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Non c'è per i lavoratori statunitensi un destino separato da quello dei lavoratori del mondo

ICP | icp.sol.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

01/10/2018

ICP intervista i membri del CC del Partito per il Socialismo e la Liberazione, Eugene Puryear e Brian Becker, sull'agenda imperialista e le lotte di classe negli Stati Uniti

International Communist Press (ICP) ha intervistato i membri del Comitato centrale del Partito per il Socialismo e la Liberazione (PSL), Eugene Puryear e Brian Becker durante la loro visita al Partito Comunista di Turchia (TKP) di fine settembre. I due dirigenti hanno espresso le loro opinioni sull'agenda imperialista USA, sulla lotta della classe operaia, sulla questione degli immigrati negli Stati Uniti, sul PSL e il suo coinvolgimento in queste lotte.

La prima parte dell'intervista tratta gli effetti della mobilitazione contro gli interventi imperialisti in Siria, l'opportunità derivante dalla divulgazione del "socialismo" negli Stati Uniti, le recenti lotte degli immigrati all'interno della classe operaia statunitense e il posizionamento dei comunisti USA nel movimento comunista mondiale.

ICP: Sappiamo che il PSL ha difeso e ancora difende l'internazionalismo proletario e combatte i diversi interventi militari degli Stati Uniti nelle diverse parti del mondo. Dite di affrontare la questione della pace partendo da come lo fece Lenin cento anni fa. Con quali strumenti state diffondendo questa coscienza tra i lavoratori e come vi organizzate tra le masse?

Brian Becker: Sulla questione della guerra e della pace, dell'imperialismo e del militarismo, come partito facciamo un grande lavoro attraverso un'organizzazione di massa chiamata Coalizione ANSWER [Risposta] che significa Act Now to Stop War and End Racism [Agire ora per fermare la guerra far cessare il razzismo]. Ci sono un paio di caratteristiche di questo lavoro: innanzitutto, l'organizzazione è orientata all'azione. Quindi, è progettata per entrare in azione in risposta alle azioni militari, interventi o minacce degli Stati Uniti contro paesi presi a bersaglio. La Coalizione ANSWER è stata negli ultimi anni la principale organizzazione negli Stati Uniti ad aver tenuto proteste di massa contro l'intervento americano in Siria.

Nello specifico, ad agosto e settembre 2013, quando John Kerry, allora Segretario di Stato USA, chiese all'amministrazione Obama di iniziare una grande guerra contro la Siria perché si presumeva avesse superato le linee rosse di Obama riguardo all'uso di armi chimiche, organizzammo proteste in tutti gli Stati Uniti che sono state indubbiamente significative in un senso inusuale, perché c'era una grande opposizione di base a un'altra grande guerra in Medio Oriente e perché non proveniva semplicemente dalla sinistra. Veniva anche da ampi settori della popolazione americana [degli Stati Uniti] ed anche in ambito internazionale. Abbiamo visto lo stesso fenomeno accadere nel Regno Unito, tanto che la Camera dei Comuni, per la prima volta in oltre duecento anni, ha sfidato il governo e ha detto "no", che la Gran Bretagna non avrebbe lavorato come partner minore in un'altra guerra americana in Medio Oriente.

E allo stesso tempo, abbiamo organizzato proteste davanti alla Casa Bianca con un gran numero di persone. Stavamo cantando "No war against Syria" nel momento in cui il presidente Obama aveva programmato una conferenza stampa nel Rose Garden al di fuori della Casa Bianca per annunciare i piani dell'America contro la Siria. E all'interno della Casa Bianca, l'amministrazione Obama era esitante, incerta su cosa fare. E i media, che erano stati invitati per la conferenza stampa e sapevano che c'era una grande esitazione e incertezza sul fatto che gli Stati Uniti avrebbero dovuto intraprendere un'altra grande guerra, riportavano che l'unica cosa che si sentiva arrivare attraverso la diretta con la Casa Bianca era il nostro coro: "Nessuna guerra alla Siria!". Quindi, le nostre voci giungevano sino dentro la Casa Bianca e i media hanno iniziato a riferirlo come l'espressione del 60 per cento degli americani che affermavano di opporsi all'idea di raid aerei. Circa un'ora dopo, il presidente Obama arrivò annunciando di voler lasciare al Congresso la decisione se dovesse esserci o meno un impegno militare in Siria - il che significa che l'amministrazione Obama esitava, avendo un dibattito interno che sentiva tutta questa pressione proveniente dal Regno Unito, da diversi settori di base, dalle manifestazioni e dai media, che questa pressione riflettevano. Di conseguenza, gli Stati Uniti non sono andati avanti.

