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I nuovi conservatori e le loro false promesse

Greg Godels | mltoday.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

23/12/2019

Marx ha scritto notoriamente che la storia si ripete "la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa." Ma a volte, anche un bis lascia molte persone senza parole.

La maggior parte dei commentatori che riempiono le rubriche d'opinione dei mezzi di comunicazione nazionali stanno propagandando il fallimento del Partito laburista britannico nelle recenti elezioni come presagio del "disastro" che attenderebbe i Democratici qualora dovessero nominare Bernie Sanders o una sua versione edulcorata per correre contro il presidente Trump. Quella, sostengono, sarebbe la "farsa" che la sconfitta di Corbyn fa presagire.

Ma ci sono nei media alcune teste che ragionano, pensatori più saggi, che meglio intendono i messaggi spesso più sottili della storia. Per Gerald Seib del Wall Street Journal, e per il suo collega, Stephen Fidler, un veterano britannico del Financial Times e di Reuters, la vittoria di Boris Johnson ricorda un altro parallelismo: la vittoria elettorale di Donald Trump. E scorgono molti segnali che tali parallelismi traboccano di significati e contano più di semplici interessanti coincidenze.

L'articolo di Seib and Fidler, U.K. Vote Shows Remake of Conservativism (WSJ 12/14-15/2019), sostiene che siamo entrati in una nuova era, che coinvolge nuovi blocchi elettorali, riallineamenti, filosofie e politiche:

La grande vittoria elettorale di Boris Johnson di questa settimana ha spinto un altro chiodo nella bara di quella  politica conservatrice che mandò per primi al potere Ronald Reagan e Margaret Thatcher quattro decenni fa… [Il] movimento in Occidente è ora diventato marcatamente più populista e nazionalista, e si appella molto più nettamente al blocco elettorale della classe operaia. L'austerità fiscale, un tempo cardine del conservatorismo, conta meno; diviene più importante riscrivere le regole che hanno governato l'economia globale.

L'articolo ritrae un movimento di destra ancorato in un processo di riposizionamento verso un nazionalismo più ristretto, insulare e protezionista, che respinge il globalismo, libero dall'austerità fiscale e dal dogma del mercato, che corteggia la classe operaia con promesse di cambiamento e col disprezzo per le élite liberali. Come la Thatcher e Reagan in passato, Trump e Johnson sono ora le figure di spicco di questo Nuovo Conservatorismo, ma stelle nascenti vi sono, o condividono il potere, in Ungheria, Italia e Polonia. Anche al di fuori dell'Europa, Modi in India, Abe in Giappone, Bolsonaro in Brasile e Piñera in Cile abbracciano molte caratteristiche del Nuovo conservatorismo.

Seib e Fidler sono perspicaci nel vedere Trump e Johnson come un qualcosa di più di un'aberrazione, una mutazione passeggera del repubblicanesimo corporativo e del conservatorismo patito per il mercato. Mettono a fuoco il loro gioco opportunistico rivolto ad una base di elettori piccolo-borghesi e della classe operaia che sono stati dissanguati dalla ristrutturazione globale messa in atto dalla classe dirigente e definitivamente schiacciati dalla sua conclusione, il crollo del 2007-2009:

Entrambi capitalizzano il risentimento dei colletti blu e della classe media nei confronti delle élites finanziarie e politiche, le quali, nella visione di tale elettorato, hanno fatto finta di non accorgersi del modo in cui le tendenze economiche globali stavano spolpando i lavoratori fino all'osso. La Brexit è stata il simbolo di quelle doglianze in Gran Bretagna; negli Stati Uniti, le relazioni commerciali con la Cina e il Messico sono stati i simboli che Mr. Trump ha utilizzato.

Seib e Fidler notano come Trump e Johnson  abbiano "condito la loro offerta politica con le promesse di una spesa pubblica più libera al fine di catturare la rabbia dell'elettorato della classe media e della classe operaia  per i sacrifici che erano stati costretti a fare per via del crollo finanziario…" Johnson, sostengono, "si è appropriato dei tradizionali panni del Partito Laburista di sinistra", promettendo "spesa per sanità pubblica nazionale, scuole, polizia e infrastrutture".   Trump, sfidando un pilastro del conservatorismo del ventesimo secolo, "ha autorizzato un aumento del deficit del bilancio federale degli Stati Uniti per circa un trilione di dollari l'anno, ma ha potuto farlo perché i bassi tassi di interesse hanno reso tali indebitamenti meno dolorosi. Mr. Johnson ha allargato i cordoni della borsa grazie ad un vantaggio similare."

