www.resistenze.org - popoli resistenti - venezuela - 05-10-05

da www.rebelion.org - 02-10-2005

http://www.rebelion.org/noticia.php?id=20714

Venezuela: un paese in trasformazione


João Pedro Stedile

ALAI


Cari amici ed amiche, sto scrivendovi dalle pianure bolivariane dello stato di Barinas, nel centro del Venezuela.

Sto facendo un “giro”, come lo chiamano qui, per conoscere il processo di riforma agraria in Venezuela.

Sono impressionato. Molto impressionato. Finalmente, come dice un proverbio orientale, “Gli occhi vedono mille volte più dell’udito”.


Il Venezuela ha avuto un passato glorioso nel secolo XIX, con le eroiche lotte per l’indipendenza guidate da Simón Bolívar ed Ezequiel Zamora, e cui partecipò un valoroso combattente brasiliano che divento persino generale: il generale Abreu di Lima, di Pernambuco. Il ricordo di costui, oggi in Venezuela fa ancora inorgoglire, anche se noi brasiliani non conosciamo ancora la sua storia.
Tuttavia, il secolo XX al Venezuela ha regalato una vera tragedia economica e sociale. Il suo territorio è su di un immenso lago di petrolio, e la civiltà statunitense costruita sulla base dell’energia del petrolio, ha trasformato il paese in una sua colonia per garantirsi la fornitura della principale fonte d’energia. Ci fu una ”santa alleanza” tra una minoranza dell’oligarchia locale che s’impadronì dello Stato e delle risorse del petrolio e si arricchì, mentre, dell’altro lato, la forza politica-economico-ideologica e militare dell’impero del nord la manteneva al potere.


Il Venezuela è responsabile della fornitura del 25 % di tutto il petrolio consumato negli Stati Uniti.
Risultato: l’80 % della popolazione immersa nella povertà assoluta, mentre il 2 % viveva sontuosamente.

Solo un 8 % della popolazione è sopravvissuta nel settore rurale, perché l’agricoltura fu emarginata completamente, il paese finì col comprare l’88 % di tutti gli alimenti all’estero.
Quello è il contesto storico in cui, finalmente, a partire dal 1998, con la vittoria elettorale di un giovane ed impetuoso colonnello espulso dalle forze armate, incominciò il cambiamento. Così, i venezuelani sono entrati nel secolo XXI con una nuova prospettiva: il Venezuela ha smesso di essere una colonia statunitense ed è diventata la Repubblica Bolivariana del Popolo del Venezuela.

All’inizio sembrava trattarsi di un altro di quei populisti che nel nostro continente sono già comparsi altre volte. L’oligarchia locale che aveva perso le elezioni cercò di mantenere la stessa squadra economica del governo perdente, (un film già visto in altri paesi) ma quel tentativo è durato soli sei mesi. Il giovane colonnello Chávez non stava giocando: cercò immediatamente di cambiare le istituzioni. Convocò una costituente che modificò tutte le leggi del paese ed aprì spazio alla partecipazione popolare. Il popolo ha creduto in lui e nel suo progetto, e ha preso a mobilitarsi e a partecipare alle iniziative di quel governo, che a poco a poco, si è trasformato in un governo popolare e rivoluzionario, dimostrando sempre più i sentimenti anti-imperialisti ed indipendentisti di Simón Bolívar.

Io ero stato qui nel 2001, invitato ad un seminario sulle sfide dell’umanità, ma non avevo colto grandi cambiamenti. Al ritorno, non avevo potuto raccontare molto ai miei compagni e compagne del mondo contadino brasiliano. Ora, invece, percepisco che il processo è in piena gestazione. Tornando in Venezuela vedo enormi cambiamenti. Nel governo, nel paese, nel processo, nel modo di fare i cambiamenti. Solo le elite, le oligarchie, non sono cambiate per niente; sono attaccate come zecche parassite ai loro privilegi, e stanno cercando di ostacolare in qualche modo i cambiamenti.
Il Presidente Chávez è passato attraverso sei plebisciti, un referendum e due elezioni. Li ha vinti tutti. E nonostante questo lo chiamano dittatore, despota. Anche alcune comparse della borghesia brasiliana ripetono lo stesso discorso.

Ma cosa è davvero cambiato?


E’ cambiato il senso della politica per il popolo. Il popolo sta acquisendo coscienza e partecipando attivamente a tutte le decisioni dello Stato e del governo. E proprio quella è la strada principale: fare in modo che le masse condividano la vita del paese.

