www.resistenze.org - popoli resistenti - venezuela - 16-07-04

da http://wwwcounterpunch.org/petras07082004.html

Il Referendum venezuelano - Attenti a Jimmy Carter !


8 luglio 2004

di James Petras*

Il 14 agosto 2004 gli elettori venezuelani decideranno in un referendum che ha un enorme significato storico e strategico. Quello che è in gioco non è niente meno che il futuro dell’energia del mondo, le relazioni tra gli Stati Uniti e l'America Latina (in particolare Cuba) ed il destino politico e socio-economico di milioni di poveri venezuelani, urbani e rurali. Se la destra prenderà il potere sconfiggendo Chavez, privatizzerà il petrolio statale e le società della benzina, vendendole alle multinazionali degli Stati Uniti, si ritirerà dall’OPEC, eleverà la sua produzione e le esportazioni agli Stati Uniti, abbassando così della metà o più i redditi dei venezuelani.

Internamente sarà messa fine al programma civico per la salute pubblica, insieme alla campagna per l’istruzione e l’edilizia pubblica per i poveri. La riforma agraria sarà invertita, e ai circa 500.000 destinatari della riforma della terra (100.000 famiglie) la terra sarà portata via. Questo sarà portato a termine con un intensivo e diffuso salasso statale, con carcerazioni illegali ed omicidi, con una repressione intensa nei quartieri pro-Chavez, nei sindacati e nei movimenti sociali. Il referendum, apparentemente ‘democratico’, se vincerà opposizione, avrà risultati assolutamente autoritari, coloniali e socialmente regressivi.

Regionalmente, un risultato anti-Chavez stringerà la presa di Stati Uniti ed Europa sulle risorse petrolifere dell'America Latina; la denazionalizzazione dell'industria del petrolio nel dopo-Chavez seguirà le orme della privatizzazione di Lula del Petrobras in Brasile, la privatizzazione di Gutierrez in Ecuador e proseguirà la privatizzazione straniera in Argentina, Bolivia ed Perù.

Il controllo sul petrolio del Venezuela eleverà il controllo degli Stati Uniti sul petrolio del mondo, diminuendo la loro dipendenza dal Medio Oriente (dato importante, specialmente ora con il conflitto ad alta intensità in Iraq e, nel futuro, in Arabia Saudita e in Iran). Allo stesso tempo gli Stati Uniti elimineranno il maggior oppositore dell’ALCA- il trattato di libero scambio - e prepareranno la strada per il controllo diretto degli Stati Uniti sui poteri e le regole per il commercio e gli investimenti nell'emisfero. Strategicamente per gli Stati Uniti l’impadronirsi del petrolio venezuelano avrà conseguenze gravi sull'economia cubana, perché Washington ne chiuderà del tutto l’esportazione ed il regime fantoccio romperà probabilmente le relazioni. Il diretto controllo coloniale sull’Iraq ed il Venezuela, due dei principali fornitori di petrolio, aumenterà il potere globale degli Stati Uniti sui suoi concorrenti, servendo di lezione ai potenziali regimi oppositori. 
 
Il referendum in Venezuela si definisce principalmente come un scontro tra Stati Uniti e OPEC, tra imperialismo statunitense e nazioni latinoamericane, tra neo-liberismo e socialismo nazionale, tra l’appoggio degli Stati Uniti alle élite autoritarie dominanti e i lavoratori urbani socialmente consapevoli e autonomi, i disoccupati, i piccoli imprenditori, i lavoratori rurali senza terra ed i piccoli contadini. Queste contrapposizioni storiche trovano il loro diretto scontro nel referendum. Gli eventi che conducono al referendum parlano eloquentemente del pesante intervento degli Stati Uniti, delle tattiche violente delle élite, del ruolo della strategia di erosione dell'opposizione, della sfrenata propaganda totalitaria dei mass media privatizzati.

L'opposizione ha appoggiato un violento colpo di stato militare (che è stato sconfitto); ha organizzato una serrata padronale che ha quasi distrutto l'economia (che è pure stata sconfitta); ha organizzato un contingente di forze militari e paramilitari colombiane di più di 130 persone, con l'aiuto attivo di ufficiali venezuelani, per seminare la violenza ( che è stato sventato dall’intelligence  venezuelana). Con uguale abiezione, nella campagna per assicurarsi le firme per il referendum, sono state prodotte e distribuite massicciamente carte di identità contraffatte e decine di migliaia di firme false, che risultano scritte da una sola mano e sono riferite a defunti e inabili o estorte.

