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Venezuela: Unasur, gli omicidi selettivi e la continua inoculazione del terrore

Aram Aharonian | aporrea.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

31/03/2014

Quaranta morti, 1.956 fermati per le violenze e già rilasciati, 168 ancora detenuti, sono giusto alcune cifre che non rendono assolutamente l'idea di questo processo di inoculazione continua di terrore, che minaccia di perdurare se non dovesse prosperare il dialogo accordato con l'Unasur e minato dagli Stati Uniti ed i loro alleati dell'estrema destra locale e mondiale.

Il comunicato dei cancellieri dell'Unasur sulla loro gestione in Venezuela è stato cauto, diplomatico, misurato in ogni parola, ma in definitiva a favore delle posizioni e delle azioni del Governo. La reazione dei settori violenti l'ha riassunta il quotidiano El Nacional: "L'opposizione rifiuta la mediazione dell'Unasur nella crisi venezuelana". Dall'estero gli avevano già dato la linea.

Le recenti dichiarazioni del Sottosegretario di Stato degli USA per l'emisfero occidentale, Roberta Jacobson, costituiscono - al di là dell'ingerenza negli affari interni del Venezuela - un tentativo di squalificazione di quanto fatto dalla commissione dei Cancellieri dell'Unasur. La Jacobson si è spinta ancora oltre: "Gli Stati Uniti non escludono alcuna possibilità di applicare sanzioni in futuro", ha affermato.

In sintesi, il governo ha detto che accetta tutti i termini delle proposte dell'Unasur. Né la coalizione d'opposizione Mesa de Unidad Democrática (MUD) congiuntamente, né singolarmente i vari partiti e gruppi che ne fanno parte, si sono ancora pronunciati al riguardo.

I Cancellieri hanno riaffermato il loro rigido appoggio alla democrazia, sottolineando la volontà collettiva di Unasur di favorire un processo di dialogo ampio e rispettoso, prendendo in considerazione la Conferenza Nazionale di Pace e hanno rinnovato la loro condanna a qualsiasi tentativo di rottura dell'ordine costituzionale.

Ossia, Unasur riconosce la legittimità e l'apertura diplomatica della Conferenza Nazionale di Pace; condanna in maniera esplicita la violenza e qualsiasi tentativo di colpo di Stato; chiama ad assume l'impegno (termine molto significativo) di abbandonare ogni azione violenta; riconosce l'elasticità politica di Maduro, che ha accettato la proposta di concordare un mediatore per il dialogo.

Maduro ha accettato un candidato extra-continentale: il segretario di Stato del Vaticano, Pietro Parolin, già rappresentante del Vaticano a Caracas.

Non favoriscono le prospettive di mediazione del Vaticano i vescovi venezuelani. Ovidio Pérez Morales, ex presidente della Conferenza Episcopale e militante d'opposizione, ha spiegato a El Nacional che la sua proposta di un governo di transizione "va indirizzata al presidente Nicolás Maduro e non si tratta di una via alternativa alla Costituzione. Non è per togliere agli uni e dare agli altri; questo paese deve essere costruito da tutti". Con lo stesso registro dei settori più aggressivi dell'opposizione, il vescovo riscontra nel governo "molti tratti di dittatura" e lo accusa di aver esacerbato la violenza.

Ma la dichiarazione di Unasur obbliga ugualmente il governo a predisporre ulteriori misure: dovrà cedere sull'istituzione di un Consiglio Nazionale dei Diritti Umani, convocare in maniera immediata l'Assemblea Nazionale per la designazione dei magistrati mancanti nel Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ), di due rettori del Cosiglio Nazionale Elettorale (CNE) - che terminano il proprio periodo costituzionale - e iniziare il processo per designare il nuovo Amministratore della Corte dei Conti della Repubblica.

Ci sono dirigenti dell'opposizione che non vogliono il dialogo, nonostante lo reclami l'immensa maggioranza della popolazione. Esistono settori chiusi a qualsiasi dialogo e che esercitano pressione e addirittura ricatto su quelli che sono disposti a dialogare e percorrere la via democratica. Non sarà affatto facile persuaderli a sedersi al tavolo delle trattative, neanche con il cardinale Pietro Parolin come mediatore, segnala Eleazar DIaz Rangel, direttore del quotidiano Ùltimas Noticias.

