www.resistenze.org - popoli resistenti - venezuela - 26-02-09 - n. 263

da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=81288
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR
 
Venezuela: scenari possibili
 
di Guillermo Almeyra - La Jornada
 
23/02/2009
 
Il trionfo elettorale di Hugo Chavez, con un milione di voti di differenza, rafforza il suo governo sul piano internazionale e nazionale. Ma né l’imperialismo né l’opposizione abbandoneranno i tentativi di farlo cadere. Pertanto, studiare i futuri scenari possibili è un esercizio necessario.
 
Questa volta tutta la destra e i settori conservatori si sono uniti nel NO, un solo concetto chiaro e semplice, ed hanno perso lo stesso. Salvo catastrofi sociali impreviste che rompano l’alleanza tra il governo e i settori popolari maggioritari, è evidente che nelle elezioni seguenti (per l’Assemblea Nazionale, per l’elezione presidenziale) è molto probabile che si ripeta la vittoria governativa a fronte di una destra sempre più divisa.
 
Se il successo ottenuto per il governo ha significato il rafforzamento – nel bene e nel male – della tendenza centripeta, per l’opposizione, al contrario, ha significato rafforzare le tendenze centrifughe. Ciò significa che nell’opposizione sorgeranno in modo più chiaro le posizioni di adattamento a questa realtà, linee conciliatrici, gruppi che per demoralizzazione od opportunismo, getteranno dei ponti al governo chavista. I settori dell’opposizione più duri, al contrario, ne ricaveranno una conclusione opposta: Vedendosi chiusa la via elettorale al governo, ricorreranno alle vie illegali, alla cospirazione, ai preparativi di sollevazione civico-militare. A comprare i militari e gli alti funzionari, agli attentati contro Chavez, con l’aiuto delle multinazionali e soprattutto, della diplomazia statunitense.
 
La vittoria referendaria ha invece rafforzato l’unità delle componenti governative. Ma questo potrebbe portare qualcuno a cercare accordi con l’opposizione più conciliante. Certo, questo è logico e necessario (conviene dividere il blocco dell’opposizione). Ma data la composizione di classe e le somiglianze nella visione del mondo e nelle affinità ideologiche che esistono fra la destra dell’apparato governativo chavista e il centrodestra, si corre il rischio che si dimentichino delle frontiere entro cui stanno i bolivariani e gli oppositori più o meno conciliatori o democratici.
 
Costoro, in un modo o nell’altro – attraverso la cooptazione o formando l’opinione politica e sociale della destra chavista militare o civile – otterranno la cittadinanza politica fra i bolivariani moderati, creando un’importante frattura ideologica nell’apparato chavista. Soprattutto perché il chavismo non ha ancora definito se si appoggia all’organizzazione e ai poteri popolari (missioni, municipi) per far sì che l’apparato statale centralizzato e verticale abbia maggior margine di manovra con gli imprenditori bolivariani, quelli che cerca di privilegiare, o se al contrario, vuole rendere protagonista la costruzione di un sistema sociale alternativo ai lavoratori ed ai suoi tentativi di potere.
 
In uno Stato con forte centralizzazione e verticalismo, che si appoggia sull’esercito e pratica un’economia capitalista di Stato, la prima opzione porta all’aumento del dominio capitalista sugli oppressi e sfruttati, e favorisce la costruzione di un blocco conservatore fra la “boliborghesia” e le classi medie spaventate per la crisi economica e sociale, mentre la seconda porta a sviluppare la creatività e l’indipendenza politica del popolo venezuelano, ad unire orizzontalmente le esperienze della democrazia diretta, a decentralizzare lo Stato e a indebolirlo come apparato, a sviluppare le esperienze produttive alternative e autogestite sul territorio, rafforzando la rivoluzione
 
Pertanto, la scelta fra queste due vie va fatta ora, perché la crisi mondiale ridurrà il consumo energetico e di conseguenza il prezzo del petrolio venezuelano come il numero di barili esportarti, perché la disoccupazione crescerà e si dovrà dare fondo alle riserve monetarie, perché si ridurranno i salari reali e aumenterà la povertà. La boliborgheisa lucra con i traffici, la corruzione, la fuga di capitali e le importazioni di lusso. Tutto quello che si deve impedire se si vuole una vera rivoluzione e privilegiare il mercato interno ed i consumi essenziali. La rendita straordinaria petrolifera non basta già più ad assicurare lo sviluppo sociale e a fare una politica internazionale solidale. Mantenendo allo stesso tempo la corruzione e lo spreco.
 
Una torsione conciliatrice verso i settori borghesi e conservatori implica una politica di distribuzione di ingressi favorevoli ai nemici della rivoluzione bolivariana. Un rafforzarsi delle esperienze di autorganizzazione e di autogestione degli organismi di potere popolare, oltre ad aumentarne il peso nel blocco politico che fornisce la base di manovra al governo, rafforzerebbe lo sviluppo nazionale, la produzione, il consumo, il controllo del modo in cui si usa ogni dollaro, la responsabilità politica di ciascuno, che comincerebbe così ad essere cittadino e non un oggetto passivo di decisioni di un apparato superiore e lontano.
 
Il proverbio dice che bisogna battere il ferro finché è caldo. La vittoria elettorale deve essere la base per nuove definizioni; è stata vinta una battaglia minore, sul terreno più favorevole alla rivoluzione bolivariana, ma la guerra continua, più accanita che mai, e non si deve permettere la riorganizzazione del nemico né la dispersione delle forze.