Pur essendo diffuse la corruzione e le frodi dell’opposizione, gli osservatori internazionali ufficiali esortarono il governo Chavez ad accettarli e a procedere al referendum. Più ignominiosamente, fra le voci che hanno fatto sentire la loro presenza determinante vi erano l’onnipresente Jimmy Carter e Jose Miguel Vivanco, dell’Human Rights Watch. 
 
La Storia Ignota di James Carter 
 
Le due facce del potere imperiale comprendono da un lato il pugno di ferro dell’intervento militare e dall’altro l’imbroglio delle frodi elettorali, con l’intimidazione della diplomazia e il ricatto della ‘democrazia’. Jimmy Carter è come "l'americano tranquillo" di Graham Greene, che legittima la frode elettorale, benedice elezioni corrotte, certifica leggi criminali, incoraggia elezioni nelle quali l'opposizione è finanziata dagli Stati Uniti e da fondazioni semi-pubbliche, ed il regime progressivo in carica subisce ripetutamente lo scardinamento violento dell'economia. 
 
Dietro la faccia semplice e umana, Carter ha una strategia per ribaltare i regimi progressisti e per minare al nascere le democrazie. Carter con la sua squadra di Centro cerca di insinuarsi nelle debolezze dei democratici insicuri, particolarmente di quelli sotto minaccia degli oppositori sostenuti dagli Stati Uniti, così vulnerabili agli appelli di Carter di essere "pragmatici e realisti" - il che significa, detto in parole chiare, di accettare i risultati elettorali fraudolenti e il pesante intervento elettorale degli Stati Uniti. Carter è un maestro nel mescolare la retorica democratica con la manipolazione dei democratici suscettibili che pensano che lui condivida la loro visione politica. I mass media internazionali danno conto dei suoi viaggi esteri autoprodotti nei paesi in guerra e soprattutto del suo finto operare per i "diritti umani". I mass media forniscono Carter di apparenti credenziali democratiche. 
 
In realtà, spesso i suoi interventi politici sono stati volti a sostenere dittatori, a legittimare elezioni fraudolente e a far pressione sui candidati democratici e popolari per capitolare davanti agli oppositori sostenuti dagli Stati Uniti. Nell’ultimo quarto di secolo, Carter ha lavorato intenzionalmente e sistematicamente per minare i governi e i candidati progressisti e per promuovere i loro oppositori filoimperialisti. 
 
Oggi in Venezuela, di fronte alla dubbia validità del referendum appoggiato dai reazionari più inaciditi, Carter si pone ancora una volta come un "osservatore neutrale" mentre ha lavorato con l’opposizione anti-Chavez, prima per legittimare il referendum e poi per offrire le possibilità di un esito favorevole. Carter non ha detto proprio niente sull’accanito sostegno degli Stati Uniti all'opposizione - in palese violazione di ogni procedura elettorale democratica, con attività che nel suo paese, gli Stati Uniti, sarebbero considerate barbariche.

Lui ha chiesto chiarezza di informazione ai mass media istericamente anti-Chavez (sapendo perfettamente bene che loro hanno le briglie sciolte per offrire una copertura particolare in sostegno dell'opposizione e una disinformazione piattamente negativa su Chavez). In cambio Carter ha ricevuto da Chavez la promessa di evitare una catena di radiodiffusioni nazionali fisse. Carter rifiuta di riconoscere che il campo di gioco elettorale non è equo, e che sotto le sembianze della “libera stampa" lui difende il diritto degli oligarchi dei media di esprimere bugie velenose, negando all'elettorato il diritto di sentire entrambe le parti.

Carter rifiuta di riconoscere gli effetti  intimidatori delle manovre militari statunitensi nei Caraibi, le asserzioni belligeranti di sottosegretario di stato degli Affari Latino Americani Noriega contro Chavez e il frenetico attivismo dell'Ambasciatore  degli Stati Uniti Shapiro in appoggio delle forze anti-Chavez. Soprattutto Carter ignora le trame, le pratiche fraudolente e le attività paramilitari che conducono al referendum, ed oltre. Concentrandosi sul rafforzamento dell'acquiescenza del Governo alle procedure elettorali ed ignorando il contesto estremamente pregiudizievole dell'elezione, Carter sta adempiendo al suo ruolo di artefice o di una vittoria elettorale dell'opposizione o, nell'evento di una sconfitta, del pretesto per un colpo di stato violento post-elettorale. La storia di Carter offre un contesto estremamente utile per provare queste osservazioni. 
 