Ma le parole d'ordine - più sicurezza, un freno alla speculazione e alla scarsità di beni di prima necessità - che hanno animato le sommosse in alcune zone del paese, sono state solo un pretesto per perseguire scopi criminali. Leopoldo López (detenuto per incitazione alla violenza), ha affermato nell'abbandonare la manifestazione davanti alla Procura Generale della Repubblica: "Resteremo nelle strade finché non cadranno". Dialogare?

Che sia chiaro: la maggior parte dei morti (almeno 22) sono stati omicidi selettivi di capi bolivariani, eseguiti da mercenari paramilitari colombiani alleati delle forze della borghesia venezuelana. Non sono stati il risultato degli scontri. Più della metà sono morti per spari alla testa; questa è una strategia paramilitare. Gli studenti sono la carne da macello di quelli a volto coperto e di chi li finanzia.

I violenti sono un miscuglio di paramilitari colombiani e "sifrinos" venezuelani (rampolli della Venezuela bene), senza altro scopo che la realizzazione del progetto golpista chiamato "L'uscita". A Maracaibo, la seconda città del paese, lo studente Roberto Luis Annese ha perso la vita mentre cercava di manipolare un mortaio fatto in casa per spararlo contro la polizia. Chi risponde di questi ragazzi?

Dialogare, con chi?

Forse è ora di fare autocritica. La giornalista Mariadela Linares segnala che al governo, da parte sua, spetta non soltanto di moderare i toni, piuttosto sgradevoli, ma anche di dare segnali di aver iniziato a prendere misure concrete per ridurre il malcontento, come riempire gli scaffali dei supermercati, rifornire le farmacie, disarmare e catturare delinquenti, frenare l'inflazione.

"Una stupenda dimostrazione di volontà sarebbe pubblicare la lista dei nomi di quelli che saccheggiarono la Cadivi (istituzione incaricata dell'amministrazione dei cambi). Con un'azione di questo tipo forse non sarebbe neanche necessario dialogare", aggiunge.

Il presidente di Fedecámaras, Jorge Roig, ha segnalato che i tavoli di lavoro economici proseguono, anche se la stampa non ne parla. "Hanno funzionato relativamente bene, hanno proceduto a snellire requisiti burocratici come i tempi dei certificati di produzione nazionale ed è stata eliminata la garanzia di buona esecuzione, per esempio. Finora siamo soddisfatti di come stanno andando i tavoli di lavoro con il governo". Per quanto riguarda la carenza di beni di consumo, ha detto che "ci sono settori in condizioni critiche, si sono infrante varie catene di produzione e ricostruirle richiederà il suo tempo. Non abbiamo buone notizie per il breve periodo, ma si spera che si inizia fare bene le cose per ricomporre la catena produttiva nel terze trimestre".

Luis Vicente León, direttore di Datanálisis e sceneggiatore dell'opposizione, ha parlato di due fratture negli antichavisti. La prima crepa lascia "due cluster di oppositori: uno che pensa che l'obiettivo è pressare il Governo per negoziare cambiamenti strutturali del modello politico ed economico, l'altro che si tratta di un Governo illegittimo che va tolto dal potere in qualunque modo".

Secondo León, per i primi si tratta di una lotta il cui scopo nel breve periodo è che il regime cambi e nel contempo, costruire una maggioranza d'opposizione che lo affronti elettoralmente in tutte le prossime occasioni che si presenteranno o verranno create, ma in condizioni diverse da quelle del passato, in termini di peso dell'opposizione e di cambiamenti istituzionali che si otterrebbero nella negoziazione forzata (sostituzione di magistrati del TSJ, di retori del CNE...).

Il secondo "cluster" pensa che il primo è ingenuo, collaborazionista o entrambe le cose; pensa che è palese che Maduro sia un dittatore, nonostante sia stato eletto dal popolo. "L'obiettivo è cambiare il Governo e a tal scopo non è rilevante chi abbia la maggioranza e se essa stia con le masse popolari o no, perché non si tratta di una questione elettorale..."

La seconda frattura dell'opposizione è nella battaglia tra leader, con Leopoldo López che sfida la leadership di Capriles Radonsky. "Il punto è che gli sfidanti devono differenziarsi dal leader in carica. Di fronte ad una opposizione moderata, contrastano quella radicale".