La tesi di Seib-Fidler è che, dal crollo del 2007-2009, alcuni a destra hanno tratto insegnamenti e costruito un nuovo approccio politico, allontanandosi dal cosmopolitismo, dal globalismo, dall'austerità e dai mercati senza restrizioni. Stanno astutamente e opportunisticamente commercializzando questa virata come sollievo per una classe operaia ed una piccola borghesia danneggiate, insoddisfatte e arrabbiate. Naturalmente, vi sono ancora dei vecchi conservatori ancora legati al fondamentalismo pro mercato, all'approccio globalista di Reagan e Thatcher e a quella che molti hanno chiamato, nel bene o nel male, "globalizzazione" e "neoliberismo", ma il Nuovo conservatorismo è chiaramente in crescita.

I liberali urleranno che Seib e Fidler hanno sminuito il ruolo della xenofobia nell'appello dei nuovi conservatori e nel voto di Johnson. Senza dubbio, il razzismo e il sentimento anti-immigrati giocano un ruolo. Ma i sondaggi di Ipsos Mori mostrano che, mentre circa il 40% degli elettori pensava che l'immigrazione fosse la questione più importante per gli elettori durante il referendum sulla Brexit del 2016, quel numero è sceso a circa il 10% prima delle recenti elezioni.

Ironicamente, mentre negli ultimi trent'anni il consenso della politica Reagan/Thatcher ha spazzato via il mondo politico, ora ha finito per radicarsi fermamente nella socialdemocrazia e nel liberalismo politico; la vittoria dei convertiti alla "Terza Via" e dei "nuovi Democratici" sull'interventismo fiscale keynesiano li rende, ora, i difensori più zelanti del libero mercato, delle istituzioni sovranazionali, del pareggio di bilancio, dell'austerità e del mercato del lavoro senza garanzie. Perché i partiti di centro-sinistra dei paesi capitalisti avanzati hanno recepito ed abbracciato così prontamente l'ideologia feticista del mercato del tardo-Ventesimo secolo, che ora risultano rinchiusi in un angolo a difendere rigidamente quella stessa ideologia che ha causato un grande danno ai lavoratori, un'ideologia che i Nuovi Conservatori stanno sempre più lasciando alle loro spalle.

Dove i nuovi conservatori hanno rinnovato i loro punti di vista sulla scia della crisi 2007-2009, la maggior parte dei liberali e socialdemocratici sono rimasti irremovibili, tenendo in mano le stesse carte che gli erano state distribuite dalla "rivoluzione" di Thatcher e Reagan.

Mentre gli elettori si rivoltano contro il vecchio regime che ha portato un caos economico mai visto dalla Grande Depressione, cercano contemporaneamente un cambiamento ovunque lo possano trovare. Negli Stati Uniti, pensavano di poterlo trovare eleggendo Barack Obama. Tale fiducia si è rivelata essere mal riposta, ed ha portato un ulteriore radicamento del dominio delle elite  e dell'austerità (segregazione!). Di conseguenza, Trump ha goduto di un'opportunità.

I democratici dell'establishment, i Corporate Democrats, confidano nel fatto che Trump, prima o poi, fallirà. Naturalmente hanno ragione: nel Nuovo Conservatorismo ci sono solo vuote promesse e finte soluzioni. Ma i leader del Partito Democratico sono ingenui, se pensano che il fallimento di Trump porterà un nuovo esodo elettorale verso un Partito Democratico che è fedele ad una edulcorata versione della politica reaganiana-thatcheriana, un partito incatenato ad un'economia che mette al primo posto gli interessi delle multinazionali confidando che la ricchezza sgoccioli dai loro profitti, un partito abbarbicato all'austerità fiscale, al prosciugamento del Welfare State e orientato a fare del mercato l'arbitro finale di tutte le decisioni economiche.

Chiaramente, la leadership del Partito Democratico preferisce attaccare Trump per la sua mancanza di fedeltà alla mitologia presidenziale o attraverso favole inventate come il Russiagate, mentre evita i reali processi di mutamento politico che potrebbero conquistare un elettorato assetato di cambiamento. I risultati saranno probabilmente disastrosi per coloro che hanno bisogno di soluzioni urgenti. Ma i capi del partito preferirebbero vedere la vittoria di Trump che cedere la loro ferma difesa del capitale über alles.

Allo stesso modo, l'eredità di Margaret Thatcher, trasmessa attraverso la passata leadership di Tony Blair, è talmente radicata in un certo partito laburista che molti dei suoi esponenti avrebbero preferito vedere Corbyn perdere piuttosto che cedere quel lascito.

I progressisti dovrebbero valutare seriamente se i partiti di centrosinistra, anche ribattezzati partiti socialdemocratici, possano offrire o portare avanti in modo convincente un programma che affronti la carneficina inflitta da un capitalismo sempre più disfunzionale e che possa riconquistare i lavoratori attratti dalle false speranze offerte dal Nuovo Conservatorismo. Quando la vecchia politica è completamente screditata, una nuova politica deve essere all'ordine del giorno. Questa nuova politica dovrebbe essere costruita sulla via del socialismo, l'unica strada che allontana i lavoratori dall'inganno e dalla demagogia.


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