Repubblica Domenicana: Carter Certifica un’Elezione Rubata (1990)
 
Nel 1993, io passai diverse ore parlando con Juan Bosch, il leader politico  democratico più degno di nota della Repubblica Domenicana. Mi disse che dopo le elezioni presidenziali del 1990, che lui vinse legalmente, il suo oppositore, il simpatizzante della destra filo statunitense, Juan Balaguer comprò massicciamente false testimonianze di scrutatori. Jimmy Carter capeggiò la commissione di esame dell’elezione. Bosch presentò a Carter una quantità di documenti e verbali, testimoni e fotografie dei sostenitori di Balaguer che scaricavano i ballottaggi nel fiume. Carter diede credito ai fatti di corruzione e frode ma esortò Bosch ad accettare i risultati “per evitare una guerra civile”. Bosch accusò Carter di coprire i misfatti per far guadagnare agli Stati Uniti un ‘cliente’. E marciò con 500.000 per protesta. Ma Carter certificò la vittoria di Balaguer come il risultato di una libera elezione e se ne andò via. Balaguer procedette con la repressione, il saccheggio e la privatizzazione dei servizi di base. 
 
I) Haiti: Carter il Ricattatore Sorridente 
 
Nel 1990, Bertrand Aristide, un ex prete molto popolare stava conducendo nei sondaggi con un 70% contro un ex funzionario della Banca Mondiale sostenuto dagli Stati Uniti, Marc Bazin, con appena il 15% dell’appoggio popolare. Jimmy Carter, il sedicente osservatore elettorale neutrale, preparò una riunione con Aristide nella quale pretese che Aristide perdesse le elezioni in favore del candidato -impopolare- degli Stati Uniti, per evitare un "bagno di sangue". Carter fece di tutto per spaventare Aristide e negare al popolo il diritto di scegliersi il suo presidente. Carter sapeva già, dai suoi contatti con il Presidente Bush senior che Washington era decisa ad impedire ad Haiti di prendere una strada indipendente. Otto mesi dopo l'accesso di Aristide alla Presidenza, successe un colpo di stato, appoggiato dagli Stati Uniti. Aristide fu cacciato e sostituito con il candidato preferito di Carter. Marc Bazin fu nominato Primo Ministro, appoggiato dal gruppo terrorista paramilitare FRAPH che mise in atto un "bagno di sangue", uccidendo più di 4.000 abitanti di Haiti. Carter e Bush senior, il diplomatico tranquillo ed il Presidente col pugno di ferro, lavorarono in tandem; e dove uno falliva, avanzava il secondo. 

II) Haiti: Il Generale Cedras, Insegnante della Scuola Festiva (1991-1994) 

Con Aristide fuori gioco, il regime appoggiato dagli Stati Uniti procedette a massacrare migliaia di sostenitori haitiani dell’ex Presidente eletto. Il membro chiave della giunta militare al governo era il Generale Cedras. Jimmy Carter, attestato in Florida, abbandonando migliaia di abitanti di Haiti al suo regime brutale, parlò in difesa del Generale Cedras lordo di sangue: "io credo e ho fiducia nel Generale Cedras " e poi, eccedendo "…io credo che lui sarebbe un ottimo insegnante di scuola festiva."

Carter in seguito attestò la rispettabilità dello screditato dittatore, che fu esiliato dopo aver vuotato la tesoreria. Il Presidente Clinton convocò un incontro con Aristide a Washington. Un addetto Congressuale presente alla riunione mi disse che l'aiutante di Clinton diede un programma neo-liberale e un elenco di ministri di comodo ad Aristide e gli prospettò la possibilità di un suo ritorno a Haiti se avesse accettato i dettami di Washington. Dopo molte ore di pressione psicologica, minacce ed discussioni Aristide capitolò. Clinton gli permise di ritornare. Carter salutò, nello stile degli Stati Uniti, il ritorno della "democrazia".