Questo è uno di quei casi in cui, a volte, le persone possono effettivamente avere un impatto profondo sul processo decisionale politico. Non sempre, ma a volte ci deve essere una corrispondenza degli sforzi. Posso dire con assoluta certezza che se non ci fossero state le manifestazioni di pressione da parte dell'opposizione, quelli all'interno dell'amministrazione Obama che chiedevano un attacco militare, lo avrebbero fatto. Ora, cosa sarebbe successo? È molto probabile che ci sarebbe stata una guerra regionale, perché l'Iran sarebbe stato coinvolto. Certamente, i combattenti della resistenza e il Libano sarebbero stati coinvolti. In realtà è stato un momento decisivo. E questa è l'opinione del nostro partito, che non sottovalutiamo mai il potenziale che la mobilitazione popolare può fare la differenza. E così, la Coalizione ANSWER l'ha fatta per la Siria, come avvenne durante la guerra in Libia, anche se non ebbe successo.

Oltre a fornire risposte immediate alle provocazioni, ci organizziamo per mettere in guardia le persone sui pericoli derivanti dalla politica estera degli Stati Uniti in Venezuela. Siamo stati nelle strade più e più volte quando Obama ha dichiarato per la prima volta che il Venezuela rappresenta una "minaccia alla sicurezza nazionale" e l'amministrazione Trump ha dichiarato che "tutte le opzioni sono sul tavolo", intendendo la possibilità di un'azione militare coperta o aperta. Abbiamo manifestato in opposizione a qualsiasi intervento degli Stati Uniti in Venezuela.

Potremmo farlo, direi, per tutto il mondo perché gli Stati Uniti minacciano l'America Latina e il Medio Oriente, l'Asia e ora la Russia e la Cina. Per il PSL, avere un forte fronte internazionalista e contro la guerra mostra e chiarisce ai lavoratori americani che una guerra, un'occupazione, un intervento o sanzioni contro paesi e popoli presi di mira è unicamente nell'interesse dei capitalisti. Non siamo "tutti americani" con comuni interessi. Abbiamo una borghesia e una classe operaia e questa è una politica estera per gli interessi della borghesia.

E infine, l'altra parte del nostro lavoro è far capire che proprio nel momento in cui il governo USA elimina servizi sociali vitali per i lavoratori e i poveri in America, l'anno scorso ha eccezionalmente aumentato lo stanziamento militare. Il budget USA per le spese di guerra supera ufficialmente i 718 miliardi di dollari. È più grande di Russia e Cina e successivi otto paesi messi insieme. E tutto questo denaro speso per le armi di distruzione, per la mobilitazione delle forze armate, per il mantenimento di 1.000 basi militari in tutto il mondo, arriva nel momento in cui il governo dice "Oh, non abbiamo soldi per l'educazione o l'assistenza sanitaria o per la casa". Quindi, affrontando il tema con le persone della classe operaia rimarchiamo che il budget militare non riguarda la sicurezza nazionale, ma la sicurezza dei capitalisti, delle banche e delle corporation e dell'impero USA ed è in realtà dannoso per la sicurezza, la sicurezza personale delle famiglie della classe operaia che fanno affidamento sui programmi sociali, i cui fondi sono stati ridotti per utilizzare quel denaro per le spese militari.

Eugene Puryear: Vorrei aggiungere al quadro un impegno molto importante per noi, cioè che facciamo un grande lavoro di sensibilizzazione in organizzazioni di vario tipo, che si tratti di sindacati o di gruppi che lavorano sulla casa. Li incoraggiamo a partecipare alle dimostrazioni contro la guerra o ad altre attività e a parlare alla loro base di lavoratori di questi temi. In America, molti sostengono che si dovrebbe lavorare solo su questioni nazionali o economiche, senza mai affrontare le questioni imperialiste. Quindi, lavoriamo sempre duramente per aiutare i nostri amici e le altre organizzazioni a sfidare questo punto di vista e dire che esiste una connessione diretta nel contesto dell'imperialismo, come Brian stava dicendo, con quanto accade in patria. Con parole tue dovresti spiegare alla tua base di lavoratori perché queste guerre non funzionano per loro. Quindi, non ci associamo a ciò che molte organizzazioni sottoscrivono, questa idea che non si dovrebbero menzionare le questioni dell'imperialismo nel contesto della più ampia lotta interna. Cerchiamo di espandere la lotta contro l'imperialismo al di là dei soli gruppi o persone che forse già conoscono il problema e si preoccupano di esso.