Dal suo nascondiglio, Carlos Vecchio, Coordinatore Politico di Voluntad Popular (guidato da López), ha dichiarato al quotidiano El Universal che "il modello che questo regime ha implementato è insostenibile. Non da risposte ai problemi dei venezuelani e limita la libertà. Non c'è governabilità perché questo modello esclude più della metà del paese. Ho amici all'interno del governo che lo sanno. Ne abbiamo parlato. Il chavismo democratico deve facilitare la transizione".

María Corina Machado, che ha voluto far fuoco sul paese dall'estero (compreso dalla OSA, con l'avallo di Panama) e ha sollecitato il governo USA affinché imponesse pesanti sanzioni economiche al proprio paese, ha iniziato - con il classico "non sono stato io" - a mettere le mani avanti: "Io neanche sono d'accordo con gli incendi per le strade. Nessuno vuole la violenza. Ciò su cui tutti siamo d'accordo è che è necessario un cambiamento, che questo cambiamento verrà solamente dalla forza del popolo e che esso deve essere pacifico e costituzionale".

Omicidi selettivi

Sarebbe sbagliato pensare che questi disordini e questi attacchi violenti, che arrivarono ad assassinare selettivamente cittadini e forze dell'ordine, non stiano facendo danno in più modi: fanno parte di una guerra di logoramento che è supportata da buona parte del "partito" mediatico nazionale ed internazionale e da settori economici che continuano a contribuire al sabotaggio e che finanziano generosamente le squadracce dei violenti.

Vogliono provocare esasperazione nei cittadini, seminare una sensazione di caos e ingovernabilità. Il piano golpista di per sé non sembra avere prospettive di successo, soprattutto perché nella Forza Armata Nazionale Venezuelana (FANB) i violenti stanno generando un grande rifiuto.

Quando si era mai vista in Venezuela la distruzione di una pista di atletica come forma di protesta? Come spiegare l'incendio di un camion con 40 tonnellate di alimenti per il popolo? Come si spiegano i selvaggi attacchi alle stazioni della metropolitana e alle infrastrutture elettriche e telefoniche? si chiede Díaz Rangel.

Oggi un piano golpista non sembra avere prospettive di successo, soprattutto perché nella FANB i violenti stanno generando un grande rifiuto. Alcuni dirigenti d'opposizione suppongono che i disordini stiano facendo un lavoro sporco del quale loro possono raccogliere i frutti, visto il loro scarso lavoro sulle masse. Cada pure la testa di Leopoldo López, pensano alcuni, se in cambio si continua a sabotare il rifornimento di merci e a tessere le trame di caos, disordine, incertezza e paura.

Quei settori sanno che gli scontri e i disordini nelle strade non rovesceranno il governo, ma sperano che i problemi attuali si accentuino o al meno persistano, per raccogliere poi i frutti alle elezioni, nonostante recenti sondaggi rilevino il contrario.

In Venezuela sembrano essersi invertiti tutti i paradigmi dello storico rapporto tra sinistra e destra, il che conferma che i settori conservatori, per cercare di approssimarsi alla maggioranza, copiano la retorica progressista. Così fece Henrique Capriles nella campagna elettorale contro Hugo Chávez, ad esempio.

Ora cercano di imporre la visione del mondo al rovescio con un gesto trasformista: la sinistra sarebbe la forza, la repressione e la censura, responsabile della crisi e di atti illegittimi; la destra si mostra travestita da forza popolare, da movimenti studenteschi, da vittime, da censurati, travestita da coloro che protestano contro l'inflazione e la scarsità di beni necessari e acquisisce il titolo di forza democratica col favore dai grandi cartelli mediatici del mondo, che sono parte di questa guerra e non meri informatori: la guerra è culturale, ideologica.

La violenza è una tattica, parte di una strategia pianificata con anticipo. La violenza è stata cercata fin dal primo giorno delle mobilitazioni e i morti - la maggior parte dei quali chavisti o poliziotti - vengono presentati come causati da una repressione che non è mai esistita, neanche quando il monopolio dell'uso della forza dovrebbe essere esclusivamente nelle mani dello Stato.


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