sotto il livello di povertà. Poiché in media ogni magazzino impiega 350 dipendenti, i 420.000 dollari sono probabilmente una stima per difetto. Questa sola compressione dei costi potrebbe rappresentare più del 15% dei profitti della Wal-Mart nel 2002. L’”esternalizzazione” dei costi sociali è pratica ufficiale della politica della Wal-Mart in tutto il mondo.

Miller ed altri hanno sottolineato il fatto che, nonostante tutta la propaganda, i prezzi della Wal-Mart non sono proprio i più bassi. Ma anche se il prezzo di una scatola di detergente è minore del 10%, non ne ha la Wal-Mart aumentato il prezzo, tagliando i salari del 20%? Miller sottolinea anche che dalla recessione del 2001, il lavoro negli Stati uniti ha visto un marcato spostamento dagli alti salari verso i bassi salari. Per esempio, nel New Hampshire, che non ha ancora ricuperato i posti di lavoro persi durante la recessione, i nuovi impieghi sono pagati con salari più bassi del 35% rispetto ai precedenti, nel Delaware, i nuovi salari sono più bassi del 43%…

I parallelismi della “Wal-Martizzazione” nel mondo continuano: sistematiche discriminazioni contro le donne; lavoro obbligatorio e straordinario non pagati, restrizioni sulle pause per andare al bagno, massicci spostamenti della manodopera, uso dei lavoratori immigrati, spesso realmente schiavizzati.

Oxfan riferisce che “Negli ultimi 6 anni, ci sono stati cinque procedimenti federali per schiavitù nel settore agricolo in Florida”.Fortune ha documentato l’uso di lavoratori immigrati schiavizzati nell’industria dell’Asia capitalistica, per la produzione dei display dei telefoni cellulari della Motorola e di altri prodotti.

E dovunque la  “Wal-Martizzazione” contrasta gli sforzi di organizzazione sindacale dei lavoratori, allungando la lista nera e usando anche le squadre della morte.

Ironicamente, il sostegno di Wall Street alla Wal-Mart ha contribuito alla massiccia sovrapproduzione di magazzini vendite e di supermercati negli Stati Uniti e nel mondo.  Nei precedenti 4 anni, Kmart, Ames, Bradlees and Calor’s hanno dichiarato bancarotta, lasciando pesanti debiti e perdite di posti di lavoro. I 10.000 supermercati controllati da Wal-Mart negli Stati Uniti, offrono una chiara illustrazione del legame tra “sovrapproduzione”, perdite e disoccupazione e come le “soluzioni” del capitalismo finiscano solo per aggravare i problemi.

L’influenza negativa della Wal-Mart sul lavoro negli Stati Uniti è largamente provato.  Questa influenza è grande anche in Cina a causa del crescente numero di magazzini e dell’uso di fornitori e di subappaltatori. Ma in Cina la Wal-Mart potrebbe trovare un degno avversario.

Diversamente dalle aziende tecnologiche che portano know-how, ci sono pochi riscontri che Wal-Mart vi contribuisca significativamente. Al contrario, l’evidenza mostra che Wal-Mart deruba i lavoratori e lo Stato cinesi.

I salari orari in Cina sono ora maggiori del doppio di quelli dell’Indonesia, Bangladesh e di molti paesi africani, eppure più dell’80% dei 6000 fornitori di Wal-Mart nel mondo sono in Cina. Perché? Una ragione è che i lavoratori cinesi, dagli ingegneri ai lavoratori delle catene di assemblaggio hanno una miglior istruzione. E non sono stati istruiti a spese della Wal-Mart, ma dello Stato cinese. Inoltre, quello Stato, che è un prodotto di una rivoluzione socialista, ha costruito enormi infrastrutture, dalle autostrade e porti alle reti elettriche. Queste infrastrutture diminuiscono considerevolmente i costi della Wal-Mart che saccheggia le spese sociali della Cina  per un ammontare di 15 miliardi di dollari, l’1% del PIL – oltre agli approvvigionamenti annuì.

Una condizione che gli Stati Uniti posero all’ammissione della Cina nel WTO fu l’apertura dei suoi mercati alla Wal-Mart e a catene di vendita similari.

Anche questo è contro il lavoro perché l’espansione dei magazzini Wal-Mart può devastare rapidamente la relativamente primitiva rete di distribuzione cinese, dai milioni di magazzini Mom-and-pop a quelli statali con radici nell’economia nazionalizzata. In questo modo tale espansione contribuisce ad aumentare la disoccupazione e l’instabilità del paese, impoverisce il lavoro e lo stesso Stato cinese.