Dieci anni più tardi quando Aristide rifiutò di accondiscendere alle minacce dagli Stati Uniti di privatizzare i beni pubblici e interrompere le relazioni con Cuba (che stava fornendo centinaia di dottori e infermieri per il sistema di sanità pubblica di Haiti), gli Stati Uniti patrocinarono un attacco paramilitare, seguito dall’invasione degli Stati Uniti. Il Presidente eletto Aristide fu rapito dalle forze statunitensi e deportato in volo, probabilmente bendato, nella Repubblica Centrale Africana. Carter non contestò il pesante intervento degli Stati Uniti e invece mise in dubbio l'elezione di Aristide. Le critiche di Carter ad Aristide ( mentre Aristide si trovava prigioniero nella Repubblica Centrale Africana) furono la foglia di fico per legittimare l'invasione degli Stati Uniti, il rapimento, l’occupazione e l’insediamento di un regime fantoccio criminale. L'intervento degli Stati Uniti in Haiti fu considerato a Washington una prova generale per l'invasione del Venezuela. 
 
I) Nicaragua: Carter e Somoza  (1979)
 
Nel Giugno del 1978, il Presidente Jimmy Carter spedì una lettera privata al dittatore nicaraguense Anastasio Somoza, lodandolo per le ‘iniziative sui diritti umani’ (dopo averlo criticato pubblicamente). Carter aveva messo insieme un centro per la sua propaganda interventista per i ‘diritti umani’ ( Morris Morley, Washington, Somoza ed i Sandinisti, 1994). Questa politica a due facce occorse durante uno dei periodi più sanguinosi del governo Somoza, quando questi bombardava le città simpatizzanti con la rivoluzione. Le dichiarazioni retoriche  di Carter circa la  preoccupazione per i diritti umani erano ad uso pubblico, mentre le sue assicurazioni private al dittatore Somoza lo incoraggiavano a continuare la sua politica di terra bruciata. 
 
II) Nicaragua: Carter Propone l’Intervento (Maggio 1979)
 
Nel Giugno del 1993 il Ministro degli Esteri dell’ex Presidente panamense Torrejos mi riferì della più breve riunione regionale del Presidente Carter. Accadde nel Maggio 1979, meno che due mesi prima che Somoza fosse rovesciato. Carter riunì i Ministri degli Esteri di molti paesi latinoamericani che si erano opposti alla dittatura di Somoza. Il Presidente Carter entrò ed immediatamente fece la proposta di formare una "Forza di Pace Panamericana", una forza militare degli Stati Uniti e di truppe latinoamericane per invadere Nicaragua, "porre fine al conflitto" e sostenere una coalizione diversa. Lo scopo, secondo l’ex ministro panamense presente, era prevenire una vittoria Sandinista e preservare la Guardia Nazionale di Somoza rimpiazzando Somoza con una giunta civile conservatrice e filo-statunitense. La proposta di Carter fu rifiutata unanimemente, essendo ingiustificato l’intervento degli Stati Uniti. Carter per ripicca lasciò immediatamente la riunione. Il tentativo di Carter di soffocare la rivoluzione popolare e di preservare lo stato somozista per affermare il dominio degli Stati Uniti smaschera chiaramente la sua pretesa di essere un Presidente dei "diritti umani". L’abitudine di usare i "diritti umani" per proiettare il potere militare ed imperiale divenne un modo corrente di operare per le successive presidenze Reagan, Clinton e di entrambe i Bush. 

Afganistan: Carter Finanzia l'Invasione dei Terroristi Islamici 

Alla fine del 1970 il secolare regime nazionale afgano era alleato con l'Unione Sovietica. Il governo promosse uguaglianza di genere, istruzione universale e libera per donne ed uomini, riforma agraria con la ridistribuzione di appezzamenti di terre feudali ai contadini poveri, separazione tra religione e stato ed adottò una politica estera indipendente con un'inclinazione sovietica. Ad iniziare più o meno dal 1979, Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita orchestrarono una massiccia campagna di reclutamento internazionale di fondamentalisti islamici per prendere parte ad una "Jihad" contro il governo comunista ed ateo. Decine di migliaia di reclutati furono arruolati, armati dagli Stati Uniti, finanziati dall’Arabia Saudita ed addestrati dalla CIA e dall’intelligence pakistana . Il Pakistan aprì le sue frontiere all'ondata di invasori armati. Internamente, i Mullah soppiantati, inorriditi dall'uguaglianza e dall’istruzione per le donne, per non parlare dell'espropriazione del loro possesso di enormi territori, li fece unire in massa alla Jihad. 

