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da http://www.rebelion.org/noticia.php?id=2163

Come sono i progetti sociali di Hugo Chávez in Venezuela?


Testimonianze di un popolo che ha recuperato la dignità

Pascual Serrano - Rebelión  - 21/07/2004

Quartiere La Vega, nel distretto Libertador a Caracas, uno dei tanti in cui si stanno sviluppando i programmi sociali del governo venezuelano. Lì, una popolazione di 6.000 venezuelani viene assistita dal “Plan Barrio Adentro“ (n.d.t. Progetto Dentro il Quartiere) destinato a fornire assistenza medica con la collaborazione di professionisti cubani. Dopo un anno di funzionamento del programma si è già costruito un piccolo ma fiammante Centro di Salute. In esso vi sono anche due medici cubani ed un'odontoiatra cubana. Quest’ultima, Milagros Meliá, è presente da soli due mesi e si è appena integrata con altri 1.500 odontoiatri cubani in un nuovo progetto d’assistenza dentistica inaugurato di recente, il “Plan Sonrisa” (n.d.t. Progetto Sorriso), che già assiste ogni giorno in quest’ambulatorio venti pazienti.  

E’ trascorso un anno da quando la dottoressa Loraley García è giunta da Cuba per lavorare a La Vega. Attualmente i medici stanno prestando quaranta visite giornaliere. Nel sorriso di tutte loro si apprezza l'amore per il loro lavoro. “Ci vogliono bene, ci proteggono", è il commento della dottoressa García quando le si chiede della sensazione che la sua presenza risveglia tra i venezuelani.

Nella sala d’attesa incontriamo Maria González. Ha 34 anni, due figli e viene a richiedere assistenza. "Prima, se uno si ammalava di notte, doveva aspettare il giorno seguente per andare al dispensario e molte volte non ti servivano o non avevano medicinali", afferma. "Altre volte andavamo all'ospedale e dovevamo fare più di dieci ore di coda, affinché poi s’interessassero a noi. Vicino c’è l'ospedale militare di San Agustín, dove però accudivano solo i militari e le loro famiglie. Adesso abbiamo assistenza ventiquattro ore al giorno."

Omaina Rico, anch’essa in attesa per farsi togliere i punti di una ferita alla mano: "Negli ospedali non ci servono bene o non ci somministrano medicine. Ieri sono andata all'ospedale Pérez Carreño e non mi hanno visitata. Per questo motivo, se dobbiamo andare all’ospedale, dev’essere quello militare. Prima non potevamo farlo, perché bisognava essere familiare di qualche militare".

Le nuove politiche sanitarie non si basano solo sulla struttura d’assistenza primaria di questi centri nei quartieri popolosi, ma l’intera infrastruttura ospedaliera militare è stata messa a disposizione di tutti i venezuelani. Lo abbiamo potuto verificare non solo a La Vega, ma anche nel quartiere di San Agustín o a Macarao.

Intervistata su come si sentono nella nuova situazione vissuta dal paese, Maria risponde senza incertezze: "Non contenti, orgogliosi". Senza dubbio il processo venezuelano ha apportato qualcosa di più che prestazioni sociali, ha dato al popolo orgoglio e dignità.

Che cosa è successo in Venezuela, che ha prodotto tali cambiamenti? Maria schietta risponde: "E’ Chávez, io sono una madre orgogliosa di ciò che esiste in questo paese."

A La Vega, nell’ambito del Plan Barrio Adentro, è attiva anche la “Casa dell'Alimentazione”. Lì un’abitante prepara a casa sua 150 pasti per altrettante persone tra le più povere del quartiere, bambini, anziani e donne incinte. È una donna povera, che sa ch’esiste gente ancor più povera. Ci spiega: "Io mi sono trovata in grande necessità. Per questo so quant’è importante l'appoggio e la solidarietà con i più poveri della mia comunità".

Gli alimenti vengono forniti dal governo attraverso il Mercal, un'infrastruttura di distribuzione alimentare nei quartieri poveri con la collaborazione dell'esercito. Coloro che cucinano beneficiano soltanto del fatto di essere inclusi tra i commensali. Per controllare il buon funzionamento nella selezione dei destinatari e nella qualità del cibo, è stato creato un Comitato di Salute.

Nel quartiere La Vega stanno anche funzionando altri piani d’assistenza e sviluppo, sconosciuti fino ad un anno fa, come la missione Vuelvan Caras, la missione Sucre, Ribas o Robinson.