A partire dal 2013, PSL ha indicato la divulgazione delle idee socialiste nella società statunitense come una priorità, vedendo in ciò una grande opportunità. Dopo il 2017 è proseguita questa opera? Anche dopo l'inizio dell'amministrazione Trump? Qual è la vostra esperienza nel combinare il socialismo e le lotte della classe operaia, specialmente nell'ultimo anno e mezzo?

BB: Abbiamo definito un quadro strategico che identifica l'assoluto bisogno di divulgare il socialismo in America perché i concetti di socialismo e potere della classe operaia erano stati eviscerati, rimossi dal discorso politico americano per quasi mezzo secolo. Oggi siamo in una situazione diversa. Il socialismo sta diventando popolare negli Stati Uniti. Non è semplicemente il lavoro dell'avanguardia di promuovere le idee socialiste. Le idee socialiste si stanno diffondendo. Il lavoro dell'avanguardia ora deve essere quello di definire il socialismo. Da una concezione astratta, elevata e prevalentemente socialdemocratica del costrutto di socialismo a un concetto diverso: il socialismo significa prima di tutto l'assunzione di potere da parte della classe operaia, da parte di coloro che lavorano ogni giorno, di coloro che non hanno nulla da guadagnare dall'attuale sistema capitalista, e ciò significa riorganizzare la società nell'interesse della maggioranza. Abbiamo un nuovo slogan: "Una società per molti". Ciò richiede una completa riorganizzazione del modo in cui viene effettuato lo sviluppo bancario e industriale; significa anche che i profitti o gli introiti generati dal lavoro sono usati per i bisogni dei molti. Così ora siamo entrati in una nuova fase non solo di esposizione, ma di chiarimento del socialismo. Stiamo definendolo in modo più preciso e cercando di distinguere tra socialismo rivoluzionario o comunismo o potere della classe operaia e le nozioni della socialdemocrazia, che è un socialismo che non cerca di rovesciare il sistema capitalista, ma di modificare o mitigare alcune delle sue peggiori caratteristiche.

Negli ultimi due mesi le organizzazioni di sinistra e diverse associazioni per i diritti umani, anche istituzioni come le associazioni di istanze psico-sociali, hanno denunciato e reagito contro le tragiche, brutali e crudeli politiche sugli immigrati dell'amministrazione statunitense, specialmente contro gli immigrati messicani. Avete qualche campagna di solidarietà o azioni verso immigrati e rifugiati, giacché caratterizzate la classe operaia degli Stati Uniti come multinazionale? Avete strumenti particolari per organizzare e reclutare persone tra questi lavoratori di diversa provenienza e nazionalità?

EP: la risposta è sì ad entrambe le domande. Questa è per noi una delle aree di lavoro chiave. Innanzitutto, molti dei nostri membri, specialmente in aree con grandi popolazioni di immigrati, provengono da questi retroterra. Molti di loro hanno vissuto alcune delle peggiori e più crudeli politiche con le proprie famiglie, quindi solo in virtù della propria vita di lavoratori sono già coinvolti. La lotta per gli immigrati è decollata in modo sostanziale nel 2006, quando letteralmente milioni di persone sono scese in strada il Primo Maggio. Attraverso la Coalizione ANSWER siamo stati molto attivi in questa lotta. Ci siamo coordinati e abbiamo partecipato con altre organizzazioni amiche all'organizzazione di molte grandi manifestazioni da allora. Anche nell'era Trump abbiamo partecipato a molte di queste proteste urgenti, alcune delle quali potrebbero essere state viste dai vostri lettori, che siano state le proteste all'aeroporto poco dopo che Trump veniva portato in carica, contro il divieto ai rifugiati musulmani, contro le separazioni familiari più recenti. Di giorno in giorno stiamo operando in modi che affrontano direttamente la questione dell'immigrazione e anche le questioni sussidiarie che riguardano molti immigrati, ad esempio il furto di salario. Molti immigrati sono le più grandi vittime del furto dei salari.