E’ cambiato il senso dell’economia; le migliaia di milioni di dollari prodotte dall’estrazione petrolifera, che prima erano usati da soltanto un 8% della popolazione per i propri agi e lussi, ora finanziano l’universalizzazione dei servizi pubblici di sanità e educazione a tutta la popolazione. Ora servono per la distribuzione dal reddito, garantendo alimenti a prezzi di costo, educazione gratuita, costruzione di abitazioni popolari, distribuzione della terra.

E’ cambiata anche la politica estera, ora esercitata con audacia ed un chiaro senso di indipendenza rispetto all’imperialismo.
Perfino il ruolo delle forze armate è cambiato. Sono rimasto molto colpito dal grado di politicizzazione di giovani tenenti, maggiori e capitani che ormai non vivono più nelle caserme, ma sono coinvolti attivamente nell’amministrazione di progetti sociali, come la costruzione di strade e ponti, l’amministrazione di mercati popolari... Così hanno dato un senso alla loro uniforme.

Ho visto soldati armati, ma amati dal popolo, come cantò Geraldo Vandré, aiutando nell’occupazione della tenuta Malquinesa (recentemente espropriata) coi suoi 8.600 ettari completamente improduttivi, nonostante faccia parte dei migliori suoli del paese, nella pianura di Barinas.

Ho visto giovani poveri, entusiasmati, perché ora possono studiare, non solo al livello elementare e medio, ma possono iscriversi a qualunque corso universitario. Ho viso il Presidente annunciare l’apertura di 20 mila borse di studio per studenti di medicina, l’ho anche visto partecipare ad un programma televisivo durato sette ore, nel quale si discutono tutti i problemi del paese, con una trasparenza impressionante.

Ho visto un generoso processo di riforma agraria, che espropria tutte le terre che sono illegalmente nelle mani di grandi latifondisti che non possono dimostrare l’origine di quella proprietà. Una riforma che rispetta tutte le proprietà che siano produttive, ma che stabilisce l’espropriazione di tutti i latifondi, indipendentemente dal loro volume. La costituzione dice chiaramente che la società venezuelana mira ad eliminare il latifondo. Ho visto l’oligarchia grugnire come cane rabbioso, discutendo quella legge (approvata da più dell’80 % dei deputati e vidimata dalla stragrande maggioranza della popolazione) come un affronto al diritto di proprietà.

Ho visto per le strade le biblioteche popolari e lo Stato distribuire più di un milione d’esemplari di vari titoli della letteratura universale, come “I Miserabili” di Víctor Hugo.

Ho visto un popolo cosciente e mobilitato in difesa dei suoi interessi, che sta lottando per vere trasformazioni economiche e sociali.

Ho visto il Presidente della Repubblica denunciare in televisione che c’era un’industria petrolifera di proprietà dello Stato venezuelano che da 35 anni aveva negli Stati Uniti ben 15 mila distributori di benzina e tre raffinerie, e che mai, prima del Governo Bolivariano, aveva versato un centesimo di guadagno in Venezuela. E che finalmente ora, dopo vari interventi, in solo otto mesi, la nuova direzione ha rimesso al paese 500 milioni di dollari di guadagno in contanti. Immaginatevi quello che hanno rubato in 35 anni! E il presidente annunciava che quel denaro non previsto nel bilancio, sarebbe stato utilizzato per investimenti sociali a favore dei settori più poveri della popolazione.
È certo, tuttavia, che loro affrontano sfide enormi. Molti ostacoli; come quello di liberarsi dalla dipendenza dell’acquisto di alimenti all’estero, la sfida di rimontare una struttura produttiva che usi le risorse il petrolio per altri investimenti produttivi generando lavoro per tutti. Loro dicono che la sfida più grande è costruire un nuovo modello economico che rompa con la dipendenza dal petrolio e dall’impero finanziario, e che si incammini verso il socialismo. Si richiamano al processo di costruzione di un modello di sviluppo endogeno, locale, venezuelano.

Ho visto molti cambiamenti che stanno migliorando la vita del popolo povero del Venezuela. Ho visto uomini e donne camminare con orgoglio e dignità, con la testa alta.

Ho visto che l’America Latina c’è riuscita. Basta che abbiamo un popolo cosciente, organizzato e mobilitato. Ed un governo seriamente impegnato col suo popolo e non col capitale.

Ragazzi/e, vi giuro che ho visto tutto ciò!

Il testo originale sarà pubblicato sulla Rivista “Cari Amici”, ottobre 2005, São Paulo.

 

Traduzione dallo spagnolo a cura del CCDP