La presidenza  Carter (e non Reagan) fu responsabile per l'organizzazione, il finanziamento, l’addestramento dell’insurrezione islamica e la partecipazione alla campagna di terrore che seguì. Zbig Brzesinski scrisse più tardi della campagna Afganistan-Stati Uniti come di uno dei punti più alti della diplomazia US della Guerra Fredda, che provocò l’intervento sovietico in favore del secolare alleato afgano. Anche di fronte alle conseguenze della totale devastazione dell'Afganistan, al levarsi dei Talebani ed Al Queda e all’11/9, l’ex Consigliere della Sicurezza Nazionale di Carter, Brzesinski, ha risposto che questi sono stati costi marginali rispetto ad una guerra che ha accelerato con successo la caduta dell'Unione Sovietica.

L'intervento in Afganistan del Presidente Carter iniziò la Seconda Guerra Fredda, che fu proseguita con ancor maggiore intensità da Reagan. Carter appoggiò una serie di guerre surrogate in Angola, Mozambico, America Centrale, ai Caraibi ed altrove. Carter chiaramente era un fautore e professionista del genere peggiore di intervento imperiale ed un maestro di pubbliche relazioni; lui è stato il primo propugnatore dell’imperialismo “umanitario”: retorica umanitaria e pratica imperialista brutale. 

Venezuela: Il Fattore Carter (2002-2004)

In nessun luogo e mai Jimmy Carter, il retore dei diritti umani dal volto gentile, pose una minaccia più pericolosa per le libertà democratiche e l'indipendenza nazionale di quanto sta facendo oggi in Venezuela. Con l’ardente sostegno di un'opposizione adusa alla violenza, Carter è intervenuto frequentemente nella politica venezuelana, presentandosi come un mediatore neutrale. Carter si è mosso ad ogni passo per legittimare l'opposizione impegnata in un colpo di stato, in sollevazioni, con i terroristi paramilitari e nella serrata padronale che ha devastato l'economia.

Carter ha convinto il Presidente Chavez a "riconciliarsi" coi leader di élite e i sostenitori di un colpo di stato violento che in breve avrebbe rovesciato il suo governo eletto dal poplo. Ha fatto continue pressioni sul Presidente eletto perché venisse a patti a "dividere anche il potere" con l'opposizione dopo che lui aveva vinto sei volte le elezioni nazionali. Carter ha rifiutato di riconoscere le vittorie elettorali e i mandati costituzionali di Chavez; e invece ha sostenuto la richiesta dell'opposizione di nuove elezioni fuori programma e poi ha promosso il referendum. Carter ha sottoscritto i risultati per indire il referendum voluto dall'opposizione, anche se vi sono state pesanti violazioni elettorali. Ha anche esercitato pressioni sul Consiglio Elettorale Nazionale per accelerare l’esame delle firme, esortandolo a sancire il referendum. Carter non ha dato nessun credito a centinaia di migliaia di casi di frode elettorale (come già egli stesso aveva rifiutato di fare nel caso della vittoria estorta di Juan Bosch) e alle schede con false identità. Carter stava agendo in Venezuela come “l’americano tranquillo", uno che si sposa ideali alti mentre è occupato in trucchi sporchi.

Il dati storici sono abbondantemente chiari: non si può credere che Carter si comporti come un "osservatore neutrale". Lui è stato e è tuttora un fautore degli interessi imperiali statunitensi e non è soltanto un "osservatore" ma un partner attivo e pericoloso che agisce per i clienti degli Stati Uniti. Lui continua a difendere e promuovere ogni opposizione politica o regime, ogni potere o "coordinatore" che sconfiggeranno i movimenti popolari e i governi progressisti. 

Carter non è un democratico! Lui è un da tutta la vita un fautore dell'impero US. Lui è particolarmente pericoloso come dimostra il referendum del Venezuela. Gli Stati Uniti stanno offrendo illegalmente milioni di dollari all'opposizione di Chavez, attraverso la Fondazione Nazionale per la Democrazia e le altre "fondazioni". E l’Istituzione Carter sarà la a legittimare frodi e falsità: mettere in dubbio referendum e ed elezioni se le vittoria sarà di Chavez. È altamente probabile che Carter approfitti di qualche  politicante opportunista che circonda Chavez, pronto a fare concessioni per assicurare la "legittimità democratica" dalla presenza di un inviato di questo impero. Carter si adegua alla più ampia strategia US dell’appoggio al colpo di stato, della serrata, della violenza paramilitare e dell’appoggio della minaccia militare della Colombia. 