Ma questo esito non è inevitabile. La legge sul lavoro in Cina impone la rappresentanza sindacale nei posti di lavoro con 25 o più dipendenti. Tutti i magazzini Wal-Mart, e probabilmente una maggioranza dei suoi fornitori e subappaltatori, stanno violando questa legge. I subappaltatori della Wal-Mart sono noti per le condizioni di sfruttamento del lavoro, le violazioni degli standard di lavoro e delle leggi, compresi gli abusi fisici sui lavoratori e il non pagamento dei salari. Una inchiesta di Business Week  ha documentato molte di queste violazioni in Cina nel 2000 – e ha riprovato apertamente Wal-Mart come parte responsabile, in ultima istanza, di queste condizioni.

La Federazione Sindacale della Cina (All-China Federation of Trade Unions - ACFTU) è in gran parte, nella forma attuale, un risultato della rivoluzione socialista del 1949. La rivoluzione nazionalizzò l’industria e istituì un’economia pianificata ma importanti questioni dello sviluppo economico non furono risolte. Per questo motivo furono fatte grandi concessioni al capitalismo. Ciò ha comportato difficoltà per l’ACFTU e anche cambiamenti violenti. Una delle maggiori difficoltà consiste nel fatto che, diversamente dalle imprese statali, il fondamentale interesse dei dirigenti di quelle private è quello di agire contro i lavoratori.

L’ACFTU - l’equivalente cinese dell’AFL-CIO – sta affrontando la sfida. Diretto dal nuovo presidente Wang Zhaoguo, il 14° Congresso Nazionale dell’ACFTU ha, per prima cosa, emendato la sua costituzione stabilendo che la difesa dei diritti dei lavoratori è il suo obiettivo fondamentale e punto fermo. Prima questa era una delle molte non vincolanti funzioni sociali del sindacato, assieme alla costruzione dell’economia, lo sviluppo culturale dei lavoratori, ecc. Questo importante cambiamento può costituire la base per una “ripartizione del lavoro” in Cina. Ed in realtà una maggior indipendenza dell’ACFTU e migliori capacità di difesa rafforzano lo Stato e il potere dei lavoratori.

L’ACFTU ha richiesto la sindacalizzazione della Wal-Mart. La risposta dei dirigenti della compagnia è stata quella di rifiutare la domanda e di ignorare l’ACFTU. Questa sfida e le pratiche antisindacali dei suoi fornitori e subappaltatori stanno ponendo le basi di una cooperazione tra l’ACFTU e molti sindacati in diversi paesi dove opera Wal-Mart, Stati Uniti compresi.

Zhang Hongzun, presidente del potente sindacato di lavoratori dell’educazione (22 milioni di iscritti), nell’ultima conferenza di questa estate dell’Asian Pacific American Labor Alliance, ha detto a Roberta Wood del People Weekly World:  “Se possiamo sindacalizzare la Wal-Mart a Pechino, questo potrebbe essere un modo di dare un aiuto al movimento del lavoro Americano. Ci piacerebbe produrre assieme uno sforzo comune per i diritti dei lavoratori”.

La Cina è il paese dove la maggiore “Corporation” del mondo, può trovare pane per i suoi denti. Concentrandosi sui comuni interessi dei lavoratori e superando le barriere nazionali la forza del lavoro volgerà al termine miserabili pratiche della Wal-Mart e dei suoi compagni. Questi interessi  variano da lavori dignitosi e abitazioni decenti, alla cura dei figli, all’istruzione per tutti, alla fine del disordine causato dal lavoro notturno.  Nel 1871, la Comune di Parigi bandì tutti i lavori notturni non necessari. Le vittorie di domani sono necessariamente sulle spalle della Rivoluzione socialista cinese del 1949 e prima di questa di quelle del 1917 e del 1871, che indicano la strada di sempre maggiori lotte e vittorie. Con le iniziative dei comunisti e delle organizzazioni sindacali, le maggiori “Corporations” del mondo saranno messe fuori legge e sottomesse dalla crescita dell’unità internazionale del lavoro.

Wadi’h Halabi è un editorialista di Political Affaire, rivista teorica del PCUSA (in rete, www.politicalaffairs.net).


Traduzione dall'inglese di Giuliano Cappellini



[1] Grande catena di distribuzione, la Wal-Mart è al I posto della speciale classifica di Fortune (la rivista della finanza di Wall Street) delle 500 maggiori “Corporation” del mondo [NdT].