da www.rebelion.org - 02-10-2005
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ALAI
Cari amici ed amiche, sto scrivendovi dalle pianure bolivariane dello stato di
Barinas, nel centro del Venezuela.
Sto facendo un “giro”, come lo chiamano qui, per conoscere il processo di riforma agraria in Venezuela.
Sono impressionato. Molto impressionato. Finalmente, come dice un proverbio orientale, “Gli occhi vedono mille volte più dell’udito”.
Il Venezuela ha avuto un passato glorioso nel secolo XIX, con le eroiche lotte
per l’indipendenza guidate da Simón Bolívar ed Ezequiel Zamora, e cui partecipò
un valoroso combattente brasiliano che divento persino generale: il generale
Abreu di Lima, di Pernambuco. Il ricordo di costui, oggi in Venezuela fa ancora
inorgoglire, anche se noi brasiliani non conosciamo ancora la sua storia.
Tuttavia, il secolo XX al Venezuela ha regalato una vera tragedia economica e
sociale. Il suo territorio è su di un immenso lago di petrolio, e la civiltà
statunitense costruita sulla base dell’energia del petrolio, ha trasformato il
paese in una sua colonia per garantirsi la fornitura della principale fonte
d’energia. Ci fu una ”santa alleanza” tra una minoranza dell’oligarchia locale
che s’impadronì dello Stato e delle risorse del petrolio e si arricchì, mentre,
dell’altro lato, la forza politica-economico-ideologica e militare dell’impero
del nord la manteneva al potere.
Il Venezuela è responsabile della fornitura del 25 % di tutto il petrolio
consumato negli Stati Uniti.
Risultato: l’80 % della popolazione immersa nella povertà assoluta, mentre il 2
% viveva sontuosamente.
Solo un 8 % della
popolazione è sopravvissuta nel settore rurale, perché l’agricoltura fu
emarginata completamente, il paese finì col comprare l’88 % di tutti gli
alimenti all’estero.
Quello è il contesto storico in cui, finalmente, a partire dal 1998, con la
vittoria elettorale di un giovane ed impetuoso colonnello espulso dalle forze
armate, incominciò il cambiamento. Così, i venezuelani sono entrati nel secolo
XXI con una nuova prospettiva: il Venezuela ha smesso di essere una colonia
statunitense ed è diventata la Repubblica Bolivariana del Popolo del Venezuela.
All’inizio sembrava trattarsi di un altro di quei populisti che nel nostro
continente sono già comparsi altre volte. L’oligarchia locale che aveva perso
le elezioni cercò di mantenere la stessa squadra economica del governo
perdente, (un film già visto in altri paesi) ma quel tentativo è durato soli
sei mesi. Il giovane colonnello Chávez non stava giocando: cercò immediatamente
di cambiare le istituzioni. Convocò una costituente che modificò tutte le leggi
del paese ed aprì spazio alla partecipazione popolare. Il popolo ha creduto in
lui e nel suo progetto, e ha preso a mobilitarsi e a partecipare alle
iniziative di quel governo, che a poco a poco, si è trasformato in un governo
popolare e rivoluzionario, dimostrando sempre più i sentimenti
anti-imperialisti ed indipendentisti di Simón Bolívar.
Io ero stato qui nel 2001, invitato ad un seminario sulle sfide dell’umanità,
ma non avevo colto grandi cambiamenti. Al ritorno, non avevo potuto raccontare
molto ai miei compagni e compagne del mondo contadino brasiliano. Ora, invece,
percepisco che il processo è in piena gestazione. Tornando in Venezuela vedo
enormi cambiamenti. Nel governo, nel paese, nel processo, nel modo di fare i
cambiamenti. Solo le elite, le oligarchie, non sono cambiate per niente; sono
attaccate come zecche parassite ai loro privilegi, e stanno cercando di
ostacolare in qualche modo i cambiamenti.
Il Presidente Chávez è passato attraverso sei plebisciti, un referendum e due
elezioni. Li ha vinti tutti. E nonostante questo lo chiamano dittatore,
despota. Anche alcune comparse della borghesia brasiliana ripetono lo stesso
discorso.
Ma cosa è davvero cambiato?
E’ cambiato il senso della politica per il popolo. Il popolo sta acquisendo
coscienza e partecipando attivamente a tutte le decisioni dello Stato e del
governo. E proprio quella è la strada principale: fare in modo che le masse
condividano la vita del paese.