Isidoro Niños, 42 anni, è uno degli abitanti che si è integrato nella missione Vuelvan Caras, destinata a progetti di sviluppo economico. È muratore e non aveva lavoro. Adesso quattro gruppi di 120 persone stanno coltivando otto appezzamenti di terreno, dove seminano ortaggi. Isidoro afferma: "Il governo, attraverso fondi provenienti dall'impresa pubblica petrolifera (PDVSA) ci fornisce materiali e sementi per avviare le coltivazioni. Inoltre, ci riconosce un sostegno di 186.000 bolivar e i diritti per organizzarci in cooperative". 

Per quanto riguarda la proprietà della terra che lavorano, si tratta di terreni statali da sempre improduttivi, perché nessun governo si era mai preoccupato di fornire le minime agevolazioni logistiche per renderle coltivabili. Eppure Isidoro non ha dubbi circa la proprietà: "Guardi, adesso la terra è di chi la lavora."

Il successo di questi piani, che i venezuelani chiamano missioni, è stato tale che l'opposizione è passata dal considerarli metodi d’infiltrazione di agenti cubani e d’idee comuniste, al promettere che li manterrà se riuscirà ad abbattere il presidente Hugo Chávez nel referendum del 15 agosto e, successivamente, arrivare al governo.

Fredy Bernal, sindaco di Libertador, dove vivono due milioni di persone, molte di loro in condizioni difficili, ci ricorda gli inizi della missione Barrio Adentro. "La sfida era: come portare un programma dove mai prima era giunto. Chiesi il permesso al presidente Hugo Chávez per parlare con Fidel Castro e chiedergli che Cuba collaborasse con i suoi medici. Gli sembrò una buona idea. Fu un successo ed il piano venne ampliato a tutto il paese. L'opposizione portò in tribunale la missione Barrio Adentro e si sentenziò l’illegalità della presenza dei medici cubani. Io affermai che la salute non può essere illegale e che non avrei obbedito a quell'ordine giudiziario, che li aspettavo insieme agli abitanti e che venissero ad arrestarci. Non vennero mai. Adesso, gli stessi che portarono le missioni nei tribunali perché fossero proibite, promettono che le continueranno."
Oggi in Venezuela ci sono 11.000 medici cubani ad assistere la popolazione più povera del paese, niente meno che quattordici milioni di venezuelani.

Circa  la suddetta promessa hanno le idee molto chiare gli utenti dei progetti. Afferma Isidoro Niños: "L'opposizione non manterrà le missioni. Non lo farà perché non sta, né è mai stata, dalla parte dei poveri".

A La Vega esistono altri programmi più discreti, ma molto preziosi. Come quello di Tierra Urbana, che permette la legalizzazione dei terreni dove a suo tempo vennero costruite le case. Prima non potevano chiedere un prestito o vivevano nell'insicurezza di un'abitazione senza adeguato riconoscimento. Come il Plan Avispa, che permette di rimpiazzare una casupola insalubre con una casa degna, di due stanze, con l'aiuto dei soldati che prima non facevano niente, chiusi nelle loro caserme. Per coloro che sono nell'indigenza è stato creato il Plan Nacional de Vivienda, col quale il governo sovvenziona il 70 % del prezzo della casa od il 100 % a coloro che, venga accertato, non dispongano di mezzi.

Anche nel campo dell'educazione la rivoluzione è stata assoluta. Le nuove Scuole Bolivariane hanno permesso di unificare i precedenti turni del mattino o pomeriggio, affinché i bambini delle classi popolari possano mangiare nella scuola e sia garantita l'istruzione fino ai quindici anni. Già stanno funzionando 3.100 scuole di questo tipo. La missione Robinson è destinata all'alfabetizzazione degli adulti, la missione Ribas a chi non ha potuto terminare la secondaria e la missione Sucre per la qualifica universitaria degli adulti che stanno lavorando o che hanno abbandonato il corso di studi.

L'appena creata Università Bolivariana fornirà istruzione a 400.000 giovani provenienti da classi umili. "Prima, all'Università Centrale, soltanto il 2 % degli studenti erano poveri. Era un'università pubblica e sovvenzionata dal governo per i ricchi", ci segnala un abitante di La Vega.

