Che cosa significa quando il Wall Street Journal (WSJ), il popolare portavoce della destra della classe dominante statunitense, si unisce al New York Times (la sua controparte di sinistra) in attacchi feroci indirizzati al candidato presidenziale repubblicano?
La storia di Trump è stata raccontata da Andy Pasztor sulla prima pagina dell'edizione di venerdì 2 settembre del WSJ, con un rimando alla conclusione dell'articolo che occupava l'intera pagina di frontea quella delle opinioni del quotidiano. Provocatoriamente intitolato "Donald Trump e la mafia", l'articolo ha cercato di collegare Trump alla mafia legata agli appalti, con un pezzo di spalla che raccontava l'ingaggio da parte di Trump dello squallido e corrotto avvocato, Roy Cohn.
Non è certo inusuale per i costruttori associati ad entrambi i partiti assoldare appaltatori per così dire discutibili, categoria nota per i legami privilegiati, la corruzione e anche i personaggi sgradevoli. Così, il pezzo WSJ si distingue perché mette in luce un comportamento che di solito non viene rilevato dalla stampa, in particolare per i repubblicani. Le accuse sottili, in gran parte basate unicamente sull'associazione, si distinguono per la loro incapacità di far sembrare Trump diverso dagli innumerevoli affaristi/politici che strisciano lungo i cicli elettorali, con appena un sussurro da parte dei media mainstream.
Per quanto riguarda l'impiego di Roy Cohn, un individuo realmente spregevole, ciò non ha mai scosso la coscienza del WSJ quando costui lavorava per Joe McCarthy, Richard Nixon, Ronald Reagan, o una serie di altrettanto notipolitici di destra. Quindi, ora perché questa indignazione per Trump?
Esistono dubbi che quando il Wall Street Journal si associa al New York Times e al Washington Post per demonizzare un candidato, il fronte unito risultante indichi più di una semplice coincidenza di opinioni? Non avrà forse pensato anche l'osservatore più esigente che l'unanimità di giudizio dei rappresentanti di tutte le fazioni delle élite degli Stati Uniti - le forze più potenti degli affari Usa - sia il segnale di un rifiuto complessivo di Trump, un ripudio di ogni possibilità di rappresentare gli attuali interessi della classe dirigente?
I sostenitori della campagna di Hillary Clinton rifiutano di affrontare questo fatto. Si rifiutano di riconoscere che la Clinton, al contrario di Trump, gode del sostegno ampio e profondo di quasi tutta la classe composta dai più ricchi e potenti. Rifiutano di confrontarsi con il significato di una campagna che, paradossalmente, allinea saldamente i portavoce e i ricconi delle élite statunitensi al candidato del Partito Democratico. I marxisti la chiamerebbero una "contraddizione" e ne cercherebbero i significati. Gli apologeti "di sinistra" della candidata Clinton, semplicemente la ignorano.
Le scelte specifiche offerte agli elettori si perdono nel clamore degli attacchi personali, nello scontro su questioni superficiali e nell'orgia della raccolta fondi. A meno di nuove, drammatiche e squallide rivelazioni, inciampi o errori, Hillary Clinton sarà probabilmente la vincitrice delle elezioni di novembre. Dopo la celebrazione della sconfitta di Trump, liberali e sindacati riapriranno gli occhi e si accorgeranno di non aver mosso di un solo passo in avanti la loro agenda. Nella migliore delle ipotesi, si eviterà di perdere ciò che credono sia minacciato da Trump. Il che può soddisfare molti. Ma per coloro che sperano di cambiare in meglio gli Stati Uniti, questo risveglio dovrebbe far riflettere. A parte la guerra permanente, la disuguaglianza crescente, il deterioramento del tenore di vita, l'intensificazione del razzismo, cosa porterà questa elezione alla prossima generazione? Cosa possono produrre i riformatori ?
Cosa ancora più allarmante, questa elezione si pone come il punto più basso di un processo inesorabile, che consiste sia in una diminuzione delle differenze tra i due partiti che in una continua deriva a destra del centro politico. Dalla fine nell'amministrazione Carter, la leadership del Partito Democratico ha cercato di occupare solo in minima lo spazio politico a sinistra dei repubblicani. Notandolo, i repubblicani legati alle corporation hanno spinto la loro agenda verso destra, vedendo la possibilità di smantellare ogni residuo di New Deal e di Guerra alla povertà. Se questo ciclo elettorale non si discosterà in alcun modo da questa tendenza, il processo continuerà in primo luogo attraverso l'agenda Clinton, piuttosto che con le posizioni vaghe e mutevoli di Trump. Queste sono, ovviamente, le basi del supporto della classe dominante alla Clinton.
Siamo stati testimoni che questo processo ci porterà a incrociare una serie di personaggi sempre peggiori e più scandalosi: un piccolo demagogo da Guerra fredda, un moralista ipocrita, un artista della truffa teatrale, un troppo affettuosodisonesto,un crociato beone, e la disintegrazione dell'integrità e sincerità dei due candidati di queste elezioni.
Coloro che festeggeranno la vittoria della Clinton (come quelli che erano in estasi per la vittoria di Obama) si assumeranno la responsabilità della prosecuzione di questo processo, il processo della corruzione e della trivializzazione della politica dei due partiti.
L'allarmismo elettorale cresce piano, in quanto la posizione del male minore permette che ci sia sempre più male. Additare a capro espiatorio chi cerca di trovare una via d'uscita dalla trappola del bipartitismo resta lo sport preferito di quelli troppo cinici o pigri per esaminare le opzioni, troppo compiacenti per riconoscere l'inutilità di cercare di trascinare un Partito Democratico di proprietà delle corporation verso il cambiamento popolare. Decenni di chiacchiere ipocrite sui pericoli dell'estrema destra non hanno rallentato di un metro la deriva a destra della politica Usa, che vincano i democratici oppure no.
Sicuramente, il modo in cui i marxisti possono contribuire alla comprensione della politica borghese è di sollevare il velo che la copre e far vedere come funziona. E ciò che si vede non è un bello spettacolo.
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