Nessuno nel governo di Chavez, nell'interesse ad un referendum onesto, può permettere a questo pietoso ipocrita di avere un ruolo in Venezuela.  

Ultima nota: Altri Diritti Umani Mercenari

Lo stato imperiale degli Stati Uniti sta mobilitando tutte le sue risorse organizzative per sconfiggere Chavez. Oltre a Carter, l’Human Rights Watch (HRW), la Fondazione Nazionale per la Democrazia e un piccolo esercito di OGN (locali ed internazionali) attivo in favore degli Stati Uniti, stanno orchestrando la campagna anti-Chavez. Il Direttore di "Diritti umani", Vivanco, è fra gli interventisti più chiassosi: poco dopo che Presidente Chavez con il Consiglio Nazionale Elettorale ha preso la decisione di convocare il referendum, Vivanco ha annunciato un "rapporto" nel quale dichiara che il Venezuela sta "soffrendo di una crisi costituzionale che potrebbe colpire le sue istituzioni già fragili". Ha accusato il governo di Chavez di "censurare e guidare l'ordinamento giudiziario" e ha chiesto “l’intervento dell'Organizzazione degli Stati Americani”, dominata dagli Stati Uniti.  

Vivanco, per costringere il governo di Chavez ad accettare la sua dichiarazione ha richiesto alla Banca Mondale e all’FMI di sospendere l’aiuto diretto a "modernizzare" il sistema giudiziario. Nel corso dei 3 anni passati, l’HRW ha seguito le direttive del Dipartimento di Stato nell'attaccare le credenziali democratiche di Chavez --trascurando la sua partecipazione seguita da vittoria in sei libere dispute elettorali e la sua generosa accettazione delle firme equivoche in appoggio al referendum. L’HRW ha ignorato totalmente l’enorme frode elettorale dell'opposizione, in sintonia con la linea dell'opposizione. I leader di HRW coincidono con ex ufficiali degli Stati Uniti, inclusa la recente assunzione di Marc Garlasco, un ex ufficiale dell’Agenzia dell’Intelligence della Difesa, come analista militare scelto.  

L’HRW ebbe un ruolo notevole nel demonizzare il Presidente della Jugoslavia Milosevic e nel sostenere l'invasione statunitense del Balcani mentre taceva sui crimini di guerra degli Stati Uniti, incluso il bombardamento di obiettivi civili,l'assassinio degli UPK di più di 2.000 civili serbi e la pulizia etnica di 200.000 non-albanesi del Kossovo. Durante i negoziati di pace tra il Presidente Pastrana ed le FARC, che gli Stati Uniti osteggiavano ed erano sul punto di rompere, il sig. Vivanco e l’HRW pubblicarono un "rapporto" che diceva che le FARC stavano violando tutti i termini dei negoziati di pace - cosa che nessuno altro dei gruppi dei diritti umani presenti in Colombia sostenne - per cercare di premere Pastrana a rompere i negoziati e riprendere di conseguenza la campagna militare; come in seguito egli fece. L’HRW, come il Centro Carter, è sempre intervenuto dalla parte dell'opposizione autoritaria sostenuta dagli Stati Uniti. Ha calunniato l'indipendenza delle corti al fine di costringerle a conformarsi all'opposizione, ha rifiutato le deliberazioni democratiche del Congresso venezuelano ed il suo voto sulla riforma giudiziaria, ha dichiarato apertamente il governo come illegittimo e ha anche chiesto un intervento degli Stati Uniti attraverso l’ONU.

Attenzione all'interventismo umanitario! La sua presenza è estremamente pericolosa per l'integrità e l'indipendenza dell'elettorato venezuelano. 

*James Petras, già Professore di Sociologia all'Università di Binghamton, New York, ha una militanza di 50 anni nella lotta di classe, è consulente dei senza terra e dei disoccupati in Brasile e Argentina ed è coautore di GlobalizzazioneSvelata (Zed). Può essere contattato a: jpetras@binghamton.edu

Traduzione dall’inglese di Bf