E’ cambiato il senso dell’economia; le migliaia di milioni di dollari prodotte
dall’estrazione petrolifera, che prima erano usati da soltanto un 8% della
popolazione per i propri agi e lussi, ora finanziano l’universalizzazione dei
servizi pubblici di sanità e educazione a tutta la popolazione. Ora servono per
la distribuzione dal reddito, garantendo alimenti a prezzi di costo, educazione
gratuita, costruzione di abitazioni popolari, distribuzione della terra.
E’ cambiata anche la politica estera, ora esercitata con audacia ed un chiaro
senso di indipendenza rispetto all’imperialismo.
Perfino il ruolo delle forze armate è cambiato. Sono rimasto molto colpito dal
grado di politicizzazione di giovani tenenti, maggiori e capitani che ormai non
vivono più nelle caserme, ma sono coinvolti attivamente nell’amministrazione di
progetti sociali, come la costruzione di strade e ponti, l’amministrazione di
mercati popolari... Così hanno dato un senso alla loro uniforme.
Ho visto soldati armati, ma amati dal popolo, come cantò Geraldo Vandré,
aiutando nell’occupazione della tenuta Malquinesa (recentemente espropriata)
coi suoi 8.600 ettari completamente improduttivi, nonostante faccia parte dei
migliori suoli del paese, nella pianura di Barinas.
Ho visto giovani poveri, entusiasmati, perché ora possono studiare, non solo al
livello elementare e medio, ma possono iscriversi a qualunque corso
universitario. Ho viso il Presidente annunciare l’apertura di 20 mila borse di
studio per studenti di medicina, l’ho anche visto partecipare ad un programma
televisivo durato sette ore, nel quale si discutono tutti i problemi del paese,
con una trasparenza impressionante.
Ho visto un generoso processo di riforma agraria, che espropria tutte le terre
che sono illegalmente nelle mani di grandi latifondisti che non possono
dimostrare l’origine di quella proprietà. Una riforma che rispetta tutte le
proprietà che siano produttive, ma che stabilisce l’espropriazione di tutti i
latifondi, indipendentemente dal loro volume. La costituzione dice chiaramente
che la società venezuelana mira ad eliminare il latifondo. Ho visto
l’oligarchia grugnire come cane rabbioso, discutendo quella legge (approvata da
più dell’80 % dei deputati e vidimata dalla stragrande maggioranza della
popolazione) come un affronto al diritto di proprietà.
Ho visto per le strade le biblioteche popolari e lo Stato distribuire più di un
milione d’esemplari di vari titoli della letteratura universale, come “I
Miserabili” di Víctor Hugo.
Ho visto un popolo cosciente e mobilitato in difesa dei suoi interessi, che sta
lottando per vere trasformazioni economiche e sociali.
Ho visto il Presidente della Repubblica denunciare in televisione che c’era
un’industria petrolifera di proprietà dello Stato venezuelano che da 35 anni
aveva negli Stati Uniti ben 15 mila distributori di benzina e tre raffinerie, e
che mai, prima del Governo Bolivariano, aveva versato un centesimo di guadagno
in Venezuela. E che finalmente ora, dopo vari interventi, in solo otto mesi, la
nuova direzione ha rimesso al paese 500 milioni di dollari di guadagno in contanti.
Immaginatevi quello che hanno rubato in 35 anni! E il presidente annunciava che
quel denaro non previsto nel bilancio, sarebbe stato utilizzato per
investimenti sociali a favore dei settori più poveri della popolazione.
È certo, tuttavia, che loro affrontano sfide enormi. Molti ostacoli; come
quello di liberarsi dalla dipendenza dell’acquisto di alimenti all’estero, la
sfida di rimontare una struttura produttiva che usi le risorse il petrolio per
altri investimenti produttivi generando lavoro per tutti. Loro dicono che la
sfida più grande è costruire un nuovo modello economico che rompa con la
dipendenza dal petrolio e dall’impero finanziario, e che si incammini verso il
socialismo. Si richiamano al processo di costruzione di un modello di sviluppo
endogeno, locale, venezuelano.
Ho visto molti cambiamenti che stanno migliorando la vita del popolo povero del
Venezuela. Ho visto uomini e donne camminare con orgoglio e dignità, con la
testa alta.
Ho visto che l’America Latina c’è riuscita. Basta che abbiamo un popolo
cosciente, organizzato e mobilitato. Ed un governo seriamente impegnato col suo
popolo e non col capitale.
Ragazzi/e, vi giuro che ho visto tutto ciò!
Il testo originale sarà pubblicato sulla Rivista “Cari Amici”, ottobre 2005,
São Paulo.