Facciamo notare che negli Stati Uniti vi sono più furti ai lavoratori da parte dei capitalisti che qualsiasi altro tipo di rapina. Spesso sono diretti alle costruzioni e ai ristoranti degli immigrati che rappresentano l'obiettivo numero uno. Negli Stati Uniti questo è chiamato "furto di salario", quando i capi rubano letteralmente gli stipendi dei lavoratori piuttosto che pagarli. Questo non è raro. Così in molte delle nostre città molti nostri compagni stanno lavorando su problemi del genere. Abbiamo anche lavorato a stretto contatto con alcune delle popolazioni più bersagliate che godono di uno status di protezione temporanea in America. Quando si verificano gravi catastrofi naturali nei Caraibi o in America Latina, è probabile che le persone vengano nel paese per un periodo temporaneo e possono essere cacciate a prescindere da quale sia la situazione nel loro paese d'origine. Ad esempio lavoriamo a stretto contatto con la comunità haitiana a New York City e altrove, dove sono concentrati nello sforzo di respingere la fine dello status di protezione temporanea, così come la demonizzazione razzista degli haitiani in generale. Perché la classe operaia negli Stati Uniti è così multinazionale, e poiché in molte grandi città la classe operaia ha una solida base immigrata, un gran numero di nostri membri come ho detto sono i figli di prima generazione di immigrati, persone che sono venute negli Stati Uniti quando erano molto molto giovani.

Abbiamo anche migliorato la nostra organizzazione nelle zone vicine al confine tra Stati Uniti e Messico. Quindi abbiamo lavorato su diversi livelli con le popolazioni di immigrati che vivono vicino a queste aree, dove c'è una presenza molto pesante dello stato, della polizia e delle pattuglie di frontiera, che usano profiling razziale e raid per terrorizzare le comunità di immigrati. Le persone in alcune di queste aree di confine vivono anche in insediamenti informali perché sono privi di documenti e non sono in grado di accedere alle risorse. Lavoriamo anche con alcune di queste popolazioni per aiutarle a combattere per i loro bisogni di base. Quindi l'immigrazione è certamente una delle aree di lavoro più importanti, una delle nostre più grandi aree di lavoro e parte organica della nostra organizzazione, perché la classe operaia degli Stati Uniti nel 2018 è integrata con la popolazione immigrata. È anche in tandem con il nostro lavoro contro la brutalità della polizia che prende di mira le popolazioni nere. Molti immigrati sono presi di mira soprattutto in stati come la California, l'Arizona, il New Mexico. Cerchiamo anche di isolare questo fattore e risolverlo.

BB: Anche noi membri del PSL abbiamo un ruolo importante nell'organizzazione dei lavoratori domestici. I lavoratori domestici negli Stati Uniti sono in gran parte donne immigrate e super-sfruttate. Questo è di nuovo un problema fondamentale e puoi ben vedere che la ragione per cui le persone vengono negli Stati Uniti deriva dalla politica economica e militare dell'imperialismo statunitense che ha causato catastrofi, disastri in tutto il mondo. Quindi 60 milioni di persone sono in movimento in questo momento, il numero più elevato dalla Seconda guerra mondiale. Naturalmente alla fine della Seconda guerra mondiale i fenomeni di immigrazione erano legati alla vasta distruzione militare, ma oggi sono riconducibili alla distruzione economica causata dall'imperialismo e dalle guerre generate da questo fenomeno: tutto ciò è molto importante per noi e importante anche per il movimento operaio in Europa. Poiché questi immigrati e rifugiati si muovono in conseguenza dell'imperialismo, i movimenti di destra e fascisti ne approfittano, usando gli immigrati e i rifugiati come bersaglio, come se fossero la causa dei problemi economici e sociali. Quindi dobbiamo, oltre che difendere le comunità e gli individui immigrati, denunciare il fenomeno come caratteristica fondamentale del capitalismo moderno.

Dal cuore dell'imperialismo mondiale come considerate il movimento comunista internazionale e in che modo siete impegnati?

BB: Siamo un partito comunista. Ci siamo dati un'organizzazione da 14 anni a questa parte con l'idea di costruire ancora una volta un partito comunista negli Stati Uniti. Questo è un progetto complicato e a lungo termine. È forse il più difficile di tutti i progetti. Ma è il bisogno imperativo perché non si può avere un cambiamento rivoluzionario senza un partito comunista rivoluzionario che guida quel cambiamento. Senza un partito comunista, la vittoria è impossibile. Riteniamo che la classe operaia degli Stati Uniti non sia un'entità a parte, separata dal movimento comunista mondiale, ma piuttosto un distaccamento del movimento comunista mondiale. Non esiste un destino diverso per i lavoratori statunitensi, separato dai lavoratori del mondo, non esiste tale possibilità. Quindi stiamo costruendo un partito comunista negli Stati Uniti e cercando di coordinarci, di mostrare solidarietà e imparare dai partiti comunisti del mondo.


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