In questo quartiere possiamo fare ingresso in un grande edificio appena inaugurato, destinato ad istituto scolastico durante il giorno ed alle missioni educative la sera. Lì si trova Amanda Peña, cinquantenne, iscritta alla missione Robinson: “Sto imparando molto, ringrazio il governo di aver compiuto ciò che non hanno fatto quelli precedenti. Ci ha tenuti in considerazione. Adesso addirittura ci alloggiano affinché studiamo. In quarant’anni, qui, non ci hanno mai fornito istruzione. Anche le mie due figlie fanno parte della missione Ribas". Anameri Pérez, con due figli alla missione Robinson, fa cenni di assenso ai commenti della vicina. Le cifre stesse sono eloquenti. Da una media annuale d’alfabetizzazione di 20.000 persone durante gli ultimi vent’anni, si è passati a 1.200.000 alfabetizzati nella prima metà del 2004. Da parte sua, la missione Ribas per l’educazione secondaria, sta formando più di un milione di venezuelani e la missione Sucre, per studi universitari, altri 120.000. Le risorse destinate dal paese all’educazione sono passate dal 2,8 % del PIL nel 1998 al 7 % nel 2003.

Ci sono anche delle critiche. Due giovani ci fermano all'uscita della scuola per denunciare il pantano che occorre attraversare per accedervi. Senza dubbio, resta ancora molto da fare in Venezuela. Prima nessuno aveva fatto caso a quella pozza di fango, perché quella strada non portava a nessuna scuola, non andava da nessuna parte.

La Vega non è un quartiere eccezionale per disporre di questi piani di sviluppo. Le missioni si trovano in qualunque zona suburbana di Caracas ed in molte altre del paese, forse non ancora in tutte quelle necessarie. A Macarao è stato appena inaugurato il Centro di Salute. Juan Garrido, il medico cubano presente qui da otto mesi, potrà ora lasciare la casa privata di un vicino, che l’ha ospitato, per trasferirsi a vivere in quel centro. Il dispensario che gli abitanti di Macarao hanno avuto finora non funzionava da vent’anni. Juan Garrido ci riferisce il grave stato di salute nel quale trovò gli abitanti di questo luogo: “C’erano parassiti, disidratazione, un grande abbandono sanitario. Abbiamo anche potuto provare che i medici privati prescrivevano molti esami non necessari per esigere loro denaro."

A Macarao, sempre grazie al governo cubano, dispongono persino di un laureato in Educazione Fisica. Hipólito è qui da un anno ed organizza attività fisiche per bimbi ed anziani, tutte gratuite. Benché abbia nostalgia della sua Cuba natale, dove presto tornerà, ci tiene a chiarire: "E’ molto bello ciò che sta capitando in Venezuela, tutti noi latinoamericani siamo fratelli e dobbiamo lavorare insieme per migliorare le condizioni di vita del nostro popolo."
 
Anche qui è iniziato il piano di odontoiatria. Estrazioni, otturazioni e detartrasi, finora accessibili soltanto a chi aveva mezzi economici, sono a disposizione di tutti. Come direbbe Fredy Bernal, “abbiamo democratizzato il sorriso”.

Ci si chiede perché è dovuto passare tanto tempo, prima che i venezuelani umili potessero usufruire delle risorse di un paese ricco e recuperare dignità. A Macarao il giovane Fernando Rodríguez fornisce alcune spiegazioni: "Ho trent’anni, ma mi sono deciso a votare soltanto nelle ultime due elezioni; prima non mi interessavo, non avevo nulla per cui votare. Ora, con Hugo Chávez, sì."

Per Maria la rivoluzione è stata avere un medico per i suoi due figli, per Isidoro poter lavorare le proprie terre, per Amanda poter imparare a leggere, per Fernando scoprire che la democrazia ha senso. Tutti loro sono convinti del fatto che non si lasceranno strappare il nuovo mondo che sta nascendo in Venezuela. Hanno affrontato molte battaglie, il colpo di stato dell’11 aprile 2002, il sabotaggio petrolifero di dicembre di quell'anno e cinque elezioni in cui hanno cercato di bloccare il processo di cambiamento in Venezuela. Adesso, il 15 agosto, gli stessi che hanno cospirato per abbattere il loro presidente, il loro Parlamento e la loro Costituzione, coloro che si stavano portando via la ricchezza petrolifera del paese verso le loro residenze negli Stati Uniti e coloro che oggi in Iraq, e prima in America Latina, hanno creduto di avere il diritto di decidere il destino dei popoli, cercano di abbattere il presidente del Venezuela mediante un referendum revocatorio.

Un referendum che sicuramente non vincerebbe Bush nel suo paese, né la maggioranza dei presidenti fantoccio collocati in America Latina dagli Stati Uniti a colpi di intrighi e denaro.
Un referendum che in Venezuela, al contrario, Hugo Chávez vincerà o, è lo stesso, che vinceranno Maria, Isidoro, Amanda, Fernando, il popolo venezuelano.

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